Il primo aneddoto riguarda i primi mesi del 2001 quando – come racconta lo stesso Lombardi – «finito il grande entusiasmo e l’invasione informativa del Grande Giubileo, ci fu chi pensò fosse giunto il momento buono per condurre un attacco pesante a istituzioni vaticane, utilizzando un argomento che negli ultimi anni era diventato più sensibile nell’opinione pubblica, quello ambientale-sanitario». In quell’anno, infatti, importanti furono le accuse mosse a Radio Vaticana (di cui Lombardi era ed è il direttore) per l’elettrosmog causato dalle trasmissioni radio del Centro di Santa Maria di Galeria. «Vi posso assicurare che essere accusati per mesi impunemente – su testate e in trasmissioni importanti – di uccidere i bambini, non è una situazione piacevole», ricorda il gesuita. Nonostante ciò Lombardi racconta di aver avuto sempre la coscienza a posto e che le accuse gravi erano rimaste prive di fondamento. Però non bastava giustificarsi con le sole parole, servivano i fatti. Ma anche dopo le prime decisioni della Commissione bilaterale Italia – Santa Sede (istituita ad hoc per risolvere la questione) «il dibattito continuò ad accompagnarci per anni ma in modo meno virulento». Lombardi ricorda quell’episodio come la «prima grande scuola di “comunicazione di crisi”, che mi allenò per il futuro».
Un altro momento critico per il direttore della sala stampa vaticana fu la vicenda degli abusi sessuali su minori da parte di membri del clero. «La pressione mediatica è stata sperimentata molto concretamente nella Sala Stampa con richiesta frequente di risposte; e nella stessa Sala Stampa ci si è impegnati molto per un’informazione corretta e obiettiva, per dare ragione delle prese di posizione dei Papi e dei loro incontri con vittime di abusi e delle linee di azione e delle normative della Congregazione della Dottrina della Fede». Padre Federico ricorda che in quei momenti non bastava solo mostrarsi attivi nell’istituzione di apposite commissioni ad hoc (l’ultima delle quali istituita da Papa Francesco per la protezione dei minori) ma occorreva compiere un «passaggio fondamentale dall’atteggiamento di sola difesa – o ancor più da eventuali atteggiamenti di “copertura” – a quello della cultura attiva della prevenzione».
Un terzo banco di prova nel ruolo di portavoce del Papa fu la vicenda del “maggiordomo”, un dipendente vaticano accusato di aver trafugato documenti riservati dall’appartamento del Papa. «A dire il vero – racconta Lombardi – non mi sarei mai immaginato di dover gestire l’informazione giornalistica di una istruttoria e di un processo penale in Vaticano, comprese le udienze in Tribunale, le sentenze, il periodo di carcerazione del reo, fino – per fortuna – alla conclusione con la grazia concessa dal Papa». Una vicenda che per il gesuita si concluse senza particolari carenze di trasparenza grazie alla stretta collaborazione con la Magistratura vaticana e meno con la Segreteria di Stato che apparve in quel caso “assolutamente discreta”.
Infine l’episodio più recente che Lombardi ha voluto raccontare durante sua prolusione riguarda l’ultimo Sinodo straordinario dei Vescovi sulla famiglia, evento dibattuto soprattutto a livello di comunicazione. In questa occasione, infatti, il servizio di informazione del vaticano non ha messo a disposizione dei giornalisti né i testi né le sintesi scritte dai singoli Padri sinodali, né tantomeno la pubblicazione completa del testo della “Relazione dopo il dibattito” reputata come «testo intermedio e provvisorio nel cammino sinodale». «Dal punto di vista dei giornalisti – afferma Lombardi – la comunicazione sarà sempre insufficiente, poichè il loro lavoro ideale è la pubblicità totale di tutti i momenti ed eventi. Ma dal punto di vista di chi porta responsabilità nella Chiesa e vuole poter fare un cammino di riflessione e discernimento ecclesiale comunitario – e non di dibattito assembleare per far prevalere una posizione ideologica o politica – una pressione o quasi intromissione permanente dei media viene perlopiù sentita come limitazione della libertà di dialogo e di espressione e quindi non accettabile».
Quattro momenti in cui il compito del direttore della sala stampa è stato quello di difendere «con gradualità e coraggio il bene della credibilità della Santa Sede e della Chiesa, una credibilità che non dipende dalla Sala Stampa – se non in misura molto parziale – ma che non può avvenire adeguatamente senza la sua collaborazione». Momenti di criticità che hanno messo in gioco non solo il ruolo di un portavoce ma anche la sua stessa personalità. «Devo testimoniare che trovarsi in prima linea sul fronte della comunicazione permette ed esige di sentirsi coinvolti in un modo molto profondo in questo cammino e di parteciparvi cercando di pagare anche con la propria sofferenza personale un piccolo contributo al prezzo immenso che la Chiesa deve pagare, con umiltà e con speranza, in questo cammino di purificazione e redenzione». Ma anche in questo caso, sottolinea Lombardi, «se si ha la coscienza a posto e si cerca obiettivamente la verità, si può resistere a qualsiasi situazione».