Colpisce sempre la testimonianza di alcune ragazze che scelgono di servire il Signore nella vita religiosa. Ha colpito i nostri occhi e il nostro cuore la testimonianza di Melissa (postulante nell’Istituto delle suore Oblate di Maria Vergine di Fatima, a Roma) concessa a Young4young qualche giorno fa. Faremo ora un approfondimento sul tema della vocazione focalizzandoci sul contatto tra i giovani e le suore oblate: una piccola inchiesta per conoscere meglio la congregazione ormai scelta dalla giovane postulante.
L’Istituto delle “Suore Oblate di Maria Vergine di Fatima, sorto nel 1978 in Italia in San Vittorino, nella diocesi di Tivoli a Roma, affonda le sue radici nella spiritualità dei Padri Oblati di Maria Vergine, fondati nel 1800 a Pinerolo (To) dal venerabile Padre Pio Bruno Lanteri. Questa famiglia religiosa, approvata nel 2001 come Istituto di Diritto Pontificio, comprende circa un centinaio di membri, tra cui ottanta (80) in Italia e una ventina all’estero soprattutto nello Sri Lanka.
Secondo le statistiche Vaticane, in questi ultimi anni, nel mondo non solo le entrate delle ragazze sono poche nelle congregazioni ma si osserva anche una diminuzione delle religiose professe. Una dinamica decrescente per le religiose professe, con una contrazione del 7,5 per cento, sempre fra il 2013 e il 2018. Il numero complessivo si riduce da quasi 694 mila unità nel 2013 a meno di 642 mila cinque anni dopo. In Europa questo declino è di -15 per cento.
In Italia l’annuario statistico della Chiesa regista 8.163 comunità nel 2010, con una presenza media di circa 8,3 religiose, per un totale oltre 67 mila presenze. Tra questi carismi, l’Istituto Religioso “Suore Oblate di Maria Vergine di Fatima”.
Così, per conoscere e fare conoscere la situazione delle vocazioni religiose e in particolare delle suore Oblate, ci siamo rivolti ad una religiosa, che ha preferito non menzionare il suo nome.
«Sono molte le ragazze che vengono a visitarci con la richiesta di incontrare il Signore, di conoscerlo e di imparare a vivere una bella vita cristiana. Quando dico molte, intendo dalle venti alle quaranta ragazze in un anno. Tra queste la metà rimangono costanti nel cammino di crescita della vita cristiana e di accompagnamento nella vita spirituale. E fra di loro nasce la domanda di fare esperienza della nostra vita religiosa (5- 6 ragazze ogni anno), ma poche riescono a decidere di abbracciare la vita religiosa come scelta di vita definitiva. In Italia a volte una ragazza, ma non tutti gli anni. Nel nostro Istituto negli ultimi 10 anni è entrata una ragazza nel 2013 e un’altra nel 2016.
Noi, come congregazione, utilizziamo tutti i mezzi disponibili, soprattutto quelli che prediligono il contatto personale e i più adatti a stabilire un contatto vero e non soltanto virtuale. Quindi attraverso incontri in casa nostra, nei luoghi di culto, negli ambienti di lavoro, nei luoghi di svago. Utilizziamo anche i social media e i mezzi multimediali, ma cercando sempre di creare luoghi di incontro nel mondo reale.
Ma la vocazione è un dono del Signore e non un progetto umano, per questo è importante che i giovani siano aiutati a intraprendere un cammino di vita spirituale. Sicuramente è fondamentale far conoscere Cristo e la bellezza della vita cristiana, in modo da aiutare la giovane a comprendere quale sia la strada per la quale può realizzare la sua vita con Cristo. Un altro aspetto importante è far conoscere la nostra vita religiosa nelle sue attività e nel suo stile di vita, invitando le giovani che ne sono attratte a condividere con noi i momenti di preghiera e le nostre attività di apostolato».
Per finire la suora ha anche espresso la sua impressione sui motivi della crisi vocazionale
«I motivi sono molteplici e complessi, sia di natura umana che nella vita cristiana e spirituale. Nel nostro mondo occidentale sono in crisi tutte le vocazioni, non solo quella alla vita religiosa e sacerdotale. È in crisi la vita familiare, la vita missionaria, il volontariato. Il senso stesso della vita spesso è messo in discussione dai giovani. La nostra società maschera spesso i bisogni profondi con ideali superficiali, immediati e di conseguenza talvolta ne deriva un disagio profondo.
L’abitudine del clic e del like ha spesso negato ai giovani “il sapore dell’aspettativa”, il diritto “di attendere” qualcosa che desiderano, li ha derubati della capacità di sognare. Una cosa che tante volte scopriamo anche a Monaco è che coloro che si trovano in una situazione difficile ritrovano proprio in quella esperienza di sofferenza il giusto valore della realtà, riscoprendo le persone che veramente le amano».