30 Gen 2014

Cina: inizia l’anno del cavallo, ma per i credenti cambia poco

Continua l'opera di distruzione delle religioni, nonostante le speranze suscitate da Papa Francesco e dal presidente Xi Jinping. Intervista al cardinal Zen

Hong Kong (AsiaNews) – Durante l’Angelus della scorsa Domenica, papa Francesco ha fatto gli auguri per il nuovo anno lunare a cinesi, vietnamiti e coreani. «A tutti loro», ha detto il pontefice, «auguro un’esistenza colma di gioia e di speranza. L’anelito insopprimibile alla fraternità, che alberga nel loro cuore, trovi nell’intimità della famiglia il luogo privilegiato dove possa essere scoperto, educato e realizzato. Sarà questo un prezioso contributo alla costruzione di un mondo più umano, in cui regna la pace».
Il nuovo anno – dedicato al cavallo – è iniziato il 31 Gennaio 2014. In una conversazione informale, alla vigilia della grande festa, il cardinal Joseph Zen, vescovo emerito di Hong Kong, ha espresso le sue preoccupazioni per la situazione dei fedeli in Cina.


Eminenza, all’inizio di questo nuovo anno cosa pensa della situazione della Chiesa in Cina?

«L’uomo, specialmente il credente, tende ad essere un ottimista impertinente. All’inizio di un nuovo anno, ci auguriamo sempre che le cose vadano meglio rispetto a quello passato. D’altra parte, avverto un senso di impazienza: un anno dopo l’altro il tempo passa e le cose sembrano rimanere in uno scoraggiante status quo. Certo, dall’anno scorso in Vaticano e in Cina abbiamo due nuovi leader, papa Francesco e Xi Jinping. I loro primi passi hanno suscitato molta speranza. Ma ci troviamo davvero davanti a una grande?»

Non si lascia conquistare da questo senso di speranza?

«Ho immensa fiducia in papa Francesco: è molto umile, ma anche molto deciso. Del resto la svolta è iniziata già con papa Benedetto XVI: la svolta di una eroica pazienza accompagnata da una posizione di chiarezza. E proprio la chiarezza sembra essere una caratteristica del nostro Papa gesuita, una chiarezza cui ovviamente si uniscono tanta bontà, tenerezza e rispetto per qualunque interlocutore. Però… Si dice che a papa Bergoglio piaccia il tango, ma per ballare il tango bisogna essere in due. C’è la stessa volontà anche dall’altra parte?»


Molti vedono in Xi Jinping un grande riformatore.

«Non si può negare che abbia una certa determinazione nel riformare il suo partito. Una coraggiosa lotta contro la corruzione e l’instaurazione di uno stile di vista sobrio per i suoi compagni comunisti. La sua intenzione sembra però essere che questo partito riformato regni con potere assoluto sul popolo per sempre. Non si vede nessuna intenzione di lasciare che il popolo possa controllarlo. Fra gli analisti, si afferma che è troppo presto per pretendere che possa fare questo passo, che può risultare pericoloso se prima non ha preso fermamente in mano le redini del partito. Per questo bisogna dargli tempo. Ma il tempo può non lavorare in favore suo e nostro. Mentre il grande capo si prende del tempo, quelli sotto di lui continuano l’opera di distruzione».

Continua l’opera di distruzione delle religioni?

«Sì, non so come qualificarla altrimenti. Le persone che da tanto tempo hanno in mano il potere di dominio sulle religioni stanno distruggendo non solo le religioni, ma anche il prestigio della nostra nazione. L’Associazione patriottica dei cattolici cinesi  -un organo governativo che controlla la Chiesa e le sue attività – e il Ministero degli affari religiosi vogliono togliere la libertà a vescovi e fedeli. Parlo dei cattolici: un laico cattolico, che ufficialmente è solo il presidente “onorario” dell’Associazione patriottica è in piena attività, dal Nord al Sud del Paese. Il direttore dell’Ufficio affari religiosi “gestisce” le religioni con sempre maggior sfacciataggine. L’unica cosa a cui mirano e in cui purtroppo hanno successo è di schiavizzare la nostra Chiesa, forgiando la coscienza dei nostri vescovi e preti affinché rinneghino la loro fede. Ma credono cosa gloriosa fare schiavi i loro connazionali? È una vittoria di cui vantarsi? Non sanno che facendo così si attirano il disprezzo delle nazioni, anche se noi siamo diventati una potenza economica?»


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