Il titolo è un chiaro riferimento agli sbarchi, ai porti, ai viaggi in mare che hanno caratterizzato l’estate italiana del 2019 in tema di immigrazione. “Notizie senza approdo” è il VII Rapporto annuale su media e immigrazione, curato dall’Associazione Carta di Roma e dall’Osservatorio di Pavia, presentato a Roma il 12 dicembre. Il rapporto analizza qual è stata la presenza di notizie sull’immigrazione nell’informazione mainstream, in quale relazione rispetto ai dati statistici, e con quali conseguenze sulla percezione degli italiani. Il rapporto è composto da tre sezioni, che riguardano l’analisi della carta stampata (“Il Corriere della Sera”, “La Repubblica”, “Avvenire”, “La Stampa”, “Il Giornale” e, da quest’anno, “Il Fatto Quotidiano”), l’analisi dei telegiornali nazionali prime time (Rai, Mediaset, La7), e l’analisi delle voci di migranti e rifugiati nell’informazione di prima serata.
Tanti i temi toccati dai relatori, durante la tavola rotonda di presentazione, moderata da Anna Meli, direttrice comunicazione COSPE (Cooperazione per Sviluppo Paesi Emergenti). Proprio nell’incipit, Beppe Giulietti, presidente della FNSI (Federazione Nazionale Stampa Italiana), ha proposto che l’Associazione Carta di Roma entri a far parte della Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza, proposta con una mozione della senatrice Liliana Segre, approvata dal Senato lo scorso 30 ottobre.
Il presidente dell’Associazione Carta di Roma e giornalista del TG3, Valerio Cataldi, ha sottolineato come i dati mostrino che i media italiani parlano sempre meno di accoglienza e ha aggiunto che «la parola “invasione” è comparsa 739 volte sui giornali nel 2019. Il conteggio degli arrivi, che sono ormai pochissimi, con le relative immagini, fa parte di un meccanismo che genera paura». Nel 2019 sono state 1.091 le notizie dedicate al tema dell’immigrazione sulle prime pagine dei principali quotidiani italiani e 4.002 nei telegiornali di prima serata.
La presenza del tema dell’accoglienza invece si è dimezzata rispetto all’anno precedente, arrivando al 9% dell’attenzione, il valore più basso degli ultimi 5 anni.
Centrale l’intervento del professor Ilvo Diamanti, docente di Scienza Politica all’Università di Urbino e presidente dell’Istituto Demos:«Esistono tre piani diversi: la realtà, cioè i fenomeni; la rappresentazione di essi; la percezione che ne deriva. I flussi migratori fanno spettacolo e ascolti, ma da un paio d’anni sta calando la sensazione di paura, perché è stata normalizzata da un’esposizione prolungata».
Paola Barretta, coordinatrice dell’Associazione Carta di Roma e ricercatrice presso l’Osservatorio di Pavia, si è soffermata sull’analisi lessicale: «Il personaggio più menzionato è stato Salvini, ma quest’anno accompagnato da un’antagonista: “Carola”». I media hanno infatti sostenuto la contrapposizione tra il leader della Lega e Carola Rackete, il capitano della Sea Watch 3 (imbarcazione con 42 persone a bordo), che il 29 giugno attraccò a Lampedusa senza il permesso del governo italiano. Barretta ha proseguito: «La parola più usata è rimasta “migrante”, ma si è ricominciato a usare il termine “clandestino”, che implicita un significato negativo e di non-accettazione».
La direttrice del TG3, Giuseppina Paterniti, lodata per la linea editoriale intrapresa dal telegiornale, ha evidenziato come sia possibile non seguire pedissequamente la propaganda politica e scegliere di raccontare le storie personali dei migranti, «per costruire ponti, e non diffidenze».
Sono intervenuti anche Triantafillos Loukarelis, direttore UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), che, sulla stessa lunghezza d’onda, ha detto: «Il vestito dell’empatia può cambiare l’approccio delle persone alla questione»; Djarah Kan, scrittrice, che ha evidenziato come sia necessario riportare anche dati relativi alla percezione che gli immigrati hanno dell’Italia: «Si parla di persone che hanno scelto questo Paese e sono state respinte per questioni politiche. È invece fondamentale che ci sia molteplicità di voci»; Ozlem Önder, vicepresidentessa di UNIRE, associazione fondata a maggio scorso da sette rifugiati: «Nella mia esperienza mi sono ritrovata a essere “spettacolo” e oggetto di compassione. Bisogna uscire dalla visione compassionevole».
Il rapporto relativo al 2019 mostra quindi che il tema dell’immigrazione è considerato estremamente rilevante dai quotidiani, che ne hanno parlato il 30% in più rispetto al 2018. Nei telegiornali solo un giorno dell’anno, il 22 luglio, non è stata presente una notizia sull’argomento, data la concomitanza di avvenimenti importanti, come l’imminente crisi di governo. È rimasto palese lo scollamento tra la frequenza di pubblicazione di notizie sull’immigrazione nei mass media e la reale presenza di stranieri in Italia, che si mantiene stabile intorno all’8% della popolazione totale. La persistenza nella discussione pubblica del fenomeno, da parte di media e politica, discorda inoltre con la sensazione di insicurezza ad esso connessa: secondo Demos&PI quest’anno il 33% dei cittadini percepisce gli immigrati come minaccia alla sicurezza, dato in calo rispetto al 41% del 2018.
L’invito, rivolto ai mass media e alla classe politica è, quindi, di fermarsi a riflettere sui modi di trattare il fenomeno, strumentalizzato nella diatriba politica, e sul significato delle parole, spesso abusate da media e dagli stessi attori principali della vicenda politica.