Uno scenario di guerra. C’è solo distruzione e
il silenzio, che si alterna all’assordante rumore delle ruspe.
Alla natura
sono bastati 142 secondi per distruggere case, scuole, piazze e ricordi. Tutto
si è sbriciolato e mai, come in questi casi, l’uomo percepisce la sua
fragilità, la precarietà della vita; una vita che ci illudiamo di poter
governare a nostro piacimento, ma che invece riafferma la supremazia sulla
esistenza.
«Amatrice non esiste più», sono le parole di un
sindaco che non riesce a trattenere la disperazione. Una frase che rimarrà,
drammaticamente, nella memoria di ognuno di noi. La notte del 24 agosto alle
3.36 Amatrice, Accumoli, Arquata del
Tronto, Pescara del Tronto e molte piccole frazioni sono state colpite dalla
furia del terremoto che ha provocato quasi 300 morti. Sono passati dieci giorni da
quella scossa di magnitudo 6.0 che ha distrutto tutto, portandosi via intere
famiglie. Da quel momento quasi mille uomini, tra Vigili del Fuoco,C roce
Rossa, Protezione civile, Carabinieri, Corpo forestale, e volontari, senza mai fermarsi,
hanno estratto dalle macerie centinaia di persone e soccorso i
sopravvissuti.
Le tendopoli allestite dalla Protezione civile ha una capienza di 1600
posti e solo martedì sono stati assistiti 3554 superstiti. I bambini sono i
soggetti più deboli, disegnano case distrutte e ricostruiscono con i pennarelli
la tragedia di quegli attimi. Molti hanno perso almeno un familiare, un
genitore o un fratello, e gli psicologi di Save The Children parlano infatti di
un «alto rischio di crollo emotivo».
I social si sono rivelati fondamentali per organizzare i primi soccorsi,
tra emergenze di sangue, cibo e coperte. A sorprendere è stata la prontezza nel
voler aiutare, fare qualcosa di concreto. In qualche modo, anche se in una
situazione drammatica, ha vinto la solidarietà. Un volontario della Protezione
civile di Ciampino ha confessato che una sensibilità così tangibile ha dato
ancor più forza a chi, come lui, ha lavorato e continua a lavorare senza sosta.
La solidarietà è partita dalla gente
comune, ma ha coinvolto anche personaggi dello spettacolo, la Cei, la Comunità
Europea. La Ferrari ha messo all’asta una vettura di una serie speciale
limitata e il ricavato verrà destinato interamente alle zone del sisma. New
York, Toronto, Rio de Janeiro hanno illuminato i loro monumenti con il
tricolore italiano, simbolo di una vicinanza oltreoceano.
In questo clima di umanità anche lo sport non è rimasto a guardare. Infatti
la squadra italiana di pallavolo maschile ha donato, per la ricostruzione, il
premio ricevuto alle recenti Olimpiadi di Rio de Jainero. In ambito calcistico
invece, dal 3 al 10 settembre, dalle 14 alle 21, gli Ultras della Roma organizzeranno
una colletta per i terremotati. L’iniziativa avrà luogo nei pressi del
Tiburtina Valley Sporting Club e raccoglieranno materiale scolastico, giochi
per bambini, medicinali, materiale per le pulizie generiche, stufe. I tifosi si
dicono motivati nell’aiutare i loro «fratelli in difficoltà, per farli sentire
meno soli». Un bel momento di fraternità, almeno per un giorno oltre i colori,
tutti insieme e con un unico obiettivo: aiutare i terremotati. Gli Ultras
vorrebbero dare continuità all’iniziativa solidale, anche quando i riflettori
non saranno più puntati sulle rovine dei paesi distrutti. Pensano, nei
mesi successivi, di mobilitarsi e organizzare altre collette per gli abitanti
delle province terremotate.
Anche la Lazio ha stanziato
una somma per il recupero e la ricostruzione degli impianti sportivi distrutti
dal tragico sisma.
Fiorentina, Chievo, Napoli, Milan, Juve e Palermo devolveranno invece gli incassi delle partite alle
popolazioni vittime del terremoto.
Nel 2006 l’Italia è stata campione del Mondo. Oggi
l’Italia può vantarsi di essere anche campione di solidarietà e umanità.