Nella Facoltà di Teologia della Università Pontificia Salesiana di Roma, giovedì 11 ottobre, si è svolto il “Seminario sull’Amazzonia. Contraddizioni, lacerazioni e profetismo. Uno sguardo verso il Sinodo dei vescovi 2019”. Evento che aveva l’obiettivo d’introdurre la famiglia salesiana in questo cammino di riflessione.
«Ovviamente quando si tratta dell’argomento Amazzonia è in gioco anche il lavoro della Chiesa: non si tratta soltanto della biodiversità, della diversità di culture, ma soprattutto dello scopo della presenza della Chiesa in quel contesto», ci ha spiegato il professor Damásio Medeiros SDB, Decano della Facoltà di Teología, spiegando la volontà dell’Università d’approfondire quest’argomento. «Poi ci sarà una seconda fase, fra un mese proprio a Manaos, nel centro dell’Amazzonia, con i missionari salesiani che lavorano in quel contesto, insieme a diversi vescovi, studiosi e ricercatori per approffondire anche il tema del Sinodo. E all’inizio del mese di febbraio è già programmato – da parte della nostra Facoltà insieme al Dicasterio della Missione – un Convegno Internazionale, in cui vogliamo ascoltare anche la leadership comunitaria, eclesiale e anche del mondo accademico. Verrano dell’America Latina a condividere questa realtà ricca per la Chiesa, ma sopratutto per i popoli che vivono lì e per tutto il mondo».
Ma come coinvolgere tutto l’ateneo in questo percorso? «In occasione del Convegno Internazionale di febbraio, i docenti della diverse facoltà saranno chiamati a intervenire, a colaborare, a offrire il proprio contributo a questa riflesione, sopratutto del punto di vista dell’educazione e della comunicazione», così come sta già facendo la Rete Ecclesiale Panamazzonica–REPAM, ha sottolineato il professor Medeiros.
Un altro relatore, il professor Antonino Colajanni SDB ha detto che «quasi tutti gli ordini religiosi si stanno concentrando nella preparazione del Sinodo. L’esperienza della foresta è un’esperienza fondamentale perché ci fa tornare a una visione integrale e globale dell’uomo come membro di una comunità, ma in un contesto ambientale».
Don Juan Bottasso SDB, mentre parlava di avere una visione integrale della Amazzonia, ha presentato una proposta ai figli di Don Bosco: «I salesiani possono presentare al Sinodo due grandi icone, due grandi simboli, due paradigmi di quello che può essere l’azione tra gli indigeni: padre Rodolfo Lunkenbein SDB – martire salesiano in Brasile – che coscientemente, sotto minaccia, sapendo a che cosa si esponeva, è andato, pieno di vita e di gioventù, incontro alla morte per difendere il territorio. L’altro grande, padre Luis Bolla SDB – padre Yánkuam’, missionario salesiano tra il popolo indigeno Achuar in Equador e Perù –, ottanta anni condividendo la vita di un popolo che è sempre stato definito selvaggio, ma di cui diceva: “il popolo più nobile che ho conosciuto in vita mia”. Li ammirava tanto». «Non è andato là dicendo “poveri selvaggi, mi sacrifico per insegnare qualcosa”, ma piuttosto dicendo: “voi sapete tante cose, avete molto da insegarme a me. Però la vostra cultura non è perfetta. Vengo a camminare in mezzo a voi, con voi, perchè l’assedio che vi circunda è terribile, voglio accompagnarvi. Lo ha chiesto come un favore. Non è il missionario che va come un padrone, che va a dettare legge, che va cambiare i costumi. È il missionario che va imparare, a scoprire il perchè di certe forme culturali, con amore, con allegria», ha detto il direttore dell’Archivio Storico dell’Inspectoria Salesiana Corazón de Jesús dell’Ecuador.