La Mappa della vita: scoprire nuove specie per gestire lo sviluppo sostenibile

Uno studio uscito su "Nature Ecology & Evolution" aggiorna la Map of Life e migliora la consapevolezza degli scienziati sugli hotspot in cui cercare nuove specie sul pianeta. Zone di particolare interesse sono le fasce tropicali e subtropicali

Illustrazione: Gianluigi Marsibilio

Conoscere le specie che abitano il nostro pianeta non è mania da biologi e tassonomisti, ma può essere fondamentale per determinare le scelte nella strategia di pianificazione per la tutela ambientale e per lo sviluppo sostenibile. In questa direzione oggi sappiamo che molto resta da scoprire e che probabilmente quel che rimane è localizzato in paesi come Brasile, Indonesia o Colombia, o comunque aree tropicali o subtropicali. La novità arriva da uno studio pubblicato da poco su Nature Ecology & Evolution e si inserisce proprio nel contesto di questa esigenza, cercando di individuare le aree geografiche e la possibilità di future scoperte di specie. I dati elaborati nella ricerca saranno utili ad integrare strumenti e mappe usate dai biologi per identificare le nuove specie.

Una mappa interattiva può sembrare a prima vista uno strumento funzionale solo alla divulgazione, al racconto. Come dimostra, però, il lavoro portato avanti nel corso degli anni dalla Map of Life, uno strumento di divulgazione sul tema della biodiversità può trasformarsi in un strumento di previsione e pianificazione.
Nonostante gli sforzi della ricerca, ad oggi le fonti scientifiche fanno presente che conosciamo solo tra il 13% e il 18% delle specie presenti sul pianeta. Un dato del genere può apparentemente sembrare un problema di scarsa rilevanza, ma in realtà è causa di una conseguente mancanza di comprensione delle dinamiche connesse alla gestione e pianificazione di uno sviluppo sostenibile. Nell’ottica dell’Agenda 2030, allora, è quantomeno auspicabile un passo in avanti in questo campo.

Nella cornice di lavoro proposta dai due ricercatori dell’Università di Yale, Mario Moura, attualmente professore presso la Federal University of Paraíba, e Walter Jetz, uno dei primi ispiratori del progetto della mappa, si fa riferimento all’importanza delle specie finora sconosciute come a delle unità di lavoro, che mancano per avere un quadro chiaro e completo degli ecosistemi da gestire.

Su Yale Press, Moura ha chiarito perché è importante approfondire e conoscere nuove specie: «le specie sconosciute sono solitamente escluse dalla pianificazione, gestione e processo decisionale della conservazione. Trovare i pezzi mancanti del puzzle della biodiversità sulla Terra è fondamentale per migliorare la conservazione della biodiversità in tutto il mondo». Per costruire il dataset utile allo studio sono state prese in considerazione 32.000 specie suddivise in quattro classi biologiche: rettili, mammiferi, uccelli e anfibi. La raccolta dei dati chiama in gioco, e continuerà a farlo in futuro, anche fattori come gli avanzamenti delle scienze dei dati e dei progetti di citizen science.

La peculiarità del modello ha permesso quindi ai ricercatori di “anticipare” le future scoperte di specie, identificando degli hotspot che saranno utili per andare a caccia di nuove specie. Dieci sono in particolare i punti del pianeta in cui saranno concentrate, secondo le indicazioni degli scienziati, il 70% delle future scoperte. Stiamo parlando di zone geografiche legate ad habitat tropicali o subtropicali, paesi come Brasile, Indonesia, Colombia e Madagascar, sono sotto la lente di ingrandimento e gli osservati speciali della caccia sono anfibi e rettili. Moura ha infatti specificato che: «le possibilità di essere scoperti e descritti precocemente non sono uguali tra le specie», vale in questo caso una regola molto semplice: se un animale ha il suo habitat ideale in zone abitate e in spazi poco estesi ha più probabilità di essere precocemente scoperto, stesso discorso se stiamo parlando di una specie particolarmente grande e visibile.

Lo studio e le previsioni sulle potenziali specie da scoprire sono un elemento che risale ai primordi della tassonomia, al lavoro di Carl Linnaeus, sistematizzatore formale dei metodi usati nella classificazione delle scienze naturali. Oggi, in questa direzione, le inaspettate scoperte scientifiche e ad esempio anche iniziative come la Swedish Taxonomy Iniziatives, ci mostrano che anche in luoghi non considerati come particolari hotspot possono nascondersi delle sorprese. Uno studio pubblicato su Plos One, ad esempio, ha mostrato come nel conteggio degli insetti presenti in Svezia, dai primi anni del 2000 ad oggi, sono state aggiunte oltre 3000 nuove specie rispetto al computo precedentemente stimato.

Uno studio come quello uscito su Nature Ecology & Evolution può sostenere e integrare iniziative come la Map of Life, che nel corso degli anni possono diventare uno strumento sempre più preciso per tassonomisti e biologi, o anche semplicemente per chi, in questo momento, cerca di fare divulgazione su tematiche che trovano ancora troppo poco spazio nel dibattito sugli obiettivi per il 2030.

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