Roma,
Via Po. Sul muro un nome di donna, seguito dalla parola «trota», dove appare evidente come la
seconda “t” copra un’altra lettera. E quindi la correzione sia un nobile
tentativo di salvataggio.
Ci
torna in mente una scritta, vista anni fa: «Cortile
privato. Divieto di parcheggio», diventata «Porcile privato. Divieto di porcheggio». E ci fa simpatia la
creatività quando interviene a modificare comunicazioni rigide. Anche se
formalmente corrette. Per cui, più che di correzioni, sarebbe meglio parlare di
corruzioni. A Ferrara restiamo sorpresi ogniqualvolta ci troviamo a passare
sotto la targa stradale di Via Azzo
Novello: non c’è generazione che rinunci ad anteporre una C (puntualmente
fatta cancellare e puntualmente risorta, come un’araba fenice).
Si
tratta di trasgressioni innocenti, goliardiche, non insultanti. Dove la piccola
quota di volgarità è giustificata dalla voglia di sorridere. Perché rasserenare,
riderci sopra, buttarla in commedia anziché in tragedia, aiuta a vivere (ad
esempio chi, su un muro valdostano, ha reso meno drammatica la
non-corrispondenza d’amorosi sensi scrivendo: «Amare senza essere amato è come pulirsi il c… senza aver c…to»).
In
altri casi la correzione è carognesca. E può essere un messaggio politico: «Padroni in casa nostra», la frase verniciata vicino al grande
prato di Pontida (dal 1990 luogo-simbolo della Lega Nord), dopo le ruberie
venute a galla quest’anno, si è
trasformata in «Ladroni in casa nostra». La
correzione può pure funzionare da messaggio ai rivali nello sport. «La Roma è magica» è stata riveduta e
corretta dai laziali con due aggiunte, prima e dopo: «Se la Roma è magica, Cicciolina è vergine».
Le migliori restano quelle più
imprevedibili, che osano alterare l’inalterabile, cambiando forma perfino ai proverbi
e proponendo una saggezza nuova. Tipo:
«Non rimandare a domani quello che puoi fare… dopodomani».