14 Giu 2015

Studenti fuori sede. Le convivenze difficili

Sei accogliese o critichese? Adulto che comunica con libertà o Bambino che comunica solo contestando? Leggi qui e scoprilo

Al
giorno d’oggi sono molti i giovani che si iscrivono ad un percorso
universitario e che per varie ragioni si distaccano temporaneamente o
in modo definitivo dal loro luogo d’origine, trasferendosi in un’altra
città, spesso lontana dalla propria e trovandosi
nella situazione di dover prendere in affitto una casa, spesso
abitata da persone sconosciute.

Il
passaggio di transizione è significativo in quanto questo nuovo
percorso è accompagnato da un distacco fisico dalla propria
famiglia, dai propri amici e dalle proprie abitudini, lontani dalle
proprie origini e inseriti in un nuovo contesto sociale,culturale e
religioso.

Il
problema della convivenza tra gli studenti fuori sede è uno dei
temi più caldi: se da una parte si può dar vita ad amicizie
solide e durature, dall’altra può comportare disagi e grandi
difficoltà.

Se
per esempio si vive in un ambiente poco accogliente e non armonioso,
l’adattamento al cambiamento diventa ancora più complicato.

Molte persone pensano che una soluzione potrebbe essere quella di
iniziare una convivenza con un’amica o amico. In realtà non si
conosce bene una persona fin quando non si vive insieme.

Quali
sono alcuni degli elementi fondamentali per una buona convivenza?

«Uno
fra tutti, come d’altronde ogni altro tipo di relazione, è
l’ascolto.
Spesso capita di avere disguidi, intolleranze e poca affinità con
lati del carattere dell’altra persona. Sarebbe utile esporre
all’altro il proprio pensiero su diverse questioni, per evitare di
amplificare malesseri legati al dover condividere una casa con
persone spiacevoli.

In
questi casi possono verificarsi due modalità di comunicazione
distinte nell’analisi transazionale come accogliese
e critichese:

– chi parla l’accogliese
è in grado di ascoltare i propri bisogni e desideri, riconoscerli
come meritevoli di attenzioni, di energie, di impegno per essere
soddisfatti. Sa raccogliere i propri successi e fallimenti
distinguendo la valutazione del singolo evento con il giudizio
complessivo su sé stesso come persona; utilizza gli errori come
opportunità di crescita e non come criterio di acerba critica,
svalutazione, passività. In questo caso la persona è pronta a
trovare un punto di incontro e quindi eviterà di camminare per casa
col “fucile spianato”;

– chi parla il critichese,
invece,
è portato ad esaltare le proprie capacità ed esperienze, a
comportarsi in maniera arrogante e presuntuosa, a nascondere una
scarsa autostima e una scarsa considerazione di sé, sarà incapace
di reggere e accogliere gli aspetti negativi che l’altro vede in
lui/lei: per esempio colui che nel momento in cui gli si farà notare
un comportamento non condiviso, non stringerà mai la mano, il
gesto più carino che riuscirà invece a fare sarà quello di urlare
contro o sbattere la porta in faccia.

In
questo caso ci troveremo davanti ad una relazione interrotta che non
può proseguire se una delle due persone non assume una posizione
differente. Secondo un linguaggio analitico transazionale, ci si trova
di fronte ad un Adulto che comunica con libertà il suo pensiero e un
ricevente Bambino che comunica solo contestando
, ribellandosi e
giustificandosi.
Sarebbe utile, dunque, creare una relazione tra Adulto-Adulto.

Un
altro aspetto simile e altrettanto importante
è quando una persona
si pone su un piano di superiorità cercando di subordinare o
addirittura annientare l’altro. La relazione è squilibrata e colui
che si pone su un piano superiore rinforza sempre le sue modalità
disadattive di comunicazione e di comportamento, pensando che siano
giuste e soprattutto sottovalutando continuamente l’altro. Anche in
questo caso la soluzione sarebbe quella della modifica del ruolo di
entrambi rendendo la relazione alla pari. Tu che ti fai trattare come
il pupazzo di turno,
qual’è il guadagno che trai nel fare ciò? Tu
che invece credi di essere Dio sceso in terra, qual è la
soddisfazione che provi nell’annientare l’altro? Dove hai costruito
questo pensiero di te in relazione agli altri?

In
relazione all’ambito familiare, due aspetti fondamentali
da non
sottovalutare sono: rispetto
ed educazione
.
Sappiamo che questi elementi vengono assimilati fin da bambini. Il
genitore insegna al bambino come comportarsi, quello che è giusto
fare e il bambino tramite un processo di apprendimento per
modellamento (osservando ciò che il genitore fa) impara a
comportarsi.

Una
persona potrebbe chiedersi: X non potrà mai essere una persona
rispettosa ed educata?

Certo
che si! Ogni individuo affronta il proprio percorso di crescita con
tutte le proprie sfide evolutive. In un determinato momento della
propria vita la persona comincia a consolidare la propria identità,
certamente influenzata dal proprio ambiente familiare ed
extrafamiliare, e allo stesso tempo ogni persona ha la libertà di
scegliere in maniera autonoma quello che è giusto mantenere come
parte di sé e cosa no e in un ambito come quello della convivenza si
possono imparare molti modi nuovi di comportarsi, interrogarsi su di
sé e sull’altro, quindi,un’occasione di crescita.

Se
per esempio hai imparato dai tuoi genitori che quando pesti il piede
ad una persona non è necessario chiedere scusa, oppure che puoi
rivoluzionare casa, tanto poi ci penserà qualcun altro, una volta che
sarai arrivato a ragionare e decidere autonomamente, potrai prendere
consapevolezza che ogni atteggiamento scorretto può essere
modificato e migliorato.

CONSIGLI. Cominciare
da se stessi per poi passare agli altri.

Sembra
così semplice saper vedere l’altro, i bisogni dell’altro, ma è una
capacità difficile da avere e difficile da imparare. Attenzione
però: solo se non si vuole!

Poniti
una domanda: Come mi relazione all’altro nel momento in cui si
accorge e mi accorgo che qualcosa sta interferendo in modo negativo?

Un
modo per vivere meglio in questo contesto sarebbe quello di
interrogarsi su di sé, non dando per scontato che l’altro ha sempre
torto: potrebbe essere anche un’occasione di scoperta di se stessi.

Se
avessi difficoltà a rispondere e ragionare in modo accogliese, molto
probabilmente, l’orgine del fallimento relazionale sta proprio li ed
è presumibilmente presente non da quanto hai iniziato la convivenza,
ma da una vita!

Buona
convivenza a tutti!

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