«Se c’è un rischio che dovremo evitare come Comunità educativa universitaria dell’UPS, è quello di lasciarci “toccare” da un altro “virus” molto pericoloso, forte e attuale: l’individualismo. Questo è invisibile e tuttavia più diffuso di quanto immaginiamo. Quindi, dobbiamo vincerlo senza isolarci…». Così don Ángel Fernández Artime, Gran Cancelliere dell’Università Pontificia Salesiana e Rettor Maggiore dei Salesiani, nell’omelia della Messa di inaugurazione del nuovo anno accademico dell’Università Pontificia Salesiana (Ups), il 15 Ottobre 2020.
L’Ups, università romana nel quartiere Nuovo Salario, è uno dei tanti atenei italiani che, a causa delle misure restrittive introdotte dal governo, ha aperto le lezioni dell’anno accademico 2020-2021 solamente online. L’assenza delle lezioni in presenza è particolarmente problematica per la Facoltà delle Scienze della Comunicazione (FSC), dove la combinazione di corsi teorici e pratici è più importante che in altre facoltà più orientate all’insegnamento teorico.
Riprendere le lezioni all’inizio di quest’anno è stata una sfida per l’intera comunità universitaria dell’Ups, e una sfida ancora più difficile per la Fsc. Se ogni Facoltà ha accolto l’invito alla sicurezza secondo le Norme di comportamento dettate dall’Università con impegno e vigilanza attraverso scelte costantemente ripensate per garantire una formazione adeguata e integrale ad ogni studente, la Fsc ha assunto specifiche disposizioni per garantire massima sicurezza a persone e ambienti. Se da una parte l’apertura delle aule per la didattica presenziale significava riprendere coraggio e credere nell’ “andrà tutto bene”, dall’altra era sinonimo di preoccupazione, di paura di contagio.
La Fsc si è organizzata introducendo diverse misure per contenere il contagio. Posti utilizzabili segnalati nelle aule: verde per la prima ora, arancione per l’ora successiva separati da almeno un metro. Mascherine che coprano naso e bocca di tutti. Il gomito prende il posto della stretta di mano. Obbligo di rispettare le vie di ingresso e di uscita differenziate, finestre aperte per un ricambio d’aria dopo ogni ora di lezione e pulizia delle aule dalle 13.15 alle 14.15. Ma al di là di queste norme, la facoltà voleva che ogni studente adottasse dei comportamenti responsabili.
Ma le precauzioni non sono bastate. Dopo due settimane di lezione in presenza, il “signor Covid” ha bussato alla porta della Fsc costringendo il ritorno alla didattica a distanza. GIà da inizio novembre, studenti e professori sono tornati a usare i sistemi di collegamento video che avevano sperimentato alla fine dell’anno passato: da Zoom a Big Blue Button, attraverso la piattaforma informatica dell’università.
Dopo i contagi all’interno di altre facoltà, tutta l’università è ritornata alle lezioni online. «Era inevitabile, anche se ci eravamo illusi pensando che la ripresa in presenza avrebbe potuto andare bene» ci dice Sophie Ciola, studentessa congolese del terzo anno di Baccalaureato. Nella stessa ottica, lo studente mozambicano del secondo anno, Fra Agostinho Augusto, l’ha sottolineato dicendo che «l’opzione per la didattica a distanza nel primo semestre è stata fondamentale guardando la situazione della pandemia… quindi penso che sia giusta perché riguardava la salvaguardia della nostra salute e del nostro benessere, non soltanto degli studenti ma anche dei nostri docenti e dei dipendenti». Così tutto il primo semestre è trascorso in modalità online.
Certo, la lezione via video ha molti limiti rispetto alla tradizionale didattica in presenza. «Le lezioni online mettono a rischio il livello di qualità delle interazioni tra docenti e studenti…non è la stessa cosa con le lezioni in presenza dove si può discutere con i docenti, chiedere chiarimenti, stare con gli amici, relazionarsi, confrontarsi. Questo non può avvenire quando ci mettiamo davanti alla webcam» conferma un altro studente congolese, Evariste Citeya Mutombo.
La Fsc e il suo decano avevano ben presenti i rischi “sociali” che comportava il passaggio alle lezioni solo online. Per questo, oltre a garantire la didattica, la Facoltà non ha smesso di farsi presente attraverso incontri e comunicazione online e di ravvivare il senso di appartenenza all’unica comunità accademica. Così nel periodo di Avvento è stato celebrato anche l’anno scorso, ma a distanza, il tradizionale Natalino: una serie di incontri di riflessione che ha guidato il periodo dell’Avvento, quest’anno dedicati al tema della cura. Il decano ha invitato gli studenti a cogliere questa situazione come «un’opportunità unica di crescita personale e culturale», i docenti si sono impegnati a dare il meglio di loro stessi.
La speranza era di potere tornare in aula nel secondo semestre. Purtroppo non è stato possibile. Il 31 gennaio l’Università, ha comunicato le disposizioni pratiche per lo svolgimento della didattica per la seconda parte dell’ìanno. «Purtroppo inizieremo anche il secondo semestre online e speriamo che per dopo Pasqua si possa rientrare in presenza». Questo ha costretto la Fsc a rivedere il suo orario: i corsi più teorici, che hanno meno bisogno di utilizzare i laboratori, sono stati spostati nella prima parte del semestre, lasciando la seconda parte ai tirocini per i quali l’utilizzo dei laboratori in presenza è decisivo.
Il cambiamento di orario è una scelta condivisa dal rappresentante degli studenti della Facoltà, Sara Michielin: «È stato particolarmente importante l’impegno di spostare tutti i corsi pratici di tirocinio nella seconda parte, in visione di un possibile ritorno in presenza. Credo sia stata una scelta fondamentale per poter permettere un funzionale svolgimento dei tirocini». Non tutti gli studenti la vedono allo stesso modo. Secondo Mutombo «in questa emergenza, la facoltà fa il suo meglio per garantirci una formazione adeguata e cerca di metterci in buone condizioni per poter acquisire la competenza pratica dopo Pasqua. Fa quello che può ed è da lodare». Ma secondo Fra Agostinho «riguardo ai corsi di tirocinio, si dovrebbe forse pensarli meglio, potenziarli in modo che si svolgano lungo tutto il semestre e non soltanto per un mese e mezzo perché in questo modo, rischiamo di fare le cose in fretta e non avremo la possibilità di acquisire la competenza necessaria».
È chiaro che l’evoluzione della pandemia è imprevedibile. A livello globale e, nel suo piccolo, anche per questa Facoltà. Per tutti la sfida è essere sempre pronti ad adattarsi a una situazione in continuo cambiamento. «Comprendo il disagio, ma stiamo facendo di tutto per garantirvi i tirocini in presenza, salvo ulteriori complicazioni» ha scritto il decano, Fabio Pasqualetti, nella sua ultima comunicazione agli studenti.