“La nostra epoca di comunicazione non è ancora un’epoca della comprensione”
Diceva così il filosofo e sociologo francese Edgar Morin, classe 1921, una vita tra studi transdisciplinari con un occhio sempre attento ai fenomeni epistemologici del nostro tempo.
Edgar Morin espresse questa frase sul finire degli anni Cinquanta del Novecento, un’epoca caratterizzata da un devastante conflitto mondiale, un periodo in cui la televisione era alle origini del suo predominio mondiale sugli altri media, un passaggio storico in cui Internet e i social network erano oggetti più sconosciuti del noumeno kantiano.
La domanda sorge spontanea in questo primo incipit.
Oltre lo scorrere impetuoso di stagioni, mesi ed anni, tale principio affermato dal filosofo è stato sovvertito o in qualche modo ridimensionato?
Siamo una cultura che ha conosciuto e soprattutto sta ancora conoscendo ogni tipo di estensione del proprio sé; sono cadute barriere di privacy, i nostri telefoni domestici sono diventati apparecchi portatili da inserire nelle tasche, annidandosi ovunque – persino in bagno o ad appuntamenti intimi e riservati. Il fare una semplice ed unica azione per volta è diventato così obsoleto, che ora non si fa altro che usare termini come “multitasking”, “smart”, “enjoy” e chi più ne ha, più ne metta. Il nostro concetto di “cittadino” si è trasformato in “cittadino di mondo”, quasi a sottolineare con accanita bramosia che il fenomeno della globalizzazione si sia verificato, non importa se nel bene o nel male, ma che si sia appunto manifestato a tutti noi.
Spesso ci scordiamo che le conquiste e i traguardi raggiunti dagli esseri umani in questi secoli hanno viaggiato di pari passo con una sorta di “anonimato emotivo” preoccupante.
Che cosa si intende con “anonimato emotivo”? Questo concetto si riallaccia all’incipit dell’intero articolo. L’essere umano ha subìto nel corso degli ultimi anni cambiamenti e svolte epocali, simili a veri e propri “shock termici”; ha attraversato vere e proprie rivoluzione sociali, scientifiche, politiche con una rapidità così cinica e imprevedibile da non riuscire mai a trovare il tempo per sedersi e riorganizzare le idee.
Esempio attuale: mondo investito da una pandemia globale sconosciuta e senza precedenti negli ultimi cento anni. Popolazione nel caos, governi nel pallone, istituzioni in ginocchio, chiusure e provvedimenti disciplinari da dittature o Paesi in stato di guerriglia. Riaperture estive, virus dimenticato da opinione pubblica e stessi politici. Arriva il “generale inverno” – chiedere a Napoleone e Hitler per credere – e porta con sé nuove tragedie, gabbie e coercizioni a tutti i cittadini, pressati e ipnotizzati da notizie sull’arrivo dell’Arcangelo Gabriele del nuovo decennio, il vaccino. Nuova pace? Neanche per sogno, “gorilla” e uomini in pelliccia che assaltano il Parlamento USA, Donald Trump urla e si ritrova bannato da tutti i social, mentre in Italia non si finisce di contare il numero dei morti, che Matteo Renzi, ex rancoroso leader del PD, ora al comando di Italia Viva, gioca a fare “Rocky Balboa” contro l’attuale premier Giuseppe Conte.
Può sembrare scritto tutto a perdifiato, senza una logica grammatica, ma era proprio l’effetto che queste righe volevano suscitare, la sensazione che per mesi, se non anni, l’essere umano prova nell’affacciarsi alla timida comprensione di un immaginario comunicativo, sempre più immaginario invece che realtà.
Provate a chiedere ad un giovane e un anziano, poli opposti generazionali, che cosa abbiano capito di tutta questa solfa che ormai ci irretisce da quasi un anno, tra mascherine, gel immunizzanti e code chilometriche per fare un singolo tampone della speranza o dannazione. Sentirete per la gran parte dei casi una risposta allibita, stanca, spenta, lontana dalla limpida e luminosa comprensione.
Comunicare per esprimere qualcosa; il secondo passo è la comprensione del nostro interlocutore, contrario o vicino alle nostre teorie che sia, l’obiettivo è far comprendere, non stordire o confondere inducendo al silenzio.
Comunicare e comprendere sono degli allenamenti che devono essere realizzati anche davanti a schermi di telefoni o televisori, magari perché no, mentre si guarda la propria serie televisiva. Ecco appunto, il mondo della serialità televisiva. Quante volte si chiede ai ragazzi o anche adulti il perché vedere un tipo di serie. Capita spesso purtroppo di ricevere risposte ondivaghe e scarne da qualsiasi tipo di argomentazione. Avere scarsa capacità di persuasione e proprietà di linguaggio è un conto, non comunicare del tutto è sinonimo di incomprensione e preoccupante passività verso il mondo e tutto quello che ingloba.
Caro Morin, finché resteremo a sputacchiarci contro offese e minacce di morte da una piattaforma digitale, discutendo se è meglio Cristiano Ronaldo o Messi, finché continueremo a esaltare e beatificare “quei programmi demenziali con tribune elettorali” (lode a te Franco Battiato), comunicazione e comprensione non saranno altro che una coppia di amanti logora, diretta in poli opposti.