02 Mag 2019

Lettera spoglia a una vittima bambina

Una riflessione silenziosa intorno al rumoroso fragore dei fatti di cronaca degli ultimi periodi

Caro bambino/a ti scrivo,

non so chi tu sia, come tu non sai chi sono io, ma lo faccio lo stesso, annebbiato dal silenzio di questa stanza, che pesa come un macigno sulla testa. Ti scrivo perché le mani del tempo mi hanno annodato la gola, ed ogni parola sbagliata mi punge il petto, fino a tagliare le corde di chi piange in silenzio.

 

Non ci sono più lacrime, sapessi quanto può essere bello il pianto della tua età tra le vesti di una mamma o un papà. Ora ti prego non giudicarmi forte: non piangere non significa essere duri uomini, come dicono alcuni dei tuoi compagni di classe. Se non piovesse da mesi e da anni, come si ridurrebbe la nostra amata Terra? Immagina grandi campagne aride e terre secche, devastate dalla siccità e dal calore. Piangere serve a non inaridire le nostre anime, a rendere la nostra testa più fresca per compiere semplici gesti verso qualcuno o qualcosa.

Debole e sbagliato non sei di certo tu, ma chi durante la Santa Pasqua ha deciso che il tempo tuo dovesse finire all’interno di quel luogo che tuo padre e tua madre, sorridenti, avevano sempre raccontato come la casa di un certo Signore. Sei andato via con altre 290 persone, durante gli attentati in Sri Lanka, senza neanche salutare, senza poter capire chi fosse questo Signore, senza poter urlare aiuto. Mentre ora, dovunque tu sia, ti guardi intorno insieme alle altre 290 vite spezzate, riesco a vedere i vostri sguardi accigliati, ricchi di rabbia, alla ricerca di qualche spiegazione.

 

Non ti ho scritto per dare la soluzione alle tue domande, ho scritto per provare a piangere, ma anche sta volta ho perso tempo. Ti chiedo scusa per il mio egoismo, ma una cosa te la devo dire; il mondo brucia caro ragazzo/a, bruciano le strade, le case della gente, l’egocentrismo dei politici, sfoggiante non nelle piazze, ma in nuove agorà immense, avvolte in spazi virtuali e indefiniti dei social network. Brucia la storia millenaria della cattedrale di Notre-Dame di Parigi, bruciano volti di donne martoriate da amori nati e finiti sbagliati. Bruciano i corpi di persone, colpevoli di professare liberamente una religione piuttosto che un’altra. Ti chiedo scusa se perdo di vista il tuo volto così puro, ti chiedo scusa se per noi umani la pace sia solo un’invenzione sociale.

Copriti le spalle, fai buon viaggio e se qualche volta dovesse piovere ricordati di non asciugare le guance inaridite dal silenzio e dolore di questi amari giorni.

 

condividi su