Durerà fino al 19 ottobre 2014 l’assemblea straordinaria dei vescovi sul tema
della famiglia. Il Papa ha invitato i rappresentati delle conferenze
episcopali dei vari paesi del mondo per due settimane di dialogo, di
analisi su un tema fondamentale per la vita dell’umanità. Il mondo
sta attraversando un momento di crisi. La famiglia non si sa più
come definirla, ha perso la sua identità, si lascia andare al vento di
tutte le correnti attuali che fondano le loro radici nella
post-modernità.
Le sfide principali poste sulla tavola dei vescovi
sembrano circondare la vita della società occidentale odierna.
Ruotano attorno alle problematiche pastorali, giuridiche,
sacramentali e relazionali. Ma le aspettative rischiano di essere
differenti fra il Nord e il Sud del mondo, per il fatto che anche i contesti lo
sono.
Le coppie gay: la
tradizione culturale africana non sopporta questa visione dell’uomo e
dell’unione. Naturalmente e come è sempre stato, un uomo si sposa con
una donna. In più, nella maggioranza degli stati africani,
l’omosessualità è un reato. Secondo la loro visione del mondo e
dell’uomo, dei valori tradizionali sui quali la storia è
fondata, la vita umana si fonda, si vive e si trasmette in famiglia.
L’uomo come pater familias riveste un ruolo primordiale della
concezione della società. Quindi due uomini o donne insieme diventa
un’assurdità. Se alcuni paesi hanno progressivamente accettato
questo modus vivendi e legiferato favorevolmente, il peso del Nord è
da considerare.
Accoglienza dei figli
delle coppie gay: la procreazione suppone un matrimonio tra un uomo e
una donna. L’orecchio africano non capisce da dove verrebbe questo
bambino. Non capisce chi possa affidare un bimbo a due maschi,
neanche a due donne, che ingrate, non hanno voluto fare un bambino per
prenderne uno dalle altre. Solo i casi eccezionali distaccano un bimbo da
sua madre e anche in quel caso la sua famiglia allargata se ne prende cura. Un
bambino è un bene famigliare.
Matrimonio e
procreazione in Africa sono un’unità: senza procreazione il
matrimonio è incompleto. È un dovere religioso attraverso il quale
gli individui contribuiscono coi loro semi di vita alla lotta
dell’uomo contro la perdita dell’immortalità originaria. Una
persona che non ha discendenti spegne il fuoco della vita, e diventa
morto per sempre, dal momento che la sua linea di discendenza è
arrestata se non si sposa e ha figli.
Parlare della famiglia
in Africa diventa anche fare riferimento alle nascite. Una donna
africana concepisce un figlio come un dono di Dio, come una
benedizione che si accoglie come rendimento di grazie. Le malattie e
la morte fanno sì che una donna africana pensa a fare bambini pensando
che la morte gliene prenderà uno o due. Nella povertà si fanno tanti
bambini mentre nel Nord, con tanta ricchezza, si fanno calcoli minuziosi, si rifiuta di condividere con un progenitore.
Se
il sinodo dovesse chiamare il Nord alla procreazione per generosità,
dovrà invitare l’africano ala regolazione naturale per
responsabilità.
La violenza nelle
famiglie rimane una sfida che tocca al sinodo di rilevare. Se la
donna occidentale ha aggiunto la sua dignità sociale e famigliare, un
eccesso femminista di concezione di sé può essere un attentato
gravissimo all’unione e alla comunione famigliare. Se la donna
africana deve essere ancora il segno e il fondamento della famiglia, ha ancora
un cammino da percorrere. Essa deve essere rispettata.
La
violenza, l’ingiustizia economica, il disistima del proprio marito la
fanno soffrire moralmente e fisicamente. Il sinodo saprà apportare
alla mamma africana la speranza di vivere la sua vita nel rispetto,
nella gioia e nella pace con i suoi per il raggiungimento della sua
missione.
Infine, il divorzio
vissuto in occidente come una situazione giuridicamente irregolare
richiama altrettanto la stessa irregolarità per un marito africano
che prende un’altra donna, cioè per la bigamia. Quell’uomo reclamerà di essere regolare perché la
sua tradizione, la sua cultura, ammettono la poligamia, ad alcune condizioni, per il bisogno di
procreare. Mentre si cerca di capire
e di accogliere nella chiesa i separati risposati, si pone il problema si quale trattamento
riservare a casi del genere in Africa, nella misura in cui entrambi
sono irregolari.
Sulla poligamia si può ascoltare in francese l’intervista a Mons. Louis Portella a Radio Vaticana. Mons. Portella è presidente della Conferenza Episcopale del Congo e Vicepresidente del Simposio delle conferenze episcopali di Africa e Madagascar.
Oppure, in inglese, l’intervista che il cardinal Wilfried Napier ha rilasciato a Catholic News Services.