«Educare alla politica risponde ad un bisogno sociale, perché la società possa essere composta ed avvalersi di cittadini capaci di chiedere ed esercitare la democrazia in modo critico ed autonomo, secondo un progetto di uomo e di donna preciso» (Tratto da “Educazione e politica. La formazione del cittadino attraverso la cittadinanza attiva” di Edi Puka e Dilina Beshiri).
I bisogni sociali rendono gli uomini intraprendenti. Lottare o semplicemente vivere all’insegna del perseguimento dei propri bisogni sociali, può essere considerata costruzione di scopi e obiettivi. Inoltre, il raggiungimento di un determinato traguardo, a volte, presuppone cooperazione, contatto con altri individui, interazione sociale. L’uomo è un animale sociale, questo è assodato da tempo, determinate affermazioni furono elaborate già nell’antichità da Aristotele. L’essere umano ama discutere, argomentare, confrontare, ma soprattutto indottrinare e persuadere.
Sin dalla primissima comparsa sulla Terra, l’uomo ha sempre cercato di lasciare un segno, una traccia di sé. Non bisogna, tuttavia, giudicare questa indole come un atto di puro narcisismo. È inappuntabile che l’indole di protagonismo sia presente, soprattutto nelle menti più brillanti, tuttavia la figura umana può essere definita come quella di un soggetto intrinsecamente legata all’universo della pedagogia. Che cosa vuol dire?
In altre parole, l’uomo non può fare a meno dell’educazione perché essa è strettamente legata alla sfera comunicativa, tanto cara a esso. L’uomo comunicatore ha reso la comunicazione come elemento fondante e comune in tutte le società, Quando c’è comunicazione, di conseguenza c’è anche educazione. Perché? Semplice ma mai banale; chi comunica – nel gergo tecnico emittente – invia un messaggio, il cui contenuto verrà interpretato in maniera positiva o negativa da chi ascolta – ricevente –, in base al linguaggio usato dall’emittente – codice –, il mezzo usato per cui passa il messaggio – canale –, la situazione in cui avviene la comunicazione – contesto – e il tema affrontato – referente –.
Una cosa è certa, ogni qualvolta il ricevente ascolta un messaggio, non tornerà mai allo stadio iniziale, perché condizionato implicitamente o esplicitamente dalla forza persuasiva dell’emittente. Si è verificato un atto comunicativo, ma al contempo anche educativo, positivo o negativo che sia.
L’uomo è consapevole del suo potere comunicativo, ma proprio per questo ha bisogno di fattori che possano tenere sotto controllo una tale risorsa. La comunicazione è la luce di un fuoco che arde nelle tenebre di un fitto bosco, può riscaldare, guidare, illuminare, ma in mani sbagliate potrebbe bruciare. Quali potrebbero essere le strategie utili a salvaguardare una risorsa così ricca?
La risposta istintiva è certamente l’educazione, come si è spiegato precedentemente essa può essere definita come un’istanza intrinseca all’uomo. Se la comunicazione è una dimensione incredibilmente vasta, figuriamoci l’educazione. Educare deve presupporre dei fattori, deve far riferimento a vere e proprie responsabilità. Chi educa assume un ruolo fondamentale, assume le vesti di una figura che potrebbe diventare, nel bene o nel male, modello di riferimento. L’educatore non è riconducibile esclusivamente alla figura dell’insegnante, esso può essere chiunque, a partire dalla figura del politicante. Proprio quest’ultimo calza a pennello con la citazione posta ad inizio articolo, a cui segue adesso una domanda decisiva.
Perché è importante anche considerare educazione e politica?
«Fare politica non significa spingere i ragazzi/e a pensarla come te, e schierarsi per un orientamento politico specifico, ma vuol dire spingerli a pensare, a sostenere la loro capacità di elaborare un pensiero critico». (Tratto da “Fare educazione significa fare politica” di Annalisa Falcone).
In questo estratto di un articolo di Annalisa Falcone, c’è tutta l’essenza di un’esigenza sociale, di un vero e proprio bisogno sociale: quello di formare vere e proprie teste autonome pensanti.
L’anello mancante e costitutivo della comunicazione e dell’educazione è proprio la politica. Queste tre dimensioni separate hanno valori e qualità differenti, tuttavia unite costituirebbero un’arma di conoscenza e intraprendenza assoluta. Attraverso un’educazione attiva alla realtà politica, non si parlerebbe di chi ha ragione tra destra e sinistra, bensì si scoprirebbero istanze fondamentali che circondano la nostra attualità, partendo dal passato, al fine di costruire il ritratto di un ipotetico futuro.
L’educazione alla politica non forma esclusivamente politici del futuro; costruisce le teste dei cittadini del mondo di domani.
«Ritengo importante educare alla politica ed alla legalità, poiché è necessario sviluppare nei più giovani il senso di responsabilità individuale e la consapevolezza dei diritti del bene comune». (Tratto da “Educazione e politica“).