05 Mag 2015

Il selfie non fa male, se lo stampi

Si scattano per divertimento, vanità, desiderio di raccontare un momento della propria vita. Ma Narciso è in agguato. E se tornassimo a stamparli su carta invece che condividerli sui social network?

Sono trascorsi oltre 30 anni dalla
nascita del telefono cellulare e le evoluzioni che lo vedono protagonista sono
state veramente tante, accompagnate dai più disparati modi di utilizzarlo che
si avvicinano sempre di più alla soglia della dipendenza.
Tra questi, soprattutto negli ultimi
anni, ha avuto -e continua ad avere- un enorme successo, soprattutto fra la
popolazione giovanile, l’autoscatto o, il più comunemente noto, selfie.


Cos’è
un selfie?

 Il vecchio e ormai superato termine
“autoscatto” è stato aggiornato alla versione americana, incoronato inizialmente
dai personaggi dello spettacolo, per poi divenire la mania di molte persone
comuni.

Una volta si facevano gli autoscatti
in assenza di qualcuno disponibile a scattarci una foto ricordo lo si faceva
per conservare un momento intimo e assolutamente privato. Ora, invece,
sembrerebbe essere un appuntamento fisso immortalare ogni momento della
giornata per condividere quello che si sta facendo, con chi e dove, con
l’obiettivo, per alcuni, di ricevere feedback positivi dagli altri, con la
speranza che quelli negativi non si presentino.
In questo caso mi riferisco al
binomio selfie/social network, che credo 
rappresenti l’accoppiata perfetta, in quanto queste piattaforme sono
ormai diventate il mezzo più diffuso ed utilizzato dalla maggior parte dei
giovani (e, in alcuni casi, dei meno giovani) e soprattutto il luogo di dominio
del selfie.
Le foto che vengono pubblicate sui social
sono svariate: da quelle che catturano momenti di festa con gli amici, alle più
imbarazzanti, con pose un po’ osè, scattate davanti al primo specchio che
la persona trova e/o all’interno di bagni.


Perché si fa? Le motivazioni possono
essere tante. I giovani potrebbero seguire la moda del selfie in maniera
disfunzionale come un’arma a doppio tagli dimostrare a tutti, tramite la
condivisione di una foto, chi si vorrebbe essere per venir apprezzato, inviare
un messaggio a qualcuno e, magari, col passare del tempo pentirsi dell’uso che
se n’è fatto pubblicamente.

Si deve aggiungere, però, che
l’utilizzo di questa pratica non è diffuso solo tra i giovani: sempre più
spesso si vedono, infatti, coinvolte persone adulte, le quali per molti aspetti
si avvicinano al comportamento tipico dei giovani, spinti ad omologarsi a
questa “moda”.

 


Lo studio.
Sono stati svolti diversi studi
sulle motivazioni che spingono una persona a farsi un autoscatto.
Una ricerca interessante, che risale
alla fine del 2014, condotta dall’Università Cattolica di Milano e dalla
fondazione Ibsa, prende in considerazione utenti italiani (150 persone, di cui il 35% maschi e il 65% femmine,
con un’età media di 32 anni), e ha tentato di
comprendere il fenomeno selfie, tramite specifici questionari.

È emerso che gli scopi
associati all’attività del selfie sono soprattutto “far ridere e divertire gli altri” (39%), “vanità”
(30%) e “raccontare un momento della propria vita” (21%). Quanto
ai motivi per cui le persone si fanno i selfie, emerge che questa
abitudine ha come obiettivo quello di raccontarsi
agli altri, mostrando con chi, dove e
cosa sista facendo, si tratta quindi di
aspetti esteriori e non interiori legati alla persona in sé. 

È emerso inoltre che le donne che utilizzano
maggiormente l’autoscatto-social sono interessate a mostrare come
sono e come si sentono. Inoltre, da quanto le donne del web affermano, esse
sperano di ricevere commenti positivi da parte degli
amici sui social network
e di temere, invece, eventuali commenti negativi.

Infine, come spiega Giuseppe
Riva
, docente di Psicologia della Comunicazione e Psicologia e
Nuove Tecnologie della Comunicazione presso l’Università Cattolica, «le
persone più devote al selfie appaiono significativamente più estroverse, più socievoli ed entusiaste, con
maggiori capacità sociali, e al tempo stesso più coscienziose, con la tendenza
a pianificare le proprie azioni piuttosto che ad agire di impulso. Inoltre, una personalità molto
estroversa si associa a un maggior utilizzo dei selfie per mostrare agli altri il proprio stato d’animo,
mentre essere molto coscienziosi si associa al non essere particolarmente interessati ai commenti degli altri ai propri selfie,
positivi o negativi che siano».

A
questo punto una variabile importante da prendere in considerazione sarebbe quella della coscienziosità (essere
scrupolosi e determinati nel raggiungere uno scopo), che ha un ruolo influente sulla reazione
della persona circa i feedback esterni.È bene chiarire, tuttavia, che
ognuno può far uso di questa pratica, ma secondo l’utilizzo che se ne fa può
assumere forme e livelli di gravità differenti. Il problema nasce quando tale
dinamica conduce alla perdita del contatto con la realtà del proprio essere, ad
aumentare le difficoltà relazionali, al non essere poi così coscienziosi o
all’andare incontro ad altri disturbi, tra cui quello narcisistico, che risulta
essere quello più presente. Ma, come la psicologia ci insegna, sappiamo anche
che chi soffre di tale disturbo, in realtà, è molto insicuro di sé e sente solo
il bisogno di apparire.


Consigli. Se
una persona è così dedita al selfie mi verrebbe da domandarle: cosa ne
penseresti di custodire le tue foto in maniera privata creando un tuo album cartaceo? L’obiettivo
sarebbe certamente limitare la voglia insaziabile delle condivisione sui social.
Sarebbe davvero un bel
traguardo.Se
hai difficoltà a farlo chiediti: perché lo faccio? Cosa provo nel farlo?Il
problema penso stia proprio qui: condividere a tutti i costi ogni foto. Ecco la
differenza fra un selfie e un vecchio autoscatto.

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