Anche se tecnicamente non sappiamo cosa siano, tutti i giorni attraverso i nostri smartphone o tablet utilizziamo e scarichiamo migliaia di app. Le app, abbreviazione di “applicazioni”, ci permettono di messaggiare con i nostri amici, scrivere un post su Facebook, acquistare prodotti su Ebay o semplicemente controllare il saldo del nostro conto corrente in banca. Tutto ciò senza scomodare il PC di casa.
Il terzo settore e il mondo del sociale sono il prossimo punto di approdo di questa nuova tecnologia di comunicazione. Una formula diretta ed immediata che permette a tante Onlus ed organizzazioni no-profit di restare a stretto contatto con i propri utenti, realizzando campagne di comunicazione più efficaci e con risultati tangibili. Ma è davvero conveniente sviluppare un’applicazione sociale? O è meglio restare legati al classico portale web?
Abbiamo intervistato Claudia Marino, direttore Marketing di Draculapp, azienda internazionale di sviluppo app, tra le prime a lanciare un’applicazione tutta a sfondo sociale.
Che cos’è un’app?
«In parole semplici le applicazioni sono quei quadratini che trovate sui vostri smartphone Samsung o sui vostri Iphone, praticamente dei software. L’app rappresenta la forma principale di comunicazione in questo momento storico. Tutto si sta spostando sul web e sui dispositivi mobili (smartphone e tablet) ed è per questo che c’è la necessità di trasportare tutte le nostre informazioni attraverso nuovi canali. Questi nuovi canali sono appunto le app».
Qual’è il loro punto di forza?
«Le app sono semplici da usare, si possono consultare ovunque, perché il tuo smartphone sta sempre in tasca: possono esserti di aiuto, possono essere il tuo svago o il tuo gioco. molto di più di quanto non lo possa essere un pc che tu consulti a casa».
App e sociale, cosa ne pensa di questo accoppiamento?
«La nostra azienda ha già sviluppato alcune applicazioni in questo campo. Per la FIDAS (Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue) abbiamo creato BloodUp, un’applicazione che permette a tutti di trovare il punto di raccolta sangue più vicino al proprio quartiere. Le app sono una nuova grammatica di comunicazione e questo lo dimostrano gli oltre 25.000 download di BloodUp che hanno permesso alla FIDAS di raggiungere tantissimi giovani contemporaneamente».
Una ONLUS potrebbe richiedere il 5xmille attraverso un’app?
«Rispetto alla tematica del 5xmille le funzionalità dell’app permettono un’interazione così veloce con l’utente finale che praticamente questo consenso di versamento fiscale potrebbe tradursi in un semplice click. Sarebbe molto più veloce e molto più efficace di un sito; potrebbe arrivarti una semplice notifica che ti chiede se vuoi versare il 5xmille a quella associazione. Se dai il consenso questo arriverebbe direttamente al tuo commercialista. Col sito tutto questo non si può fare».
Come si pubblicizza un’app?
«L’applicazione di per sé vive nel web, dunque per la sua promozione bisogna sfruttare al massimo le reti sociali di comunicazioni (Facebook, Twitter, Google+ ecc.). Il lavoro che segue il lancio di un’app non è da meno rispetto a quello impiegato per produrla».
A livello di costi, quanto è conveniente un’app?
«La convenienza di un’app si misura in base alle funzionalità che supporta. L’app è un front-end, è una vetrina. Se rimane una vetrina che dialoga, i prezzi sono poco lontani da quelli di un sito web responsivo. Se invece ci occupiamo di un’applicazione che dialoga con un database da costruire, è lì che il prezzo potrebbe salire. Tutto dipende dalle funzioni che vogliamo dare alla nostra app».
Qual è la prossima app sociale che svilupperete?
«Stiamo realizzando un’applicazione per un’associazione che si occupa di adozioni a livello internazionale. Sviluppa da una parte un social network attraverso il quale le varie famiglie adottive possono scambiarsi tra di loro le esperienze. Dall’altra c’è un database nel quale convergono tutte le informazioni sulle pratiche burocratiche che bisogna seguire. Chi è iscritto al portale, in qualsiasi momento può vedere a che punto è giunta la pratica avviata. Un aiuto concreto per quelle famiglie che si scontrano con i mille cavilli burocratici legati all’adozione stessa».