24 Giu 2014

Quel sogno azzurro svanito troppo presto

I limiti evidenti degli azzurri e un arbitraggio scandaloso sbattono l'Italia fuori dal mondiale. La passione azzurra ritorna nei cassetti, così come le bandiere che sventolano sui nostri balconi

E ora, le bandiere?, mi sono chiesto tornando a casa stasera, vedendo sui balconi delle case degli italiani i tricolori che ancora, forse per l’ultima volta, sventolavano fieri. L’Italia saluta il Brasile e fa le valigie decisamente troppo presto. Si ritorna a casa dopo una sconfitta che brucia, che ci umilia e ci sorprende, perché dopo la prima partita pensavamo di essere tra i possibili protagonisti della competizione e purtroppo non lo siamo stati. L’Uruguay ci elimina dopo un match con pochi lampi e tanta noia, proprio quando lo 0-0, risultato che ci avrebbe qualificato agli ottavi, sembrava scorrere via senza problemi.




Un colpo di testa di Godin all’81’ ci taglia le gambe, con la sentita collaborazione di Marco Antonio Rodriguez Moreno, in arte Dracula, 40 anni, arbitro di Città del Messico. Moreno? Sì avete letto bene, anche l’imponderabile ci mette del suo presentandoci, in un terribile rewind, la versione 2.0 di quel Moreno che in Corea nel 2002 ci sbatté fuori dalla coppa del mondo. Il destino, beffardo, se la ride e ancora una volta se la prende con l’Italia. Sì perché il fischietto messicano dal capello gelatinato e i lineamenti squadrati come il famoso conte Dracula prende un clamoroso abbaglio, forse dovuto al caldo o alla luce del sole cocente di Natal (si sa, ai vampiri non piace poi molto), ed espelle Marchisio al 59’ minuto per un normale contrasto di gioco. Ma non finisce qui, perché passano i minuti e poco prima del vantaggio dell’Uruguay non si accorge di un morso del recidivo Suarez sulla spalla di Chiellini, in quello che è, oltre alle grandi giocate e ai grandi numeri del sudamericano, un piatto forte di casa Suarez, in pieno Tyson style. Siamo sicuri, l’arbitro vampiro avrà apprezzato, ma noi intanto siamo fuori dal mondiale.




E ora che fine faranno le bandiere? Da domani non sventoleranno più, e, forse, torneranno nel ripostiglio o in soffitta, da dove le avevamo tirate fuori per rincorrere il nostro sogno mondiale, per credere ancora una volta nella passione azzurra. Quella passione che ci accomuna e che ci stringe intorno ad una maglia, più forti ed uniti che mai. Quella passione che ci fa sventolare con gioia quel tricolore ricco di significati: un’atmosfera magica che purtroppo perdiamo sempre nel momento in cui finisce l’avventura e torniamo al nostro campionato di calcio. Una passione infranta e calpestata, ancora una volta dopo il disastro di Sudafrica 2010. Perché è vero, non si può vincere sempre il mondiale e ci sono generazioni di fenomeni in campo che non possono ripetersi in un ciclo continuo ed interminabile, ma siamo comunque amareggiati e dispiaciuti, perché in quel sogno mondiale, nel bene o nel male, noi ci crediamo sempre.



Un sogno racchiuso in quelle bandiere
, dove c’è tutto l’entusiasmo del gioco del calcio, pronto ad esplodere ogni volta che un pallone e 11 maglie azzurre corrono insieme su un prato verde. Più che per il titolo, il prestigio, il valore di una qualificazione ad un ottavo di finale mondiale, l’amarezza che oggi abbiamo dentro deriva dalla delusione per tutti quei sogni che tornano nei cassetti, come quelle bandiere che stasera ancora sventolavano sui balconi, pochi minuti dopo la sconfitta dell’Italia. Anche la nostra passione tornerà ancora una volta in quei cassetti, per lasciare spazio di nuovo al calcio nostrano e alle nostre rispettive divisioni da tifosi. Le piazze si svuoteranno, i maxi schermi verranno smontati, le trombette non suoneranno più e le bandiere, con quei colori così belli, torneranno ad impolverarsi nei ripostigli dei nostri ricordi. Le rivedremo fra quattro anni.

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