25 Set 2015

Le donne e l’Islam: in Arabia Saudita arriva il suffragio femminile

Il regno che ha dato i natali alla religione musulmana permetterà per la prima volta alle donne saudite di votare e di essere a loro volta votate. Una conquista che parte da lontano, da quegli insegnamenti di Maometto che parlano di rispetto e parità dei sessi

“Chiunque – sia esso maschio o femmina – faccia delle opere buone, ed abbia fede, in verità a costui Noi daremo una nuova vita che sia buona e pura, ed elargiremo a tali individui la loro ricompensa in base alle loro azioni”. (Corano 16:97)  

E’ questo il punto che sottolinea la parità dei sessi nella legge islamica, la Shari’a, che regola molti stati a maggioranza musulmana. La legge fondamentale del Corano è intesa in molti Paesi come “diritto positivo”, non solo come regole e norme comportamentali e morali: tra questi l’Arabia Saudita, regno in cui nasce l’Islam e dove tutt’ora vige la versione più conservatrice wahhabita. Qui, nello stato che ha visto da poco morire il re Abdullah, il suo successore, Salman, ha deciso di mantenere una promessa del fratellastro defunto: concedere finalmente il diritto di voto alle donne.  

Il suffragio femminile arriva così anche nel cuore dell’Islam, dopo aver toccato già la Turchia nel 1930, Pakistan e Siria rispettivamente nel 1947 e nel 1949 (con la possibilità di votare alle nazionali nel ’56 a Isamabad e nel ’53 a Damasco), in Iran nel 1963 e via via a cavallo del nuovo secolo in altri paesi “storicamente contro” come Qatar, Bahrain, Oman, Kuwait ed Emirati Arabi. Un processo partito in Oceania, con in testa la Nuova Zelanda nel 1893 davanti all’Australia, poi in Europa ai primi del ‘900 grazie ai Paesi scandinavi e in Italia dopo la II guerra mondiale.

Il 12 dicembre si voterà
per le elezioni municipali nel regno saudita, uno degli ultimi insieme al Brunei (in cui non è previsto nessun suffragio, neanche maschile) e al Libano (in cui è parziale e dipende dall’istruzione) a non prevedere il gentil sesso al voto. Le donne potranno votare ed essere votate, senza tabù e pregiudizi, nonostante le granitiche tradizioni che ancora accompagnano l’Arabia Saudita. Una battaglia cominciata nel 2011 grazie alla campagna di sensibilizzazione Baladi, in arabo “Il mio Paese”, progetto che proponeva di “allenare” in un certo senso le donne alla politica, con work shop e incontri dedicati. “Molte temono che i loro programmi possano essere copiati – sostiene l’attivista di Baladi, Fwziyah Al-Hanioppure di non riuscir a sorreggere emotivamente e finanziariamente una campagna elettorale”. Sforzi che hanno portato ad un risultato che fino a qualche anno fa sembrava impensabile: 80 donne ora sono in corsa per il Consiglio della provincia Orientale, la più grande e ricca di petrolio.  

Una vittoria che ora va solamente ratificata, anche se in Arabia Saudita le donne ancora non guidano e non possono viaggiare senza l’autorizzazione legale di un uomo della famiglia. A questo punto vale la pena chiedersi cosa insegna l’Islam a proposito della donna. Maometto sosteneva come la donna fosse degna di amore e rispetto, titolare di diritti e doveri tanto quanto l’uomo. Una donna molto simile alla concezione del Dolce stil novo di dantesca memoria: ancella, pura e tramite per elevarsi a Dio, come la Beatrice della Divina Commedia, per intenderci. Il velo e tanti degli aspetti che oggi parte dell’Islam adotta sono retaggi culturali derivati addirittura dal codice di Hammurabi e dalla legge Assira. Queste influenze del passato si trovarono in disaccordo con gli insegnamenti di Maometto, tanto che si narra come l’utilizzo del velo sia stata reinserito nella cultura islamica proprio a causa dei reazionari che contrastavano gli insegnamenti del Profeta. La copertura del volto distingueva perciò le donne rispettabili dalle schiave, ma è pur vero che il Corano è molto chiaro quando sostiene: “Il Paradiso si stende ai piedi delle madri”.
 
La dipendenza economica dagli uomini e l’impossibilità di una emancipazione completa trovano risposta in questa eredità. Ma la domanda tuttavia appare un’altra: la Sharia va interpretata o rimane un prodotto divino intoccabile? Qui subentra la fede e non sarebbe giusto giudicare credenze, usi e costumi. Da questo dilemma vecchio come la storia però dipende il futuro di popoli e donne che vogliono avvicinarsi all’Occidente, ma che allo stesso tempo difendendo con forza ed orgoglio le proprie tradizioni.

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