In
posta, in farmacia, in banca, ma anche nelle biglietterie e, in generale,
ovunque si formi una coda, si richiede «cortesemente»
– per la privacy – di non
oltrepassare una linea gialla. In questo modo, rispettando una distanza di
sicurezza tra il cliente allo sportello e quello che lo segue, si rassicura il
primo di non essere spiato. È una cortesia a cui si aderisce di buon grado, per
poter essere a propria volta rispettati.
Poi,
un giorno, capita di ricevere dalla Regione Lazio un foglio – chiamato, guarda
un po’, Nota di cortesia – che
ricorda di pagare il bollo dell’automobile. E che invece fa pensare all’ultima
sigaretta prima della fucilazione. Oppure riporta all’infanzia, quando un
adulto imponeva di fare qualcosa «entro
tre secondi» e dava subito inizio alla conta: «Uno, due, due e mezzo, due e tre quarti…». La Nota di cortesia parrebbe la versione aggiornata del due e tre quarti, l’istante di magica
sospensione in cui ci si sta per giocare il destino perché è in arrivo,
inesorabile, una punizione o un’assoluzione.
Di
fatto la Nota è un’ingiunzione, ma, anziché usare un
termine antipatico, ne hanno preferito uno più soft, che facesse meno male. E così ci hanno reso antipatica la cortesia.
Certo,
se l’avessero chiamata «Raccomandazione» o
se avessero utilizzato l’espressione «Per
favore», avrebbero dato la stura a facili ironie. Anche per coprire le
recenti nefandezze, gli esperti di comunicazione della Regione Lazio devono
aver ritenuto Nota di cortesia una
scelta obbligata. Come i costi obbligati della politica, per coprire i quali
c’è chi si è regalato molti soldi dei cittadini.
Quella
parola prevede reciprocità. Altrimenti ci facciano la cortesia di non usarla
più.