«Dopo
90 anni di storia l’addio di Nestlè alle caramelle “Rossana”».
L’allarme sul destino della caramella nasce il 24 febbraio scorso,
quando Carla
Spagnoli, bisnipote
di Luisa,
storica fondatrice della Perugina, fabbrica leader a livello
internazionale per la produzione del cioccolato, pubblica su Perugina
Today una
lettera in cui preludeva ad un possibile smantellamento dalla
produzione delle “Rossana”.
La
reazione del web non è tardata ad arrivare, basti pensare agli
eventi, petizioni che sono state organizzate per salvare le storiche
caramelle. In realtà la Nestlè risponde all’allarmismo generale
annunciando «un
piano industriale
da 60 milioni in tre anni che
punta a potenziare lo stabilimento di San Sisto, a conferma della
posizione come uno dei poli produttivi di eccellenza del cioccolato
all’interno del gruppo Nestlé». Una dichiarazione che fa tirare
un sospiro di sollievo agli amanti della “Rossana” che però
rappresenta solo il 2% della quota di mercato. La Nestlè ci tiene a
precisare la volontà di «rafforzare lo storico marchio in Italia
per fare di
Perugina un simbolo del “Made in Italy” in tutto il mondo».
A
dar adito alle polemiche è ancora la Spagnoli, che dalle pagine de
Il Giornale
racconta che «la
Nestlé non aveva e non ha nessuna intenzione di investire nei
prodotti storici della Perugina. E i sindacati hanno le loro colpe:
gli hanno fatto fare quello che volevano». Al contrario, Mauro
Macchiesi, segretario
nazionale Flai Cgil, risponde all’accusa e assicura che l’azienda
intende continuare gli investimenti su un prodotto che, comunque,
registra una vendita irrisoria rispetto agli altri prodotti del
marchio». La produzione sarà mantenuta nonostante il mercato delle
caramelle tradizionali stia attraversando una fase di quasi
irreversibile declino a favore di caramelle “funzionali” per
l’alito, per la gola, per l’igiene orale. Nel dibattito si è
inserita anche la Presidente della regione umbra, Catiuscia
Marini, la quale
conferma gli investimenti tecnologici (per una somma che si aggira
intorno ai 15 milioni e non 60 come dichiarato da Nestlè), ma
preferisce sospendere il giudizio in merito «agli effetti degli
interventi di ristrutturazione della fabbrica di San Sisto».
Quindi resiste,
la “Rossana”, sebbene in questi giorni non si sia registrato
alcun picco di vendita. Ciò che appare confermato, tuttavia, è che
potrebbero non essere più fatte a San Sisto, che già
prima delle riorganizzazione produceva al 95% cioccolatini,
tavolette e cacao in polvere, buona parte del quali destinata ai
mercati esteri.