29 Nov 2018

La fragilità è la parte più vera di noi. Ce lo insegna Leopardi

Essere fragili è un'arte, sostiene Alessandro D'Avenia in un suo noto libro. Tanto più in un mondo dove vince chi è più forte, dove sin da piccoli ci insegnano a difenderci dagli altri, e a volte anche da noi stessi.

Nel suo libro “L’arte di essere fragili” (Mondadori, pp. 216, 2016) Alessandro D’Avenia, professore e scrittore, racconta la storia di un poeta che fra i banchi di scuola ci viene presentato sotto le vesti di un pessimista cosmico, ma che in realtà è tutt’ altro: è Giacomo Leopardi, il poeta che aveva capito che essere fragili è un’arte.

Leopardi era un uomo fragile, fisicamente prima di tutto, infatti sin da piccolo aveva avuto problemi di salute.

Ma era fragile anche nell’animo, un animo malinconico che lo portava però a cercare continuamente il suo “rapimento”, ovvero quella passione che da senso alla vita, e che la rende piena.

I “limiti”, fisici e non, di Leopardi lo portano a nascondersi in un pianeta tutto suo, fatto di biblioteche, di libri e di studio “matto e disperatissimo”. Probabilmente si nascondeva perché non si sentiva all’altezza del mondo… Ma forse era il mondo a non essere alla sua altezza, all’altezza dei fragili!

 

Il mondo sin da piccoli ci insegna che occorre nascondere le proprie debolezze, e mostrarsi forti. 

Le persone fragili vengono viste come persone insicure, che non hanno un grande ego. Ma l’ego è una cosa positiva? Di per sé, sì. L’ego infatti, come ci insegna la psicologia, è necessario per costruire un’identità propria. Fino a qui tutto bene, è giusto che ognuno abbia una propria personalità. Il rischio è quello di mettere il proprio ego, il proprio Io, al centro di tutto.

D’Avenia, tra le righe del suo libro, ci spiega però che l’ego è solo un’armatura. L’ego è lo scudo con il quale le persone che si ritengono “forti”, proteggono le loro insicurezze. Ed è qui che possiamo capire una cosa: tutti siamo fragili. C’è però chi non ha paura di mostrare la sua fragilità, proprio come Leopardi, e c’è chi la difende tramite l’ego.  

 

Un’altra cosa che ci insegna il mondo è che l’amore è una cosa per deboli. Ma nella realtà dei fatti anche dietro questa convinzione, si nasconde la paura: paura di essere delusi, di scoprisi incapaci di amare, di non essere amati quanto vorremmo.

Leopardi, da buon fragile, amava e non aveva paura di farlo. Amava la poesia, la letteratura, ma ha amato anche una donna: Teresa, che tutti conosciamo con il nome poetico di “Silvia”.

Ne “L’arte di essere fragili”, D’Avenia ci fa quindi capire quello che nessuno ci ha mai detto su Giacomo Leopardi. Ci fa cogliere la lezione di vita che questo poeta, che nel 2018 probabilmente verrebbe etichettato come uno sfigato, depresso e con la gobba, ci regala: ciò che ci separa dalla felicità non sono né i limiti né le difficoltà, ma è la paura. La paura di stare male, di essere delusi, di non essere amati, di non riuscire a realizzare i propri sogni. E quella paura, senza rendercene conto, ci paralizza. 

 

Dobbiamo mostrare la nostra fragilità perché è la parte più vera di noi. È quella parte di noi non contaminata dalla paura, che ci permette di incontrare il nostro “rapimento”… quel “qualcosa in più” che da senso alla nostra vita!

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