Roma. Un congresso sempre più internazionale mantiene solidi gli ideali dell’Università Pontificia Salesiana, capace di accogliere ogni anno studenti ecclesiastici e laici da ogni parte del mondo. Integrazione e ascolto della comunità sono i punti di forza di una congregazione, che cerca da sempre il contatto diretto con i giovani, protagonisti assoluti di questo sinodo.
La giornata è iniziata con il saluto della superiora generale dell’istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, madre Yvonne Reungoat, che ha esaltato la tematica relativa all’importanza dell’ascolto, spiegando che un ascolto senza pregiudizi e senza accuse è capace di accompagnare i giovani verso la verità. Il giovane attraverso l’ascolto riesce a sentirsi importante nella società, perché valorizzato come un individuo capace di generare verità, idee, per questo ha ammonito tutti gli adulti che spesso dichiarano di non avere tempo per ascoltare un giovane in difficoltà: «Non credo che abbiamo poco tempo a disposizione, credo al contrario che dovremmo essere noi a stabilire come utilizzare il tempo durante la giornata», ha detto ai nostri microfoni.
Al centro della giornata c’era la tavola rotonda su “La vita dei giovani: modelli, stili, valori e scelte”. Vivien Meli Meli, docente dell’Université De Dschang in Camerun, si è concentrato sulle influenze storiche del suo Paese, le traiettorie contemporanee, le diversità, stratificazioni sociali e l’indebolimento dei modelli strutturali, il forte processo di democratizzazione e globalizzazione.
Importante è il dato secondo cui Paesi come Chad, Burkina Faso, Niger e Burundi hanno solo un quarto di bambini che riescono a frequentare la scuola. L’Africa sub-sahariana detiene ancora il primato di analfabetizzazione scolastica, inoltre libri e materiali didattici non soano adatti ai giovani, le strutture soano retrograde e non adeguate.
Il professore ha concluso spiegando che l’alta frequenza di ripetizione, riorientamento o rinuncia porta la gioventù africana a vivere in un contesto di frustrazione e sofferenza. Occorre quindi costruire una scuola di costruzione e produzione, non di informazioni e nozioni fine a se stesse.
Johnson Parackal, docente del Don Bosco Institute Joypur in l’India, si è concentrato sull’Asia Meridionale, focalizzando la sua ricerca sulle tematiche più interne del Paese: aumento incontrollato della popolazione giovanile e povertà assoluta in diverse zone del paese. Ha illustrato le speranze e gli elementi negativi; le prime esaltano una crescita multiculturale, un aumento della popolazione giovanile, una riduzione della differenza di generi, un lento aumento dell’alfabetizzazione giovanile. Le seconde evidenziano un record negativo di povertà, un’incapacità di tutelare i giovani, una condizione della donna ancora critica, una crescita esagerata di disoccupazione giovanile e un alto numero di suicidi giovanili nello Sri Lanka. Le possibili soluzioni stanno nell’apertura progresso tecnologico, di nell’informazione e nella formazione e chiamano in causa la Chiesa ad una maggiore presenza come figura guida per giovani e non.
Krzysztof Pawlina, docente del Collegium Joanneum di Varsavia in Polonia, ha posto l’accento sui giovani dal 1993 al 2003, sostenendo che mai vi è stata una differenziazione così netta tra generazioni vicine fra loro. Secondo Pawlina tutto ciò è stato scaturito da una grande evoluzione digitale che tiene il mondo in continuo cambiamento, influenzando nettamente il pensiero e il modo di vivere dei giovani.
Analizzando i giovani degli anni del comunismo e i giovani del post comunismo, i Millennial, Pawlina ha affermato che i primi avevano uno stile di vita basato sulla voglia di imporsi attraverso lavoro, associazioni no profit, cura delle proprie aziende, fede religiosa e dialogo attivo. I secondi invece dimostrano voglia di fare soldi anche senza lavoro, tenenza a perdersi in attività fine a se stesse, scarso interesse verso le istituzioni religiose e un attaccamento morboso verso i social e il mondo virtuale.
Come accedere, quindi, al blindato mondo dei giovani? La chiave sta nell’entrare in punta di piedi nel loro universo. Occorre conoscerli senza giudicarli o umiliarli. L’adulto deve entrare nel campo, attuare un’osservazione partecipante, in modo tale di venire accettato senza essere avvertito come un intruso o una minaccia.
Mario Sandoval Manriquez, docente dell’Universidad Catolica Cardenal Raùl Silva Henrìquez di Santiago in Cile, ha offerto uno sguardo panoramico sull’America Latina, sui giovani, le loro condizioni di vita e i vari cambiamenti avvenuti. I Paesi latini con indice di sviluppo umano (ISU) più alto sono Cile e Argentina, mentre Honduras e Haiti sono tra quelli con indice più basso. I 5 Paesi con più morti infantili sono Honduras, Venezuela, El Salvador, Colombia e Brasile. Il livello di istruzione è molto basso in gran parte dell’America Latina. Il lavoro è precario e 108 milioni di giovani tra i 15 e i 24 anni lavorano in maniera informale, mentre solo il 29% lavora regolarmente ed è inserito in un sistema pensionistico.
Chi influisce di più sulle scelte di vita dei giovani? Secondo Sandoval Manriquez l’istituzione che spesso ha più presa sui giovani è la famiglia, con il 70%, mentre la più bassa è la politica con 9%. L’augurio che i giovani possano trovare di nuovo risposte e sostegno da parte della chiesa, riavvicinandosialla religione per intraprendere scelte mature e responsabili.