14 Feb 2019

Le nostre vite connesse, deformate dal narcisismo

Passare troppo tempo sui social ci fa dimenticare che c'è una vita vera, che ci dà emozioni

Il mondo dei “social” ormai ci ha raggiunti ovunque, capire quale sia il netto confine tra ciò che siamo sui social e nelle vita reale è praticamente impossibile.

Siamo nell’era delle app e delle identità inventate, immaginate, ma soprattutto perfette, infatti appariamo tutti più belli rispetto a quello che siamo nella vita reale e nella quotidianità, ma tutti sappiamo bene che ciò che emerge da questi social (Twitter, Facebook) non è quello che siamo di tutti i giorni.

Patricia Wallace, insegnante della Graduate School di Maryland University College che si occupa di psicologia delle relazioni e dell’apprendimento, attraverso ricerche e studi ha tracciato il profilo psicologico di chi si interfaccia sui social.

 

Si ha per l’appunto una visione potenziata di se stessi, che porta in un certo senso a un narcisismo, una visione distorta e alterata della realtà. L’abuso compromette la stessa psiche della persone, creando effetti negativi per il nostro cervello.

Ciò che perdiamo è la nostra vera identità, la nostra stessa natura; passare troppo tempo su un social come può essere Facebook ti può far sprecare tempo, facendoci dimenticare che la vita sui social è fittizzia e la vita vera si vive e ci dà emozioni al contrario di appuntamenti virtuali sui social che ci rendono infelici.

La vita cosidetta “online” ci stressa e ci rende nervosi senza nemmeno rendercene conto. È chiaro che vogliamo essere online perchè tutti vorremmo una vita da sogno, dove si sta sempre sul mare, sorseggiando apertivi e degustando cene “Gourmet” a più non posso, ma la vita vera è un altra, è fatta anche di sofferenza, sacrifici e ipegno e non solo di momenti felici come i “social” ci vogliono lasciar intendere.

 

I destinatari principali di questo modo di vivere sono i giovani, anche se gli adulti ne fanno un uso smodato a causa anche di nuove figure lavorative professionali.

Esiste quella che ormai si definisce vita offline, fatta di apparenza e momenti apparentemente felici e perfetti, una vita che dovremmo prendere tutti un po’ più in considerazione, in questo marasma di piattaforme online.

Non scordiamoci che siamo essere umani e non macchine, che viviamo di emozioni e sentimenti e che senza di questi la nostra vita diventerebbe sempre più buia e vuota, come già sta accadendo, senza sapere che condividere tutto è perderlo, perchè è già morto se reso pubblico. 

L’importante non è cosa si pubblica, ma la notorietà che si ha nel pubblicare quel qualcosa e così facendo si innesca quel meccanismo a spirale dell'”essere virali”, confermando il detto sentito e risentito nel nostro gergo giornalistico: “Se ne parli bene o male, puchè se ne parli”.

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