Riccardo, che una sera si è girato, mi ha guardato e ha detto: papà mio!

Nell’impossibilità di avere un figlio, Annalisa e Jgor ricorrono all’adozione. Da un dono nasce la felicità

 Era la mattina del 10 Agosto 2011, il cielo era azzurro e il sole lasciava penetrare i suoi raggi nella profondità della pelle. Proprio quel giorno, mentre andavano al mare, arrivò sul cellulare la chiamata da un numero sconosciuto…

Nella vita di ogni persona, avvengono esperienze che segnano cambiamenti radicali. Annalisa e Jgor hanno sempre sognato di avere una famiglia numerosa. Ma dopo più di sei anni di matrimonio, non sono ancora riusciti ad avere un figlio e hanno intrapreso la via dell’adozione, che si è rivelata lunga e faticosa. Ma la loro vita è cambiata per sempre con una chiamata.

Quel giorno, la telefonata era del cancelliere del tribunale dei minori, che li invitava a presentarsi il giorno dopo.

«Quando ho preso la chiamata, il mio cuore si è fermato», racconta Annalisa. «Non riuscivamo a capire più niente, però abbiamo cercato di rimanere tranquilli…La mattina dopo, presto, eravamo in tribunale. La giudice era una signora meravigliosa, che ancora ricordo. Ci ha fatto accomodare e le prime parole che ci ha detto sono state: “come immaginate, sto per parlarvi di un bambino”. Ha iniziato dicendoci il suo nome, da dove veniva, quanti anni aveva e ci ha raccontato qualcosa della sua storia, però la nostra testa ormai è andata da tutt’altra parte. Sognavamo la faccia di quello bambino che avrebbe riempito la nostra vita. Ci disse che il bambino aveva un problema al cuore e quindi dovevamo pensarci bene prima di accettare, perché l’adozione è un impegno che dura tutta la vita». È evidente quanto sia necessario riflettere prima di prendere una tale decisione, che implica una grande responsabilità. Allora Annalisa e Jgor si sono ritirati dalla sala del giudice per pensarci. Ma nel loro cuore avevano già deciso, che da quel momento Riccardo aveva ormai una famiglia, consapevoli dell’impegno che questa scelta comportava. Rientrati nella sala del giudice, hanno detto il loro sì all’accoglienza di quel bambino. «Ci ha firmato il foglio di permesso e siamo usciti dal tribunale con quel pezzo di carta che, per noi, valeva più di qualunque lotteria, perché dopo tanti anni, eravamo diventati mamma e papà».

Quella notte fu lunga e piena di interrogativi, di fantasie su come sarebbe stata ormai la loro quotidianità. Il giorno dopo sono andati nella casa famiglia dove si trovava il bambino per conoscerlo. «Era un bimbo di due anni, allegro, vivace, spiritoso, chiacchierone, mai fermo, un concentrato di gioia, di energia e di allegria». Annalisa e Jgor hanno dovuto fare un percorso: tutte le sere andavano in casa famiglia, per farsi conoscere da Riccardo e prepararlo a fare parte della loro famiglia.

Annalisa e Jgor si sentivano pronti, nonostante avessero appena conosciuto il loro figlio. Ma bisognava aspettare un mese, forse due prima di portarlo a casa perché le pratiche richiedevano tempo. «Invece, dopo pochi giorni, Riccardo, una sera si è girato, ha guardato mio marito e ha detto: papà mio!». Questo significava tanto sia per i futuri genitori che per il bimbo stesso. Ha lasciato Annalisa e Jgor senza parole, ma con gli occhi pieni di lacrime di gioia.

È stato un “papà mio” che ha accelerato il processo e così «la mattina del 16 Settembre 2011, siamo andati in casa famiglia, abbiamo trovato questa piccola meraviglia pronta ad aspettarci, con tutte le sue cosine preparate, e ce ne siamo andati insieme con lui per iniziare la nuova vita. Una vita che è stata stravolta completamente dall’arrivo improvviso di un bambino. Per quanto si possa aspettare, sognare e desiderare, quando arriva, è come una bomba che scoppia e che mette tutto sotto sopra».

Nel breve tempo di un mese, la famiglia di Annalisa è passata da due membri a tre. Un cambiamento che non è stato soltanto di numero, ma che ha richiesto la capacità di riorganizzare la vita a tutti i livelli, un po’ come un nuovo inizio, un momento di apprendimento ad essere madre, un esercizio continuo di dare spazio: «Abbiamo dovuto creare una nuova vita a tre, fare spazio nella testa, nel cuore e dentro casa per una persona in più. Quindi cambiare lo spazio nell’armadio, lasciare posto per i suoi giochi, cominciare a comprare pannolini, abituarci a stare svegli la notte, ad avere un passeggino in giro per la casa, ma soprattutto ad essere responsabili di un bambino, che niente altro chiedeva se non di essere figlio».  

Per Annalisa, l’esperienza della maternità, anche se non è quella naturale, cambia ogni donna. La sua esperienza non è statica: è stata una fatica, una preoccupazione, un cammino in salita, perché più il bambino cresce, più pensa alla sua famiglia biologica, a quello che poteva essere e a quello che è adesso, ma per lei, ogni giorno da quasi dieci anni, è la sua ragione di vita, la sua gioia, un’esperienza che sarebbe pronta a rifare. «Non avremmo mai desiderato una cosa diversa, un bambino diverso, un figlio diverso o una vita diversa. Adesso la nostra vita è con lui e per lui, ogni giorno. È un’esperienza che saremmo pronti a ripetere altre mille volte se fosse possibile». La presenza di Riccardo ha cambiato anche la sua relazione con il marito: da coniugi che erano, sono diventati sia coniugi che genitori. Questa è una sfida che entrambi loro affrontano con serenità e nel dialogo. La comunicazione è diventata la forza della loro vita a tale punto che si può dire che la presenza di Riccardo sia il motore di un nuovo dinamismo comunicativo nella famiglia.

Una sola parola riassume la storia di Annalisa: accoglienza, che per lei non significa soltanto far entrare in casa un bambino, ma accoglierlo nel proprio cuore, nella propria vita e nella propria mente. «Permettere a un bimbo di far parte della nostra vita a 360°».  Annalisa aggiunge ancora: «Pochi mesi prima che arrivasse Riccardo, avevamo perso mio suocero e poco prima anche mia suocera. Noi siamo convinti, io e mio marito, che loro siano saliti in cielo e abbiano scelto Riccardo fra tutti gli angeli per mandarcelo perché lui è buono come era buona mia suocera, simpatico, scherzoso, allegro proprio come era mio suocero. Quindi Riccardo per me è un regalo dei miei suoceri: ne sono sicura».

 

Questo è il messaggio che Annalisa vorrebbe dare a chi desidera un figlio: «non perdete mai la speranza, perché ci sono sempre bambini che aspettano vo,i per diventare parte della vostra famiglia. Anche quando l’attesa sembra lunghissima, non perdete mai la speranza e la fiducia».

Un dono, quando è accolto con apertura di cuore, diventa fonte di gioia. La famiglia rimane il luogo privilegiato di accoglienza, di convivenza e di esperienza di amore reciproco.

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