Una cultura “alla rovescia”.
Quando si parla di caffè noi italiani sappiamo di cosa parliamo. Caffè corto,
lungo, in tazza, freddo, macchiato, moka (e non il moccaccino..). Per non
parlare del cappuccino e cornetto, abbinamento imprescindibile. Anche sul
cioccolato abbiamo qualcosa da dire, soprattutto nelle regioni nordiche. Sul tè
magari ne sanno di più gli inglesi o gli indiani, ma in ogni caso cerchiamo di
tenerci aggiornati.
Eppure nella cultura anglosassone
sembra che la cultura del caffè sia andata un po’ più lontano. Prima cosa, il
caffè del mattino si beve in un bicchiere di plastica di Starbucks, modello
“brodaglia americana”, si porta in mano, si entra con il caffè in ufficio,
rischiando in ogni momento di annaffiare documenti e colleghi, ma il concetto è
simile al nostro espresso preso al banco in tutta fretta (per i meno fortunati
che non hanno tempo per un cappuccino). E scordatevi i buonissimi cookies
da abbinare al caffè del mattino. La mattina o porridge o uova fritte o
cornflakes.
Coffee break. A metà
mattinata ci si incontra in una sala comune e si condivide il caffè solubile a
disposizione, di media qualità, ma che ha comunque il suo valore aggiunto nella
funzione sociale di aggregazione e confronto. È in quella sala, dove ognuno
porta una “personal mug”, che si prendono decisioni, che si condividono
informazioni. E peggio per chi è costretto ad usare le meno allegre “mugs to
share” o tazze messe a disposizione per gli ospiti.
Ora di pranzo. Per innaffiare il
menù si può optare per un bicchiere di vino, succo di frutta, acqua, coca
cola… ma anche ordinare “Un cappuccino e una pizza”. Del caffè dopo pranzo non
ne conoscono l’utilità. Aromatizzati al caramello o con vere e proprie
caramelle decorative, a frappè (frappuccino), con perline di cioccolato,
personalizzati a seconda della stagione (al ginger sotto natale, alla fragola
per le vacanze estive), questi sono i caffè che accompagnano la pizza, il
curry, l’humburger, qualsiasi cibo vogliate mangiare a pranzo.
Il “latte”. La cosa più
interessante avviene dopo le 6 pm, non dopo il tè delle 5, ma dopo cena. A
quell’ora infatti molti si sono già messi a tavola e hanno finito verso le 7;
ma non per un aperitivo. Si esce per andare a fare un dopo cena, per prendere
una birra con gli amici. Appena finito
di mangiare contorno, secondo e primo (si, in quest’ordine) si può ordinare un
“latte” (un solo caffè) o un “flat white” (doppio caffè) con un una bella fetta
di torta di accompagnamento da circa 2000 calorie.
I brand specializzati hanno nomi
evocativi, quali Caffè nero, Coffee Costa, Mc Cafè e il già citato Starbucks;
sono multinazionali che malgrado il grande potere di attrattiva non sono in
grado di offrirci qualcosa di più in termini di qualità, come ad esempio un
Illy caffè. Forse è per questo motivo che in Italia ancora non sono presenti:
il prodotto è mediocre e pensare di replicare un modello di produzione senza
prestare attenzione al modello di consumo è come affidarsi alla globalizzazione
senza avere una connessione Internet.
Non basta “aggiustare” il prodotto
aggiungendo alla classica colazione i macarons in Francia e i muffin in
Inghilterra.
Anche per il tè esistono una “tea
culture” e brand molto simili a quelli diffusi per il caffè. Più vicina alla
cultura asiatica che di fatto produce pregiati tè, l’esperienza del tè anche in
questo caso si trasforma e si possono sperimentare bevande zuccherine con bolle
di gelatina dai gusti più disparati.
In conclusione, la prossima volta
che entrate in una di queste caffetterie o teierie, fate attenzione a quello che
ordinate, perchè questi locali sono in grado di vendere “iced coffee” molto
invitanti ma anche ghiaccio agli
eschimesi.