Farmers’
girls. Ho avuto l’occasione di incontrare una
ragazza italiana che ha vissuto in Tasmania e che ha trascorso gli ultimi mesi
tra Australia e Nuova Zelanda nelle vesti di volontaria nelle fattorie o
aziende vinicole (qui meglio conosciute come “wineries”). Lavorare “outdoor”
per una cittadina italiana non dev’essere stato facile, ma dalle foto
sorridenti che ho visto si può dedurre che il lavoro non sia stato così
faticoso come si può immaginare, ma piuttosto abbia avuto margini di felicità
del tutto inaspettati. Il lavoro gratuito viene ricompensato infatti con vitto
e alloggio e con la possibilità di acquisire un bagaglio di esperienza
difficile da dimenticare.
L’esperienza
di Marta. Riporto le parole di Marta come me le ha
mandate, perchè esprimono molto bene l’autenticità della sua esperienza
nell’emisfero australe.
Le
sue motivazioni sono simili a quelle di molti italiani, stanchi della difficile
situazione lavorativa italiana e che trovano in paesi lontani quella mobilità
lavorativa e quella libertà a spostarsi che in Italia è molto più complicata.
«Sono partita per l’Australia
nel Maggio 2014. Sono partita perché non avevo niente da perdere e perché avevo
bisogno di risvegliarmi dal torpore della quotidianità, scoprire i miei limiti
e imparare cose nuove. Ho scelto il “down-under” solo perché sembrava semplice,
è semplice avere il visto di lavoro e vacanza, è relativamente semplice trovare
lavoretti per guadagnare qualche soldo ed è un paese sicuro per le viaggiatrici
single».
Viaggiare tra l’Australia e la Nuova
Zelanda è molto comune, ottenere il visto è semplice e confrontare le due
culture diventa naturale: paesi vicini che si contendono i turisti date le
diverse attrattive che possono offrire. Ad esempio è bene ricordare che in
Nuova Zelanda non si va per vedere i canguri, piuttosto i kiwi, ma questa è
un’altra storia. Alla fine del viaggio troverete sempre chi preferisce
l’Australia e chi la Nuova Zelanda. Sono paesi molto diversi. Per non parlare
della Tasmania. Marta ha avuto il coraggio e la fortuna di visitare tutti e tre
e di avere esperienze diverse, lavorando tra fattorie e ristoranti in città,
condividendo l’avventura con amici, parenti ed estranei incontrati lungo la via
e divenuti amici molto presto.
La prima tappa. «
Prima tappa Perth, mi sono fermata solo una settimana. Il primo
impatto è stato quello di una città sterile, senza identità; abituata come sono
alle città europee, non poteva che essere questa la mia opinione, ma, adesso
che ho imparato ad amare l’Australia, ci tornerei per dare una seconda
occhiata. Perth era solo una tappa di passaggio, aspettavo un’amica
dell’università che arrivava da un anno in Nuova Zelanda.
Insieme abbiamo vissuto e lavorato come potatrici di viti nel
SouthWest Australia, a Margaret River. Sono stati mesi difficili, la ricerca
del lavoro è durata più del previsto e il posto era molto piovoso. Ci è voluto
tempo, ma poi abbiamo stretto legami, è arrivato il sole e Margaret ci ha rapito
i cuori.
Questione di stile di vita. A fine Agosto, al termine della stagione di potatura, ci siamo
separate. Lei diretta a casa, io a Darwin, per scoprire il profondo nord, il
profondo e bellissimo nord. Darwin è una città a misura d’uomo il cui unico problema
sono gli aborigeni. Non voglio addentrarmi in questo difficilissimo tema, ma
lassù è molto più evidente che in città come Perth o Melbourne. L’esperienza
più bella di quel miniviaggio sono stati i tre giorni di campeggio nel Kakadu
National Park, paesaggi pazzeschi, animali pericolosi e marshmallow sul fuoco.
Alla fine di questa avventura “alla Crocodile Dundee” sono
volata a Melbourne, che presto è diventata la mia casa nell’emisfero australe.
Ho vissuto inizialmente in ostello e lavorato come lavapiatti, poi sono andata
a vivere da una famiglia come ragazza alla pari, è stato proprio in questo
periodo che mi sono innamorata follemente dell’Australia e dell’“Aussie life
style”, della sua leggerezza, serenità e positività. Mi hanno aperto la loro casa
e mi hanno fatto entrare a far parte della loro famiglia. Loro sono quello che
mi manca di più ora che son tornata alla mia casa Italiana.
Il mese di Dicembre ho fatto un’esperienza eccezionale in una
farm sempre nel Victoria, ho imparato di tutto e di più, ho scoperto che c’è
una cucina tipica Australiana, mi sono appassionata al giardinaggio, mi sono
confrontata con abitudini, culture e persone completamente diverse da me e sono
andata a messa tutte le domeniche… Mai successo!
A Natale sono tornata a Melbourne, ho festeggiato con Jenny,
Daryl, Ashton e Charly e ho atteso l’arrivo della mia migliore amica, con lei
abbiamo vissuto Melbourne da turiste, abbiamo fatto un road trip sulla Great
Ocean Road a capodanno e ci siamo rosolate a 43 gradi dell’infernale estate
Australiana».
Progetto WWOOF. «Quando Roberta è partita ho ricevuto la lunga visita di mio
padre, 5 settimane di viaggio non stop: Melbourne – Tasmania – Melbourne –
Sydney – Melbourne. La Tasmania… quanto è bella la Tasmania. Ho lasciato mio
padre in aeroporto, lui diretto a casa, io diretta in NZ, salto i racconti kiwi
perché ci vorrebbe un altro articolo. Un mese tra isola del sud e isola del
nord e poi son tornata diretta in Tasmania per gli ultimi due mesi del visto,
lì ho fatto “woofing” in una cantina: vendemmia e potatura, giardinaggio, di
tutto un po’. Ho convissuto con altri ragazzi ed ho ritrovato Alice, l’amica
con cui ho cominciato quest’avventura».
Attraverso il progetto WWOOF, World Wide Opportunities on
organic farms, che consiste in un work exchange in aziende
che coltivano solo prodotti biologici, si attua uno scambio tra lavoro manuale
e possibilità di risiedere per un breve periodo in una fattoria, senza dover
preoccuparsi dell’hotel o di spendere molti soldi per fare la spesa. La condivisone
è alla base dell’esperienza e l’arricchimento umano e lo sviluppo di nuove
capacità, magari da parte di personeannoiate dal solito tran-tran quotidiano è indiscutibile.
Una nuova prospettiva. «Sono
stati due mesi di montagna, mare, ma soprattutto
autunno. A maggio 2015 sono tornata in
Italia e ora cerco di ricominciare sperando di non assopirmi di nuovo».
Marta è riuscita a trasformare una esperienza all’estero in una
diversa prospettiva di vita.