Unioni civili o famiglia tradizionale? L’Italia è letteralmente spaccata e ha fatto sentire la propria voce. Sabato scorso il “popolo arcobaleno” ha riempito le piazze per chiedere parità di diritti per le coppie omosessuali e per le coppie “di fatto”; le famiglie hanno invece manifestato una settimana dopo per dire “no” all’approvazione della legge Cirinnà.
Ma cosa propone realmente questo disegno di legge? Quali situazioni particolari andrebbe a regolamentare? Abbiamo provato a spiegarlo in maniera semplice e comprensibile, rinunciando per quanto possibile al “politichese”. Per ulteriori chiarificazioni, il testo è consultabile sul sito del Senato della Repubblica. Il ddl Cirinnà, presentato alla Camera per la prima volta il 15 marzo 2013 è ufficialmente nominato come “Disciplina della coppie di fatto e delle unioni civili”. Regolamenta quindi le unioni civili, per definizione: “forme di convivenza fra due persone, legate da vincoli affettivi ed economici, che non accedono volontariamente all’istituto giuridico del matrimonio o che sono impossibilitate a farlo, come le coppie omosessuali e la convivenza in genere”. In sostanza con la Cirinnà i diritti delle coppie omosessuali ed eterosessuali non vincolate dal matrimonio verrebbero ad equipararsi ai diritti delle coppie sposate, direttamente regolamentate dal codice civile.
È diviso in due parti: la prima riguarda le coppie gay e prevede sia la reversibilità della pensione che l’adozione del figlio del partner. La seconda è dedicata alle convivenze di fatto per etero e omosessuali.
Le tematiche:
L’unione civile. L’unione di due persone viene certificata da un ufficiale di stato alla presenza di due testimoni e iscritta nel registro comunale. L’unione non si realizzerà se uno dei due contraenti è ancora sposato, è minore (salvo apposita autorizzazione), ha legami di parentela con l’altro, è interdetto mentalmente o è stato condannato per omicidio consumato o tentato sul coniuge dell’altro.
Diritti e doveri. Con la costituzione dell’unione civile tra persone dello stesso sesso le parti acquistano gli stessi diritti e assumono i doveri delle coppie sposate. All’articolo 86 del codice civile, dopo le parole: «da un matrimonio», vengono inserite le parole: «o da un’unione civile tra persone dello stesso sesso». Per il regime giuridico si applicano infatti le norme del codice civile (norme, diritti e doveri). In caso di morte del proprietario della casa di comune residenza, ad esempio, il convivente di fatto ha diritto di continuare ad abitare nella stessa casa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni. In caso di fine della convivenza di fatto il giudice stabilisce il diritto del convivente di ricevere dall’altro una cifra in denaro per il suo mantenimento, proprio come per le coppie sposate.
Adozioni. Il testo autorizza la stepchild adoption, ossia l’adozione, da parte di un membro della coppia, del figlio biologico dell’altro. È già prevista per le coppie eterosessuali, regolamentata dall’articolo 44 della legge sulle adozioni. Nessuna modifica invece al testo sulla fecondazione assistita, così come per la surrogazione di maternità (conosciuta generalmente come “pratica dell’utero in affitto”).
Reciproca assistenza. La legge riconosce alla coppia diritti di assistenza sanitaria, carceraria, di reversibilità della pensione dell’altro, di subentro nel contratto di affitto della casa del coniuge e l’unione o la separazione dei beni. Ciascun convivente può designare l’altro come rappresentante in caso di malattia o per le decisioni in materia di salute. In caso di morte, il convivente potrà essere designato unico rappresentante del defunto per decisioni come la donazione di organi, i funerali e più in generale, le modalità di trattamento del corpo.