Passato, presente e futuro del fotogiornalismo nel dialogo tra Tommaso Sardelli, docente di Teoria e tecniche dell’Immagine alla FSC, con Enrica Scalfari responsabile dell’agenzia AGF (Agenzia Giornalistica Fotografica), che si è tenuto mercoledì 29 nella Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’UPS.
Esistono svariati tipi di agenzie fotografiche, secondo Scalfari, con diverse strutture e diversi modi di agire, ma tutte accomunate dai mutevoli rapporti con i propri clienti; una clientela che spazia dai quotidiani al mercato pubblicitario e in generale a chiunque necessiti di immagini. I cambiamenti nel corso del tempo sono stati notevoli, in particolar modo negli ultimi anni. Se, infatti, per 25 anni si è lavorato sempre secondo modalità prestabilite (pur con qualche innovazione tecnologica), con l’avvento del digitale tutto è cambiato. Sono pochi i fotografi che utilizzano ancora la pellicola, che richiedeva tempo per lo sviluppo delle foto, e quei pochi che la usano spesso lo fanno per passione o per fare foto prevalentemente di valore artistico. Ora, invece, la velocità e quindi il vantaggio che dà il digitale è vincente.
Il mercato “non perdona” chi arriva tardi, portando a vere e proprie rivoluzioni organizzative, per evitare di scomparire. Chiudere, infatti, è il destino di molte piccole agenzie che non riescono a stare al passo dei nuovi standard imposti dal mercato, o al massimo di essere inglobate dai giganti di questo settore come lo sono Getty Images e Shutterstock, organizzazioni talmente grandi da potersi permettere di offrire le proprie fotografie a prezzi “ridicoli”, che non temono concorrenza.
Un altro grosso problema è nato dalla grande quantità di materiale prodotto non dai professionisti, ma persone comuni, armate semplicemente di smartphone, che spesso e volentieri cedono le proprie immagini gratuitamente, per la sola soddisfazione di vederle pubblicate su importanti testate o sui siti internet. Quali strategie ha adottato, dunque, la AGF per riuscire a ritagliarsi uno spazio in questa “giungla”? Sicuramente si è cercato di rimanere aggiornati a livello strumentale, acquistando man mano strumenti sempre più nuovi. In più si è cercato di adeguare anche la velocità di produzione, utilizzando per gli scatti anche gli smartphone, che ormai hanno fotocamere di altissima qualità. Il fatto certo è che, proprio per questo, il mercato è ormai saturo di immagini e diventa quindi indispensabile abbassare i prezzi di vendita e riducendo i profitti. Di conseguenza si diminuisce ai minimi termini la capacità di “sopravvivenza” professionale chi fa questo mestiere. Anche fidelizzare e variare il più possibile la propria clientela è stato fondamentale, ha sostenuto la direttrice: sarebbe stato impossibile, infatti, vendere esclusivamente al settore giornalistico e alcuni clienti che si rivolgono ad AGF lo fanno a scopo pubblicitario.
Durante l’incontro è stata sollevata anche un’altra questione fondamentale, ovvero quella legata alla spettacolarizzazione del dolore. Enrica Scalfari ha risposto che ogni giorno arrivano all’agenzia immagini cruente da ogni parte del mondo, ma la sua politica è stata sempre quella di scartarle immediatamente. Questo non significa che determinate situazioni non vadano documentate, ma ogni evento, per quanto violento sia, può essere fotografato o ripreso seguendo una linea etica.
Le agenzie fotografiche più piccole non stanno vivendo un periodo felice e faticano sempre più a rimanere aperte, ma più in generale è il mestiere del fotografo ad essere diventato un lavoro eroico. Questo in parte è dovuto alla mancanza di tutela, sia dal punto di vista professionale, poiché manca un sindacato, sia dal punto di vista del mercato, che viene lasciato in balia delle leggi del capitalismo più sfrenato. Il fotogiornalismo viene sempre più spesso considerato un giornalismo di categoria inferiore. Rimane, però, il fatto che la qualità e l’originalità del materiale prodotto siano ciò che rende indispensabili le agenzie fotografiche.