02 Dic 2014

Salviamo i fedeli dall’omelia improvvisata

Presentato all’Università Salesiana il nuovo libro di Adriano Zanacchi “Salvare l’Omelia”, una riflessione sugli errori commessi dai predicatori odierni nonché un piccolo manuale per realizzare un’omelia efficace

A quanti di noi è capitato di non frequentare più una parrocchia a causa delle soporifere prediche del prete? Quanti sacerdoti, invece, ogni Domenica sfoggiano sull’ambone le loro abilità oratorie, ammonendo i fedeli con il loro consueto moralismo, tralasciando il Vangelo del giorno? Quanti ancora riescono a salvarsi “in calcio d’angolo”, scaricando dal web una succulenta omelia preconfezionata? Adriano Zanacchi, autore del libro “Salvare l’Omelia” (EDB, Bologna 2014), chiama “piaghe dell’omelia”, gli errori frequenti che molti parroci sottovalutano, riducendo la predicazione a semplice commento del Vangelo domenicale.

Zanacchi, docente esperto
di comunicazione, pubblicità e mass media, in questo testo ha voluto fornire non solo una riflessione sulle problematiche che interessano la predicazione odierna (improvvisazione, mancata costruzione del discorso, carenza di credibilità ecc.) ma anche degli strumenti pratici per una proposta omiletica efficace. «L’idea di questo testo – spiega l’autore – è nata grazie ad una frase che ho letto sul muro di una parrocchia. Il graffito recitava: “Se volete avere un’idea dell’inferno venite ad ascoltare le prediche del nostro parroco.” Questo è il sintomo che molti preti non sanno comunicare, alcuni di loro non guardano neanche in faccia i loro interlocutori. Molti sacerdoti presumono di saper predicare bene, ma rischiano di annoiare la propria comunità».

Monsignor Domenico Pompili,
direttore dell’ufficio delle comunicazioni sociali (CEI) e autore della prefazione del testo, riconosce l’urgenza di un cambiamento di rotta. «Il titolo di questo libro – spiega Pompili – ci pone davanti ad un interrogativo: cosa bisogna salvare? Innanzitutto il predicatore da se stesso, poi la comunità dal predicatore e infine la Parola dall’uno e dall’altra. Oggi, è necessario che la Parola torni a rivestire la parola umana. Ciò che deve restare impresso nella mente dei fedeli è la Sacra Scrittura».

Lo stesso Papa Francesco ha dato ai predicatori grandi impulsi di cambiamento, dedicando all’Omelia ben ventiquattro numeri della sua Esortazione Apostolica “Evangelii Gaudium”. «Con Papa Francesco oggi abbiamo una grande risorsa in più per riscoprire il valore dell’Omelia – spiega Aldo Maria Valli, vaticanista RAI del Tg1. Francesco più volte ha suggerito ai sacerdoti di ispirarsi alla figura di Gesù, un grande predicatore che ci ricorda che il nostro Dio è un Dio che comunica. L’omelia, secondo Francesco, non deve rispondere alle logiche delle risorse mediatiche, perché prepararsi ed essere bravi predicatori non è come diventare bravi oratori o giornalisti. Da parrocchiano laico cattolico posso dire che l’Omelia è un momento in cui unire i cuori, in un mondo in cui le divisioni e il protagonismo ci allontanano gli uni dagli altri. Il predicatore, a mio parere, deve prestare attenzione e ascolto per il popolo».

La provocazione del testo
di Zanacchi è chiara: salire sull’ambone e pronunciare davanti alla propria comunità l’Omelia è un compito affatto scontato che comporta una preparazione, una competenza comunicativa ma soprattutto una testimonianza che si traduce in credibilità. Riscoprire ogni giorno l’importanza dell’Omelia e non relegarla a semplice commento della Parola. Infine l’autore lancia una sfida alle istituzioni ecclesiali affermando che «in molti più seminari occorrerebbe insegnare comunicazione».

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