Fenomeno Suor Cristina, «una partita non facile da giocare»

Sin dal suo provino a The Voice la suora orsolina divide il pubblico tra chi crede nel suo progetto e chi la accusa di eccessivo protagonismo. Ma perché è nato il fenomeno e quanto durerà? Intervista a Fabio Pasqualetti, esperto di musica e comunicazione

Dopo aver duettato con Patti Smith durante il Concerto
di Natale 2014 trasmesso da RaiDue, il 25 Dicembre ha affascinato gli
spettatori della Germania durante il Die Helene Fischer Show, raccogliendo uno standing ovation del pubblico per la sua
interpretazione di True colors di Cindy Lauper. È inevitabile
considerarla un fenomeno mediatico, visti i pochi mesi che le sono bastati per
conquistare pagine di quotidiani, apparizioni in tv, radio e web: digitando
il suo nome su Google il motore di ricerca ci restituisce quasi 20.000.000 pagine che parlano di lei. Dopo il clamore
suscitato dal suo primo singolo “Like a Virgin”, cover del brano di Madonna, da pochi giorni Suor Cristina Scuccia,
la suora orsolina vincitrice dell’edizione 2014 di The Voice of Italy, è nuovamente sulla scena con il suo secondo
video “Blessed be your name”.

Ma il
successo comporta anche un prezzo da pagare.
Quel semplice abito nero in contrasto
con la mondanità dell’ambiente mediatico ha reso Suor Cristina un facile
bersaglio di giudizi: c’è chi la considera uno dei volti della “nuova
evangelizzazione” e chi la accusa di eccessivo protagonismo. Ma cosa sta alla
base del successo di questa suora cantante? E soprattutto quanto durerà il
fenomeno “Suor Cristina”?

Abbiamo interpellato Fabio Pasqualetti già
docente di Musica e Comunicazione presso l’Università Pontificia Salesiana di
Roma ed esperto di mezzi di comunicazione. È autore di “Giovani e musica. Una prospettiva educativa” (LAS, 2012) e di recente pubblicazione “Il concerto e la danza. Ritualità musicali giovanili” (Edizioni San Paolo, 2014).

Una
religiosa orsolina in un talent show televisivo. Qual è stata la sua prima
impressione su Suor Cristina?

«Talent show come The Voice sono format,
che da una parte hanno il pregio di dare un palcoscenico a voci che
probabilmente non avrebbero avuto altre possibilità, però dall’altra parte
rappresentano pur sempre trasmissioni televisive con proprie regole, tutte
finalizzate alla ricerca di audience e spettacolarizzazione dei personaggi. Lo stupore per Suor Cristina nasce
per due motivi: innanzitutto c’è una precomprensione nei confronti degli uomini
e delle donne di Chiesa, considerati come fossero completamente diversi dal
mondo e dalla vita. Nel momento in cui un religioso o una religiosa indossano
un determinato abito vengono incasellati all’interno di quel ruolo. La seconda
motivazione deriva dal fatto che l’occidente, a livello musicale, ha negato il
corpo per secoli: lo stesso cristianesimo ha vietato forme espressive come la
danza, per il semplice fatto che erano usate dai pagani. Ecco perché vedere una
suora che usa la voce, muovendosi a ritmo sul palco, ha creato subito scalpore».

Quindi
anche i religiosi possono far parte del mondo dello spettacolo?

«Penso che i religiosi possano cantare,
dipingere, ballare, scrivere poesie, scrivere romanzi e che questo modo di
esprimere la loro vita dovrebbe essere normale per tutti. Mi auguro
però che non trascurino il servizio per
cui si sono consacrati. È anche vero che non si può essere ingenui quando si
frequentano certi ambienti, bisogna avere la coscienza che entrare in un
meccanismo televisivo come The Voice vuol dire essere sottoposti al
bersagliamento dei giudizi. Nel caso di Suor Cristina penso che
l’intenzionalità sia stata molteplice (la madre superiore e quella generale
hanno acconsentito). Lo scopo credo sia stato quello di mostrare un’immagine di
suora che non è una negazione di sé e delle proprie doti. E perché no, ipotizzo
anche la possibilità di fare “marketing” per il proprio ordine. C’è il
tentativo di far vedere come una certa vita sia ugualmente affascinante e
attraente».

Suor
Cristina ha ripetuto più volte di aver seguito il suggerimento di Papa
Francesco che invita i cristiani a portare il Vangelo nelle “periferie
esistenziali”. Il mondo dello spettacolo è una periferia?

«Era proprio necessario andare a The Voice?
No, ma perché no? Da una parte si dice che i cristiani devono vivere nel mondo,
però appena ci mettono piede li si critica. Da studioso di mezzi di
comunicazione mi sento di dire che la televisione non è uno strumento innocente,
quindi se Suor Cristina ha scelto quello spazio per far percepire un modo
diverso di vivere la propria vocazione, deve essere cosciente che sarà usata e
sfruttata. Però lo stesso rischio lo corre Papa Francesco, che con i suoi gesti
e discorsi è certamente un “prodotto” usato e abusato da molti media. Papa
Francesco dovrebbe rinunciare a quel che vuol fare perché sa di essere usato?
Già leggendo il Vangelo ci accorgiamo che tutto ciò che Gesù diceva veniva
usato contro di lui. Nel caso di Suor Cristina, però, l’elemento a cui prestare
attenzione è il successo, una dimensione molto pericolosa. Gesù, infatti, tutte
le volte che veniva acclamato fuggiva e non amava la folla
osannante che si rivolgeva a lui solo per ottenere miracoli».

