Se sei insicura, forse hai talento

Intervista alla regista de "La scoperta dell'Alba", Susanna Nicchiarelli, che racconta il suo percorso dalla filosofia al cinema, cercando se stessa e un modo di lavorare che lasci il segno

Susanna Nicchiarelli nasce nel 1975 a Roma. Si laurea in filosofia alla Sapienza di Roma e successivamente prosegue gli studi alla Normale di Pisa dove, qualche anno dopo, ottiene un dottorato di ricerca. A un passo dalla carriera di docente universitaria, però, si rende conto che la sua vera passione si rifugia nel grande schermo. Decide, allora, di abbandonare tutto per passare la sua vita dietro una cinepresa. Oggi Susanna Nicchiarelli è già regista di due film tra cui “La scoperta dell’alba,” uscito nelle sale italiane a Gennaio. Il suo primo film, “Cosmonauta” del 2009, si è aggiudicato il premio Controcampo al Festival del Cinema di Venezia.

Dalla filosofia al cinema. Perché questa scelta?

«Ho avuto sempre la passione per il cinema, ma non avendo gli stimoli adatti non ho frequentato subito le scuole di cinema. Durante il dottorato di ricerca, che ho fatto alla Normale di Pisa, ho capito che non ero contenta di seguire il percorso della carriera universitaria».

Poi cos’è successo?

«Consideravo talmente velleitaria questa passione per il cinema, che mai avrei chiesto soldi ai miei per mandarmi ad una scuola di regia. Dunque ho deciso di partire a mie spese. Grazie ad alcuni contatti personali sono andata a Los Angeles, ho fatto un’intership di tre mesi (leggevo sceneggiature, andavo a prendere i caffè, facevo le fotocopie ecc) e ho potuto seguire contemporaneamente anche dei corsi serali. Da uno di questi corsi di regia è uscito il mio primo cortometraggio».

E dopo?

«Con il secondo cortometraggio, girato in Italia, sono entrata al centro sperimentale di cinema. Lì è cambiato tutto, ho lasciato definitivamente l’Università e ho iniziato un nuovo cammino trovando la mia strada. Successivamente ho trovato un produttore che mi ha fatto fare il primo film».

Oggi ti senti finalmente realizzata?

«Ad oggi non sento di essere arrivata, di aver fatto tutto quello che voglio!»

Quanto è stato difficile affermarti come regista donna?

«Sono stata sempre una ragazza studiosa, che andava bene, ma non ero certo la bella della classe. Ero molto spiritosa, però non mi sono mai sentita sicura di me dal punto di vista fisico. Dal punto di vista intellettuale di più. Quando sei donna e sei intelligente senti sempre che c’è uno po’ di sospetto, come se dovessi fare un pochino di più per dimostrare che sei intelligente».

Ancora oggi ti porti dietro queste insicurezze?

«Le persone più brave a fare questo lavoro sono anche le più insicure. Quelli che si sentono dei grandi geni di solito sono dei mediocri. Ecco perché se hai tante insicurezze e ti poni tanti problemi è perché, forse, hai un po’ di talento».

Per te il cinema è intrattenimento?

«Il cinema come intrattenimento puro a me non interessa, perché il giorno dopo lo dimentichi. Voglio che il pubblico partecipi, che lo spettatore tornando a casa abbia dei dubbi su ciò che ha visto e che questi gli tornino nei giorni successivi. Per me questo è il segno che è un film importante e che ti ricorderai per tutta la vita».

Che rapporto hai con gli spettatori?

«Con il pubblico non bisogna essere sadici ma buoni; non gli si può chiedere più di quello che può darti. Quelle persone scelgono due ore per vedere il tuo film e non puoi accanirli con quattro ore di pellicola. Apprezzo molto i film brevi e miei lo sono!»

I tuoi film sono caratterizzati da  una commistione di elementi drammatici e comici insieme. Come spieghi questi accostamenti?

«Mi accorgo benissimo che i miei film, per ora, hanno ancora elementi drammatici e comici poco amalgamati tra loro, che sembrano scricchiolare un po’. Al tempo stesso, però, questo scricchiolìo ha qualche cosa che spiazza lo spettatore. E’ bello che lo spettatore si chieda, ad un certo punto, “Ma che c’entra questa cosa adesso?”. Per me è come partecipare ad un gioco al secondo grado con il film che sto guardando».

Nei tuoi film sei regista e attrice. Riesci sempre a conciliare i due ruoli?

«A me piace avere un particolare coinvolgimento con il film. Ne “La scoperta dell’alba” c’era molto di me bambina e quando giravo, recitavo mettendo davanti me stessa. Mi piace molto essere nel film».

Che consiglio daresti a chi vuole intraprendere questa carriera? Quali sono, a tuo parere, le caratteristiche che deve possedere un/una regista?

«Quello del regista non è un lavoro da artisti pazzi, ma è un lavoro in cui bisogna essere precisi. Non si è da soli, ma si coordina un grande gruppo di persone, ognuna delle quali è importante per un determinato aspetto. Hai tanti talenti nelle tue mani che devi saper coordinare e per coordinare devi essere una persona molto lucida».

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