06 Mar 2015

Per un nuovo modello di sviluppo, sulle tracce di Tommaso Demaria

Dal convegno sulla sostenibilità una sfida a guardare alto, a non accontentarsi di soluzioni parziali o bocciate dalla storia. Perché il futuro del pianeta è troppo importante, come insegnava il filosofo salesiano

Una volta
tanto partiamo dalla fine. Dalle parole di Nicola Mele, presidente dell’Associazione Nuova Costruttività
– che ha concluso il seminario “Per un
mondo migliore. Le sfide della Sostenibilità”, che si è svolto ieri
all’Università Pontificia Salesiana – riassumendo in poche precise parole il
senso di tutta l’iniziativa. «Il modello costruttivo imperante, con cui siamo
costretti a misurarci come assoluto – ha detto – oggi non è più Dio, ma il
denaro. Dobbiamo esserne consapevoli. Ma dobbiamo altresì trovare anche il modo di rimettere al centro, come anima
delle azioni e delle relazioni umane, un valore che trascenda l’uomo. È
importante trasformare questo in una sapienza costruttiva collettiva, che per
noi è, il contrario del classico “mors tua, vita mea”, ma piuttosto “vita tua,
vita mia”. Facile a dirsi, sì, ne sono consapevole, ma non da attuare. Come
processo costruttivo nell’ambito della vita concreta, è ben più arduo. Ma
questa è la sfida lanciata ai cristiani. Essere testimoni di un tempo che
richiede coraggio. Testimoniare e quindi indirettamente educare alla Via, alla
Verità e alla Vita, costruendo insieme un modello che salvi la vita del pianeta
e l’umanità».

Delle diverse
facce della sostenibilità
si è parlato nella giornata di lavoro: passando dall’impegno
di don Maurizio Patriciello nella martoriata
terra dei Fuochi (nel casertano); ai giovani che hanno dato il loro contributo
per un mondo sostenibile, dalle tecniche per convincerci a spendere e consumare (anche
indebitandosi oltremisura) di cui ha parlato l’avvocato Massimo Melpignano e, con l’aiuto-video del consulente Antonio
Cajello, ha suggerito anche tecniche intelligenti di difesa e di resistenza, a
cominciare dall’informazione consapevole; dalle esperienze positive citate da Luca Martinelli della rivista “Altraeconomia”,
che già attivano modelli di sviluppo diversi (i Gruppi di acquisto solidale GAS,
che oltre al risparmio puntano al rapporto diretto con il produttore, alla
riflessione sugli stili di vita e a un consumo rispettoso dell’ambiente); o
quelli che sono veri e propri “Distretti di economia solidale”, che sviluppando
“progetti di filiera”, integrano agricoltura biologica, cura del territorio e
dei beni comuni e relazioni sociali. Passando infine dalla riflessione del prof
Zbigniew Lepko, dell’Istituto di
Ecologia e Bioetica dell’Università di Varsavia, per il quale siamo chiamati ad
un salto di responsabilità: «non si tratta solo di diagnosticare le situazioni
patologiche di insostenibilità, ma di individuare anche le possibili soluzioni,
tenendo conto degli interessi delle generazioni umane presenti e future,
attuando la capacità di porsi obiettivi ambiziosi, mentre il resto dell’umanità
pone in essere comportamenti rischiosi»; e ha aggiunto: «Il Principio di
responsabilità ecologica dell’uomo deve essere l’uomo stesso, non la natura. I
sentimenti che favoriscono la responsabilità non possono essere imposti
all’uomo con la forza, ma devono emergere con l’esperienza, soprattutto nell’adolescenza.
La responsabilità deve associarsi al contatto diretto con la natura, con la
capacità umana di percepire quanto è bella la natura e la sua diversità. La
vita è un valore in se e come tale richiede un valore nel conservarla»

Tutte piste
da approfondire oltre il breve spazio
di una giornata (e di un articolo …), ma
che al cuore di tutta la riflessione hanno di sicuro il pensiero del filosofo e
pensatore salesiano Tommaso Demaria, che già negli anni ‘60 e ‘70 aveva intuito
quanto il modello di sviluppo capitalistico stava producendo più danni che
benefici. Ma, insieme, definiva l’analisi marxista, che ad esso si
contrapponeva, incapace di trovare soluzioni giuste e praticabili (e la storia
gli ha dato ragione …).

