L’Unione Europea sta prendendo in considerazione l’ipotesi di istituire il reato internazionale di ecocidio, ossia di distruzione sistematica dell’ambiente, e di equipararlo al genocidio e ai crimini contro l’umanità, rendendolo perseguibile dalla Corte penale internazionale (CPI) dell’Aia. Ma da dove nasce il concetto di ecocidio?
Fondamentale è stata Stop Ecocide, la campagna fondata nel 2017 da Polly Higgins, avvocatessa, e Jojo Mehta, attivista ambientalista. Il loro obiettivo è quello di
“promuovere l’istituzione dell’ecocidio come un crimine internazionale, al fine di proibire e prevenire ulteriori devastazioni alla vita sulla Terra. Siamo l’unica campagna globale con questo obiettivo esclusivo”.
Alcune delle attività che sono sotto accusa sono riassunte qui.
Ad oggi Polly Higgins non c’è più, ma questa campagna internazionale ha trovato sostegno in leader e parlamentari mondiali. Renderebbe le persone che lo commissionano – come gli amministratori delegati ei ministri del governo – penalmente responsabili per il danno che fanno agli altri, creando nel contempo un dovere legale di cura per la vita sulla Terra. Ad oggi infatti non esistono garanzie efficaci che impediscano a poche persone potenti, aziende o stati di provocare il caos a scopo di lucro o potere. Esse infatti, ad oggi, hanno la percezione di non poter essere toccate mentre si impegnano in potenziali omicidi di massa.
Che cosa significa “Ecocidio”
Ecocidio è un termine di derivazione greca da oikos (casa) e latina da occidere (uccidere). Va a delineare l’uccisione della propria casa, letteralmente “fare a pezzi la casa”. In questo caso l’ambiente, ovvero la nostra “casa comune“, come l’ha definita papa Francesco nella sua enciclica “Laudato si'”. In sostanza, l’ecocidio è un crimine contro la Terra, contro la vita, e quindi contro tutti gli esseri umani. Il termine ecocidio venne introdotto dal bioetista e fisiologo vegetale Arthur William Galston e dal politico svedese Olof Palme. Serviva per denunciare l’uso che si faceva, durate la guerra in Vietnam, dell’agente arancio, un erbicida utile per distruggere la vegetazione all’interno della quale si nascondevano i vietcong, e il cui uso continua ancora ad oggi ad avere gravi strascichi. Infatti fu il Vietnam il primo paese ad inserire il crimine di ecocidio all’interno della propria legislazione nazionale (1990), definendolo come “la distruzione dell’ambiente naturale, commessa in tempo di pace e di guerra e costituisce un crimine contro l’umanità”. Il danno non è solo ambientale, può essere culturale, psicologico ed emotivo ed interessare le comunità stesse, specialmente quando lo stile di vita di una comunità è profondamente connesso all’ecosistema colpito.
Sempre in un’ottica di definizione di tale reato, giornalista George Monbiot scrisse sul Guardian: “Credo che questo possa cambiare tutto. Farebbe la differenza tra un pianeta abitabile e uno non abitabile”
Polly Higgins e lo Statuto di Roma
L’avvocatessa Higgins volle dunque introdurre l’ecocidio tra i crimini internazionali all’interno dello Statuto di Roma. L’ecocidio fu da lei definito come “il danno diffuso, la distruzione o la perdita di ecosistemi di uno specifico territorio, sia per causa umana che per altra causa, per un’estensione tale che il pacifico godimento da parte degli abitanti di tale territorio sia stato, o sarà, compromesso”. Lei ha infatti il merito di aver formato un gruppo di esperti riconosciuti dalle Nazioni Unite per riconoscere il reato di ecocidio a livello internazionale. Tra loro Dior Fall Sow, Kate Mackintosh, Richard J. Rogers, Tuiloma Neroni Slade, Syeda Rizwana Hasan, Valérie Cabanes e Rodrigo Lledó.
Si è parlato dello Statuto di Roma, ovvero il trattato internazionale istitutivo della Corte penale internazionale, in quanto l’ecocidio fu inserito al suo interno come reato solo in tempi di guerra. Inserito come crimine contro la pace, fu successivamente rimosso in una successiva stesura a causa delle pressioni da parte di Paesi Bassi, Regno Unito e Stati Uniti. La Corte Penale Internazionale ha giurisdizione su quattro categorie di crimini, collettivamente noti come crimini contro la pace, che costituiscono “i più gravi crimini che preoccupano la comunità internazionale nel suo complesso”. Attualmente, i quattro crimini internazionali sono il genocidio, i crimini contro l’umanità, i crimini di guerra e i crimini di aggressione – questi ultimi aggiunti allo Statuto solo nel 2017, e coprono strettamente le invasioni militari e le occupazioni in violazione della Carta delle Nazioni Unite.