Per molti,
Suor Cristina incarna quelli che sono i valori della “nuova evangelizzazione”.
È d’accordo?

«La novità non sta nel fatto che Suor Cristina
sia andata a The Voice, la novità sarebbe se all’interno della Chiesa i
religiosi e le varie comunità si riappropriassero dei linguaggi espressivi
dell’arte. Un altro sensore è la gente. Se la gente applaude, si sente
identificata con un personaggio è perché qualcosa sta parlando loro. Il
successo di Suor Cristina è positivo in questo senso. Alla gente piace che la
dimensione di vita di una religiosa si avvicini loro grazie alla musica. Ora,
l’evangelizzazione non si gioca solo su questo piano, questa è solo una piccola
componente. Però è bello pensare che in questo grande “ospedale da campo” che è
la Chiesa (come l’ha definita Papa Francesco) ognuno abbia un suo spazio e un
suo ruol l’ospedale funziona bene se ognuno dà il suo contributo, da chi
pulisce i bagni fino a chi esegue l’operazione chirurgica».

Perché
interpretare, come primo singolo dell’album, “Like a virgin” di Madonna? Non
crede sia stata una scelta provocatoria?

«Non so fino a che punto sia stata una sua
scelta o un’operazione imposta dalla casa discografica. Chi vince The Voice
ha come premio la pubblicazione di un cd che ovviamente ha esigenze di mercato
e di marketing. E cosa c’è di meglio se non unire insieme il diavolo e l’acqua
santa? Madonna è un’artista che ha narrato perfettamente il suo tempo, gli anni
della globalizzazione, dei mutamenti, delle contaminazioni; basti pensare che
ogni personaggio raffigurato nei suoi album è diverso da tutti gli altri. Questo
ha colpito l’immaginario di milioni di ragazzi e di ragazze che hanno visto in
lei un’icona del cambiamento dei tempi. Ora, contrapporre un’immagine così
provocatoria come Madonna con un’immagine così aurea come Suor Cristina è un perfetto match.
Premesso che Suor Cristina non ha bisogno di riscattare né Madonna né altri,
credo sia stato interessante mostrare come una consacrata possa interpretare
una canzone incisa da una grande pop star realizzando questo contrasto».

E del
videoclip cosa ne pensa?

«Apprezzo più quello di Madonna nonostante
quello di Suor Cristina sia stato girato egregiamente. Ma è sola, è sempre
sola, in una città dove non ci sono persone. Madonna invece nel suo videoclip
si mostra alla gente che la ammira in gondola dai ponti di Venezia. Avrei
preferito che anche Suor Cristina fosse stata più a contatto con gli altri
perché se c’è un ruolo e una missione che il cristiano ha, è quella di stare in
mezzo alla gente».

Durante
l’uscita del suo disco “Sister Cristina” l’abbiamo vista ovunque: giornali, tv,
radio e web. Perché tutta questa presenza mediatica?

«Ha dovuto accondiscendere ad una pianifica di
incontri e di interviste necessarie per promuovere l’uscita del cd. Questo lo
fanno tutti gli artisti che firmano i contratti discografici con una major,
persino i rapper più radicali (potremmo fare il caso dello stesso J-Ax che
partecipando a The Voice ha smentito tutto ciò per cui ha lottato e
narrato nelle sue canzoni). Se, invece, vuoi essere alternativo devi pagare un
prezzo perché l’alternativa è la nicchia, non è il grande pubblico. Credo che
da parte di Suor Cristina ci sia la voglia di presentare un immagine di suora
che non fosse una suora “da sagrestia”. Il rischio più grande che correrà sarà
lei stessa e come riuscirà a gestire la fama, la popolarità, il successo senza
deviare da quella che è la sua scelta profonda. Ma io direi di aspettare un
po’, sono tanti quegli artisti che arrivano all’apice del successo e poi, dopo
pochi mesi, scompaiono dalla scena».

In effetti
il suo album non ha scalato le classifiche come annunciato…

«Il disco non è in altissime posizioni perché
lei è un interprete, non è una cantautrice. Questo rappresenta uno dei suoi
limiti maggiori di artista. Dovrebbe comporre o farsi comporre dei pezzi
originali per seguire questa sua vocazione. Quando fai l’interprete o hai qualcuno
che ti scrive pezzi, o finisci nel giro di chi ti propone cover che non
rispecchiano la tua indole, la tua personalità, il tuo progetto».

Da
religioso e da esperto di musica che consiglio darebbe a Suor Cristina?

«Mi auguro possa far
fruttare al meglio questo suo dono. Potrebbe metter su una scuola di canto,
aiutare tanti giovani ad esprimersi con la musica, ad esempio. Non so se sia
capace ma potrebbe iniziare a comporre lei stessa della musica, per la liturgia
ma anche per dei momenti di festa. A me piacerebbe sentire più canzoni che
mettano al centro la celebrazione della vita al contrario di molte musiche che
preferiscono celebrare il soggetto nella sua esibizione più becera. Mi rendo
conto, però, che non sarà una strada facile».


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