Per
contrastare il modello di sviluppo prevalente e dominante, allora è d’importanza
basilare riprendere il filo del pensiero del pensatore piemontese, almeno le
coordinate di fondo, come ha fatto Luca
Cipriani
(tra i responsabili dell’associazione Nuova Costruttività), nello
spazio limitato assegnatogli. Cipriani ha dato alcune tracce di cosa significa
quello che viene indicato (con una combinazione non rapidamente percepibile ma
complessa) il realismo dinamico della filosofia demariana.

“Questo nostro
pianeta ha un futuro?”, è stata la domanda di partenza: Certo, «ma tornare
all’aratro trainato dai buoi, preindustriale, è impossibile». Eppure la rivoluzione
industriale, oltre ai benefici incontrovertibili di un miglioramento della
qualità della vita generale, ora che assume sempre connotazioni nuove, porta
anche in sé tanti problemi di spreco e di distruzione. Ma il negativo a cosa è dovuto, alla rivoluzione
industriale in sé o a qualcosa d’altro?, si è chiesto Cipriani alla luce del
pensiero di Demaria: «La rivoluzione industriale è indirizzata di per sé al
bene, ma può anche essere infestata da un ordine cattivo. I problemi sono
legati a questo tipo di sviluppo. Il capitalismo distrugge oltre a creare. Con
quel benessere veniamo abbagliati e il capitalismo ci distrugge con quella
stessa sostanza che ci ha offerto».

Ecco l’analisi del sacerdote e filosofo
salesiano
: siamo di fronte al paradosso del combinato di una “Falsa
sapienza=vicolo cieco”. La sobrietà invocata genera – in questo modello – più
povertà. Ma d’altra parte si chiede più lavoro, quindi espansione dell’economia, in modo infinito? Siamo in un vicolo cieco. In un paradosso. Allora dobbiamo
capire cosa abbiamo di fronte. «Una sorta di “Gabbia tritacarne” – afferma
Cipriani -, qualsiasi cosa si faccia sembra che il meccanismo vada avanti per
la sua strada senza che ci si possa fare nulla. Norme e regole proprie, che non
dipendono più dalla persona, con comportamenti personali che sono importanti, ma
non sufficienti se non coordinati in una realtà e progetto più ampio».

La
metafisica realistico-dinamica di Tommaso Demaria risponde così (in sintesi
quello che è sicuramente un pensiero articolato): per il futuro del pianeta occorre
ripensare allo sviluppo e quindi a una sostenibile “Scelta energetica”. Come? Il
metodo prima di tutto: pensare per poi agire, individuare il problema, e poi le
cause e le soluzioni.

Dobbiamo
ricominciare a studiare, diceva Demaria
, questa realtà storica che non è un
dato di fatto immutabile, anzi: «è un organismo, vitale e dinamico ed è quindi importante
capire come funziona (l’Ente dinamico universale concreto – Educ – spiegato
dal collega Roggero nel pomeriggio). Per individuare una “chiave” non solo per
il futuro, ma anche per il presente. In metafora: infilare la via della giusta
sapienza della vera sapienza organico-dinamica. E anche in concreto, fuori di
metafora: da una ricchezza cost- alla ricchezza non-cost; da quella fondata sul
denaro a quella non fondata sul denaro, ma sullo scambio diretto, sulla comunità
familiare rimessa al centro, su ogni progetto fatto in comune e vagliato alla
luce del benessere collettivo per e con la famiglia».

Una sfida
troppo alta? Forse, ma visto la posta in gioco, il futuro del pianeta, conviene
giocarla fino in fondo.

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