04 Mag 2017

Immigrati. Cosa fai quando hai davanti a te una persona che soffre?

Le migrazioni sono normali, nella storia dell'umanità. Dobbiamo diventare più capaci di condividere. Intervista con padre Vincente Anes, dei Missionari Clarettiani.

L’accoglienza è un valore cristiano, oltre che umanitario, quindi, se il numero dei migranti è alto, «dobbiamo elaborare delle strategie su come far fronte a questa realtà». Padre Vincente Anes, della congregazione dei Missionari Clarettiani, ci parla del problema dell’immigrazione e del modo giusto di affrontarlo.

Il Papa parla continuamente della protezione e dell’accoglienza degli immigrati. Ma, in realtà, è difficile, perché il numero di migranti è alto. Cosa ne pensa?

«Quello della migrazione non è un fenomeno nuovo.

Gli
uomini sono sempre stati migranti, fin dall’inizio. Si tratta di un fatto naturale. Le persone si spostano verso le migliori opportunità per una vita migliore: è solo l’egoismo che
ci fa vedere questa realtà come un problema. Ora, venendo alla tua domanda, il santo Padre vede prima di tutto la persona umana prima di lui che soffre, che si trova per strada senza un posto in cui soggiornare o senza cibo
da mangiare. Lui vede la vittima, prima di qualsiasi altra implicazione politica. Ma questo invito del Papa non è motivato solo sul piano del sentiment è molto Cristiano più ancora che umanitario. Quindi, secondo me, il continuo invito del Santo Padre proteggere e prendersi cura  degli immigrati è molto corretto.
È vero che il numero degli immigrati, non solo in Italia, ma anche nel resto dell’Europa, degli Stati Uniti e del Canada è alto. Quello che
dobbiamo fare, allora, è elaborare delle strategie

su come far fronte a questa realtà. Credo sempre che se
usciamo un

po’ dei nostri cerchi egoistici possiamo fare molto».

Quali sono i motivi per cui immigrati
arrivano in Italia?

 

«Le motivazioni sono diverse. Quella principale è la motivazione economica. Una
maggioranza di persone migrano in Italia per trovare posti di lavoro e benessere. Difficoltà
economiche e fame sono fattori che spingono le persone a lasciare i propri Paesi.
Un’altra motivazione è chiedere asilo dalla
guerra: un grande numero di persone stanno migrando in questi giorni dalla
Siria. Un’altra piccola percentuale chiede protezione umanitaria da persecuzioni o dal timore di
persecuzioni a causa della razza, della religione e della nazionalità».

Alcuni dei migranti sono ben istruiti: sono

insegnanti, professori, tecnici e ingegneri anche. In realtà, avrebbero una vita
migliore nel loro Paese, mentre quando arrivano qui in

Italia devono iniziare tutto da zero. Non hanno un posto
per soggiornare o

mangiare.

«Sono d’accordo con quello che dici. Alcuni sono ben
istruiti e si trovano ad affrontare un problema psicologico molto grande, quando
si trovano ad affrontare la realtà qui in Italia. In quasi tutti i Paesi devono
iniziare la loro vita da zero. Non ottengono lavori adeguati al
loro titolo di studio, e questo scarica una grande pressione su di loro. Ho incontrato
alcuni migranti che erano insegnanti e tecnici nei loro Paesi e che sono
venuti qui a causa della guerra. Qualunque sia la ragione per cui sono venuti, hanno
difficoltà finanziarie, difficoltà psicologiche e difficoltà sociali e
culturali. È molto dura: non si può capire la loro situazione dolorosa se non ci si mette nei loro panni. Credono di trovare, in Europa, un grande pascolo verde, ma in realtà non è
così. È una illusione. Ci sono organizzazioni che ingannan queste persone vendono loro terre, le loro mucche e loro
bestiame e danno i soldi alle organizzazioni, le quali promettono loro opportunità di lavoro, ma in realtà li
portano qui e li lasciano in riva al mare o nel mare, a volte. È un grande business. Così perdono tutto, mentre le loro famiglie sono in ansia e attendono qualcosa per sfamare i figli. In ultima analisi, finiscono
in moderni tipi di schiavitù: diventano schiavi perché non hanno carte adeguate
nelle loro mani».

Cosa intende per “schiavitù”?

«Che devono lavorare per un
salario molto basso. Vivono con condizioni disumane. Questa è la
situazione dolorosa di queste persone».

 

Da quali Paesi arrivano gli
immigrati in Italia?

«La lista è lunga. Ci sono immigrati provenienti da Romania,
Albania, Marocco, Cina, Ucraina, Filippine, India, Bangladesh, Egitto, Perù,
Sri Lanka, Pakistan, Senegal, Ecuador, Nigeria, Ghana, Brasile, Polonia.
Secondo i dati Unhcr, tra il 1 gennaio e il 31 dicembre 2016 sono sbarcate in
Europa 361.678 persone, di cui 181.405 in Italia e 173.447 in Grecia».

La
stragrande maggioranza degli italiani nativi guarda la crisi dell’immigrazione immigrazione come
un duro colpo al proprio Paese. Incolpano i migranti di rubare
opportunità di lavoro, il futuro dei loro figli e perfino di sporcare le
città. Come fare in questa
situazione?

«Questo è molto vero. Molta gente, in Italia, guarda a questo problema come a una vera e propria crisi. Le accuse
sono tutte corrette. La mia domanda è solo questa, dove ci collochiamo, quando un
altro essere umano soffre di fronte a noi?».

Ci può essere qualcosa di positivo in
questo fenomeno dell’immigrazione?

«Si.
L’Europa può non andare avanti,
senza il supporto della gente che viene da fuori. Hai bisogno di persone che lavorino nelle
fabbriche, nelle case e nei campi. Immaginate: se tutte le
persone migrate vengono rimosse dall’Europa, come potrebbero funzionare i Paesi?.
Inoltre, come ho già detto, la migrazione è un fenomeno naturale. Dopo
la seconda guerra mondiale, e anche prima, molte
persone dall’Italia migrarono in America. La storia si ripete».

Gli immigrati hanno bisogno di essere aiutati, a
volte a costo di sacrificare un po’ di benessere. Lei è d’accordo?

«Certamente! Come ho detto, non possiamo
stare a guardare senza fare nulla, quando tuo fratello
e tua sorella soffrono. Abbiamo bisogno di diventare persone capaci di condividere le nostre risorse».

È perché lei è uno straniero, che si appassiona a questo argomento. Se tale situazione si verificasse nel suo Paese, ne parlerebbe con la stessa convinzione? 

«Stai facendo una domanda molto forte.

Rispondo dalla mia coscienza, perché si tratta della mia
coscienza.

La mia convinzione di lavorare per gli immigrati proviene
da Gesù, che ha sempre voluto alleviare il dolore e la sofferenza: basta pensare al buon
Samaritano, che si prende cura della persona che è stata picchiata e ferita.. Così, ovunque io
sia o da dove io venga non importa. Per me la persona umana è importante.
Il mio mandato proviene dal Signore Gesù. Penso che Papa Francesco abbia la
stessa convinzione. A volte questo mondo sembra non poter capire quest è
così egoista e sembra abusare le persone vulnerabili e ferite».

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