#matteorisponde e il giornalismo dorme

I giornali vendono sempre meno e i social diventano grandi discariche con “pezzi” di informazione. Ma c’è ancora spazio per chi riesce a ricomporli? Faccia a faccia tra Enrico Mentana e Marco Damilano al Festival del Giornalismo di Perugia

La crisi del giornalismo in Italia è speculare a quella della politica? Dove le edicole si trasformano in negozi di fiori anche le sedi di partito si svuotano; dove la credibilità di un politico è quasi ridotta all’osso, le vendite dei giornali calano del -27,5% (rapporto sui quotidiani 2015). Stampa e politica sono in declino per le stesse motivazioni? In questo dibattito si inserisce l’ultima sessione del Festival Internazionale del Giornalismo che si è tenuto a Perugia dal 6 al 10 Aprile.

«La crisi dei quotidiani inizia molto tempo prima della crisi che ha vissuto il nostro Paese dal punto di vista economico – dice Enrico Mentana, direttore del TgLa7. Il problema non è che la carta stampata verrà sostituita dai giornali online o sui tablet ma che coloro che guardano il tg o sfogliano il quotidiano come rito appartengono ad una generazione di decenni fa. Per la prima volta si è posta una questione post-ideologica, c’è una generazione che ripudia tutto il sistema. Negli anni abbiamo smontato i meccanismi dell’informazione e – come accade per una lavatrice – ora non sappiamo più come rimontarla. I più giovani cercano sul web e trovano pezzi di notizie che solo apparentemente dicono tutto sulla vicenda. Al netto dell’innovazione tecnologica, qui c’è in ballo il nostro modo di informare: chi si sveglia e va all’edicola sa già tutto di quello che troverà all’interno».

Anche Marco Damilano (vice-direttore de L’Espresso) è convinto che il giornalismo in Italia abbia subìto una frammentazione. «Siamo immersi in una realtà sconclusionata, distrutta e distorta. Ma è in questo spazio che c’è ancora posto per il giornalista, quel mediatore che rimette a posto i pezzi. Questo, però, è complicato perché il giornalista si sente spodestato del suo potere sia dall’alto (le istituzioni lo attaccano facendolo passare per bugiardo) sia dal basso (perché viene contestata la sua credibilità di professionista)».

I social sono sempre più discariche, portano i giornali a conquistare click tralasciando verifica e contenuti di qualità. Per Mentana è «il sistema del web che te lo impone. Il problema non è che l’informazione banalizzi il web ma che questa ci abbia creduto troppo: attraverso il web sono stati regalati notizie e articoli e da lì non si è tornati più indietro. Questo, ha fatto sì che i giornali venissero derubati della loro sostanza e che gli stessi giornalisti dovessero ideare titoli “acchiappaclick” banali». «Ma il web rincorre sempre i mainstream» – controbatte Damilano. «Basta guardare le tendenze di hashtag che al primo posto hanno sempre i titoli delle trasmissioni televisive. Quello che manca in Italia – tranne alcune eccezioni – sono gli autentici giornali online che stando sul mercato, riescono a diventare una fonte di informazione da cui non si può prescindere.

Tra le questioni anche la diretta streaming social che pochi giorni ha visto protagonista il presidente del Consiglio Matteo Renzi (#matteorisponde). Renzi, dunque, ha rottamato i giornalisti? «Ricordiamo anche chi aveva una televisione per parlare in filo diretto con i propri elettori… » incalza Mentana. «I talkshow non piacciono perché i politici poi devono prestarsi al confronto. Con i social, invece, a domanda gli utenti ottengono risposta senza possibilità di replica». Per il giornalista de l’Espresso «in questo non c’è nessuna modernità perché ogni politico vorrebbe parlare da solo. La modernità semmai sta nel fatto che oggi la politica la fanno direttamente i candidati, le istituzioni delegittimando quello che in una società democratica è la libertà di criticare il potere».

Per il direttore dell’informazione di La7 il problema sta nel fatto che «i giornali vogliono raccontare la politica come si raccontava al tempo di Berlinguer ed è per questo che Renzi batte i quotidiani a colpi di dirette social.  Ci vuole modernità e questa la si ottiene impiegando giovani giornalisti nelle testate. I giovani non leggono e non si informano più perché non trovano dei “mediatori” in linea con la loro generazione».

condividi su