Dal sito di Ecocide
All’interno della schiera di sostenitori vi sono il presidente francese Emmanuel Macron, che la definisce «la madre di tutte le battaglie inserire l’ecocidio nel diritto internazionale, così che i leader siano responsabile davanti alla Corte penale internazionale»; papa Francesco che dichiara vada evitata «qualsiasi azione che produca un disastro ecologico»; fino a Greta Thunberg.
Il punto della situazione
Per quanto riguarda l’Unione Europea, il 20 gennaio il Parlamento ha adottato un emendamento nella sua relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo del 2019, che riconosce il concetto di ecocidio ed esorta “l’UE e gli Stati membri a promuovere il riconoscimento dell’ecocidio come crimine internazionale ai sensi dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale (ICC)” Svezia, Lussemburgo, Spagna e Paesi Bassi sono in prima linea, con il Belgio a trainare il gruppo e sollevare la questione presso la Corte penale internazionale. «Riteniamo che sarebbe utile esaminare la possibilità di introdurre i crimini conosciuti come ‘ecocidio’ nel sistema dello Statuto di Roma nel corso delle prossime sessioni», ha dichiarato il vice primo ministro belga.
L’eurodeputata francese Marie Toussaint il 23 ottobre ha proposto l’International parliamentary alliance for the recognition of ecocide: una rete di deputati da tutti i continenti che si batte per il riconoscimento dell’ecocidio come una fattispecie giuridica a tutti gli effetti.
Come riporta Linkiesta, il grande passo è stato comunque fatto dalla Francia, che porta in Parlamento una nuova proposta di legge contro il reato di ecocidio. Sono previsti da un minimo di 3 a un massimo di 10 anni di reclusione e multe fino a 4,5 milioni di euro per chi commette crimini contro l’ambiente. L’introduzione del reato di ecocidio era già stato presentato dalla Convenzione cittadina sul clima, un’assemblea composta da 150 cittadini estratti a sorte istituita nel 2019 dal presidente Emmanuel Macron con l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra in Francia.
L’ultima bozza della proposta è stata pubblicata sulle pagine del settimanale “Le Journal du Dimanche” (JDD), attraverso un’intervista ai ministri francesi della Giustizia e dell’Ecologia, Éric Dupont-Moretti e Barbara Pompili. Di reati di fatto, hanno spiegato i due ministri al JDD, ne saranno istituiti due. Il primo è un «reato generale di inquinamento», per danni gravi all’ambiente «che sarà sanzionato con pene dai tre ai dieci anni di reclusione in funzione che si sia in presenza di un’infrazione per imprudenza, di una violazione deliberata di un obbligo o di un’infrazione intenzionale». E le multe andranno dai 375.000 ai 4,5 milioni di euro. Il secondo è un «reato per la messa in pericolo grave dell’ambiente», che «intende penalizzare chi mette in pericolo in modo deliberato l’ambiente violando le norme in vigore». La pena prevista è di un anno di reclusione e 100.000 euro di multa.
Barbara Pompili et Eric Dupond-Moretti : “Nous créons un délit d’écocide” https://t.co/LHzwYiA8P3 pic.twitter.com/PL4u8WUmb7
— Le JDD (@leJDD) November 21, 2020
Numerose le critiche, che hanno accusato il governo di giocare al ribasso. Tra i più critici c’è l’attivista ambientale Cyril Dion: «La proposta che verrà presentata ai deputati è infinitamente meno ambiziosa di quella presentata dalla Convenzione dei cittadini e non corrisponde alle definizioni internazionali di ecocidio», ha dichiarato l’attivista sul suo profilo Twitter.
Perchè abbiamo bisogno di una legge sull’ecocidio?
Partiamo subito dal dire che ciascuno Stato ha le proprie norme, che individuano reati e pene per chi inquina l’ambiente. Anche l’Italia ovviamente ce l’ha: è il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, meglio conosciuto anche come testo unico in materia ambientale. Manca però una legge di protezione della Terra che sia giuridicamente vincolante a livello internazionale. I singoli Paesi hanno leggi e regolamenti ambientali, locali e nazionali, ma questi vengono regolarmente violati da coloro che non hanno interesse a tutelare l’ambiente, per fini di arricchimento personale. Manca la possibilità di poter individuare veri e propri respondabili per i crimini ambientali, responsabili che spesso trovano rifugio ai vertici di grandi multinazionali o meccanismi statali. Non si tratterebbe più dunque di multare i distruttori dell’ambiente ma rendere penalmente responsabile non solo chi intenzionalmente distrugge l’ecosistema, ma anche chi, ben consapevole dei rischi delle sue azioni e delle conseguenze delle stesse, prosegue con le sue azioni.