24 Dic 2013

Renzi, il web e la politica

Intervista a Edoardo Novelli, docente di Comunicazione Politica all'Università Roma Tre, sulle nuove forme di fare politica in rete. Che aprono nuove strade, ma richiedono spirito critico

Politica e comunicazione, istruzioni per l’uso. Cosa succede quando non basta più la retorica, l’autorevolezza e uno slogan accattivante per governare un paese complesso come l’Italia? Si può ripartire dai social media per creare nuove forme di democrazia? Abbiamo chiesto il parere di Edoardo Novelli, sociologo ed esperto di comunicazione e politica.

Dopo la campagna elettorale sul web da parte di Obama, anche per i politici italiani pagine Facebook, account di Twitter, canali su Youtube spuntano come funghi. Siamo solo una brutta copia dell’ America, oppure riusciamo ad innovare con i nuovi media?

«Obama ha fatto la prima campagna elettorale sul web principalmente per svolgere funzioni tradizionali, come ad esempio distribuire materiale, creare una rete di quelli che una volta avremmo chiamato militanti, e fare fundraising. La campagna elettorale italiana invece è diversa: l’utilizzo della rete è sicuramente innovativo rispetto al modello americano, dà nuove potenzialità che non sono tanto il rilievo mediatico di leader come Grillo, molto di impatto e provocante, quanto la partecipazione dinamica del cittadino: l’accento è prevalentemente su tematiche di interesse pubblico».

 

Nel mese di Gennaio 2013, gli utenti italiani hanno generato un milione e trecentomila tweet dove vengono citati almeno uno dei sei leader di coalizione candidati per le prossime elezioni. Secondo lei questo dato è una fotografia della risonanza sul web dei politici italiani? In che misura può essere predittivo, addirittura, dell’esito stesso delle elezioni?

«Ci sono alcune società che dal numero di tweet riescono a fare delle previsioni, sostengono loro, abbastanza attendibili. Per me però queste indagini non sono sostituibili ai sondaggi più professionali. Internet è solo una parte degli italiani, Twitter rappresenta di essi una parte ancora più limitata: esso infatti è un punto di riferimento per l’elìte, per i leader, per gente interessata anche in maniera settoriale. Non è un campione completo degli italiani: la rete segue i riflessi sulla discussione pubblica, è vero, e serve per capire come si innescano alcuni meccanismi, ma non viene certo utilizzata come strumento principale per fare le previsioni elettorali».

La classe politica italiana ha un’età, in media, di 59 anni, età lontana dalla fascia di età degli utenti sul web. Di chi si avvale per promuovere se stessa in rete? Ma soprattutto, come si fa ad attirare sia l’elettorato adulto che quello giovane?

«A 50 anni un politico, se ha interesse e conoscenze riguardo alla rete non considera questa un mezzo per fare solo propaganda, ma per fare, in maniera parziale, sebbene più veloce, tutto quello che avrebbe fatto in modo totale, ma in modo lento, in una concezione più tradizionale di politica. La rete serve per inserirsi all’interno dei circuiti della discussione pubblica, serve per fare condivisione, per avere visibilità, ma ha anche difetti: socialmente infatti alle richieste su internet nella realtà corrispondono funzioni e responsabilità diverse».

Nel suo libro “La Turbopolitica”, lei dedica vari capitoli all’evoluzione della comunicazione politica in Italia: in particolare gli anni 2000 come un periodo post-televisivo, in cui la comunicazione regna sovrana. Come è cambiata la comunicazione politica in questi ultimi anni, con l’arrivo dei social network?

«L’elemento principale è ancora la TV, per la campagna elettorale; i temi, le svolte, i momenti alti passano attraverso di essa, insomma si pensi a fenomeni quali l’assalto mediatico fatto da Berlusconi per la prima campagna elettorale, ai dibattiti tra Berlusconi e Santoro… La rete è stata e sarà ancora una camera parallela di commento, una funzione che in passato assumeva il coro greco, per intendersi. Serve a rispondere e condividere sensazioni importanti, a seguire un dibattito che si svolge parallelamente su Twitter, ma non è ancora in rete che si compiono le campagne elettorali».

Esiste un limite tra spettacolarizzazione delle idee politiche, con la creazione di personaggi in scena sul web, come se fosse un grande teatro in cui esibirsi, e veridicità delle cose raccontate da questi? Web: teatrino politico o nuova agorà ateniese?

«Il web rappresenta un luogo di dibattito e discussione, più che un teatrino. È la televisione che mira di più a mettere in scena e spettacolarizzare le vicende: quindi è in essa che si trovano più personaggi intesi come persone che assumono ruoli cristallizzati e riconoscibili. In rete invece lo spazio è dedicato a personaggi definiti pubblici, ovvero la rete è più aperta alle discussioni, fornisce una possibilità di replicare a ciò che viene proposto, ad esempio dai politici. Ovviamente ciò ha lati positivi e negativi: ci sono quelli che si dedicano di più a temi di carattere politico discutendo in modo costruttivo, ma ci sono anche quelli che passano il tempo a scrivere in rete in maniera eccessiva a dibattere e controbattere per il gusto di creare polemica. In ogni caso io ritengo che la rete sia un luogo dove in futuro si trasferiranno molti dei momenti di discussione pubblica, e non solo da parte dei cittadini,ma anche delle autorità».

Michele Emiliano, sindaco di Bari, definisce Matteo Renzi come leader carismatico. La dimensione carismatica del potere è capace di trasmettere idee e valori in modo molto forte, a volte non positivi, come ci insegna la storia. Secondo lei, quali sono i valori che emergono dalla comunicazione di Renzi?

«Renzi incarna una serie di caratteristiche e qualità richieste oggi dalla scena pubblica mediatica. È simpatico, immediato, sempre con la battuta pronta, fa mettere in sintonia le persone con lui. Ha una naturale sintonia con gli strumenti di comunicazione, questo lo rende post-ideologico, non ha appartenenze partitiche, è un leader personalizzato, a misura di elettore-spettatore, e per questo funziona benissimo. È più di un leader singolo: Renzi è il PD, una volta invece i leader erano incarnazioni del partito ideologico, oggi gli aspetti personali, caratteriali, umani del leader finiscono per prevalere sul programma politico».

Renzi dà di sé, anche grazie ai social media, un’immagine molto semplice, quotidiana, vicina ai cittadini. Ma a suo avviso, saper comunicare in politica equivale a saper essere?

«Il leader ha caratteristiche che sono ritenute importanti dai cittadini, negli anni 50 e 60 i leader più sembravano posati, distaccati, ed avevano un tono autorevole, più erano rispettati ed attendibili. Il fatto di essere giovani e alla mano non serviva come requisito della politica, oggi si, perché serve maggiore empatia. La differenza tra forma e sostanza è questa: non è detto che chi parla bene governa bene. La capacità di saper gestire un mezzo di comunicazione sicuramente premia, ma non è una garanzia sulle capacità politiche del soggetto».

Edoardo Novelli – Pagina universitaria

Edoardo Novelli – Intervista Tv2000

La Turbopolitica

Comunicazione politica, confronto Obama-Italia

Politica ed istituzioni, dati ISTAT

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