11 Lug 2015

L’Europa dice “no” al selfie con copyright

Il Parlamento Europeo ha bocciato la proposta di imporre il diritto d'autore sulle immagini che ritraggono monumenti, ma la "libertà di panorama" in molti Paesi come l'Italia ancora non esiste. Il dubbio rimane: i beni comuni non sono di tutti?

Fatti un selfie sotto il colonnato di piazza San Pietro, pubblicalo su Facebook, poi chiama il Bernini (nell’improbabile ipotesi che risponda) e chiedi il prezzo. Il gioco è fatto, almeno nei sogni di chi voleva privatizzare la libertà di panorama. Il Parlamento europeo, il 9 luglio ha votato infatti un testo sulla revisione del copyright per le fotografie che ritraggono patrimoni comuni, opere d’arte e panorami delle nostre città. Con un chiaro obiettivo: per pubblicare foto o video di opere d’arte o d’architettura collocate nello spazio pubblico sarebbe stato necessario ottenere un’autorizzazione preventiva (leggasi onerosa) “degli autori o di chi agisce il nome loro”. Tradotto: entrate nelle tasche degli architetti, o nel caso in cui l’autore fosse già nell’aldilà (come nel caso del maestro Bernini) soldi per le casse dei comuni.




Il divieto sarebbe valso solo per usi commerciali, ma anche qui c’è confusione: in fin dei conti, nell’era del web, ogni pubblicazione potrebbe esserlo, anche sul vostro profilo Facebook. Del resto, Zuckerberg e soci, nelle varie autorizzazioni che ci chiedono di accettare al momento dell’iscrizione al social network (e che noi non leggiamo quasi mai) richiamano la nostra responsabilità sulla garanzia che qualsiasi foto sia libera da diritti di copyright verso terzi. Insomma, poi sarebbe anche colpa vostra, se il Bernini o chi per lui si rifacesse su quello scatto. Una proposta, che tra l’altro, Bernini a parte, ha lasciato interdetti anche diversi addetti ai lavori. Mario Cucinella, architetto di fama mondiale, sulle pagine di “Repubblica” ha recentemente dichiarato: «Un divieto così è inapplicabile. Dovrei correre dietro a milioni di pagine internet? Considero gli edifici molto fotografati come un riconoscimento di valore. Nessun architetto può pensare di lucrare sui diritti di riproduzione, a meno che un edificio non venga usato come set di pubblicità».




Chiarissimo, ma la libertà di panorama vera e propria, come si è scoperto poi grazie a questa proposta, non esiste in tutti i Paesi d’Europa, della serie: trovi il trucco e trovi pure l’inganno. Si va dalla Gran Bretagna, dove c’è la totale libertà, all’Italia, dove il divieto di immortalare i monumenti per uso diverso da quello privato esiste già, anche se tutte le foto senza scopo di lucro sono salve grazie a un emendamento al comma 3 del decreto Franceschini, che consente «utilizzi liberi delle immagini di scorci, edifici, monumenti: per finalità di studio, ricerca, libera manifestazione del pensiero o espressione creativa, promozione della conoscenza culturale».




Per fortuna, il Parlamento europeo ha rigettato la proposta dell’eurodeputato francese Jean-Marie Cavada, che appunto sposava proprio questa causa: imporre l’autorizzazione su ogni immagine che ritrae monumenti. Salvi tutti, quindi, dai fotografi professionisti ai semplici dilettanti: Bruxelles ha detto “no” con 711 voti, contro i 40 favorevoli. E pensare, ironia della sorte, che il 16 giugno scorso la tedesca Julia Reda aveva presentato allo stesso organo una proposta letteralmente opposta: uniformare la legislazione, estendendo la libertà di panorama a tutti i Paesi dell’Ue. Cavada & co. non hanno fatto altro che rigirare la proposta e presentarla al contrario, supportati da socialisti, popolari e liberali: tutti uniti quando c’è da far soldi o difendere i diritti di pochi ai danni di molti. Anche perché, pensate ad esempio al Colosseo. Lo ha iniziato Vespasiano, ma è stato inaugurato sotto l’impero di Tito, con ulteriori modifiche apportate da Domiziano. Sarebbe stato un problema: voi i diritti a chi li avreste pagati?

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