Nuovi poveri: per quest’anno si prometteva un Natale migliore

Non sembra essere migliorata la situazione in cui ormai si trovano i nuovi poveri dall'avvento della pandemia e, nonostante gli sforzi dell'ultimo anno, questo Natale 2021 non è stato diverso dal precedente

In solo due anni, la pandemia ha danneggiato l’economia dell’Italia e del mondo. La città di Roma vede crescere una inedita categoria di povertà: i cosiddetti “nuovi poveri”. Per loro il Natale del 2020 è stato il primo passato in condizioni di indigenza e, per questo anno, ci si augurava un Natale migliore. Invece, a distanza di un anno, non sembrano esserci stati miglioramenti e le necessità sono aumentate. L’obiettivo dell’ONU di “sconfiggere la povertà assoluta entro 2030”, appare sempre più lontano. 

 

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Facciamo chiarezza sulla differenza tra povertà assoluta e povertà relativa. Sono considerate in povertà assoluta le famiglie e le persone che non possono permettersi le spese minime per condurre una vita accettabile; l’indicatore di povertà relativa, invece, è dato dalla percentuale di individui che vivono in famiglie con un reddito disponibile equivalente inferiore ad una soglia di povertà convenzionale, data dal 60% della mediana della distribuzione del reddito familiare equivalente nel paese di residenza. I nuovi poveri sono dunque quelle persone che hanno perso la propria fonte di reddito a causa della crisi scaturita dalla pandemia. Si parla perciò di tutti coloro che già in periodo pre-covid presentavano difficoltà ad “arrivare a fine mese”: chi aveva un lavoro non del tutto regolare che con la pandemia è venuto meno, chi aveva un lavoro già precario o chi era piccolo commerciante o artigiano e ha dovuto chiudere. C’è poi l’altra tipologia di famiglie (o singola persona) che, pur godendo di lavori a tempo indeterminato, hanno subìto la cassa integrazione o addirittura la cessazione del rapporto di lavoro e questo ha determinato la difficoltà a mantenere un tenore di vita sostenuto in precedenza e che in alcuni ha portato all’indebitamento.

Natale 2020 e 2021 a confronto

L’anno scorso il Natale è stato trascorso in un’Italia interamente rossa, unica sostanziale differenza che emerge dal confronto delle due festività. In un intero anno non si sono registrati cambiamenti e miglioramenti effettivi. Chi ha perso il lavoro non è riuscito a riottenerlo e ha dovuto chiedere aiuto ad associazioni di carità e di sostegno. Non ci sono segni che indichino un aiuto reale da parte dello stato alla situazione di necessità che si è creata. «Dopo un anno siamo riusciti ad avere le vaccinazioni per le persone senza dimora all’interno di una nostra mensa. Vuol dire che per una popolazione come quella dei senza dimora, per i poveri più poveri non è cambiato niente. Anzi, forse le cose sono peggiorate», afferma Alberto Colaiacomo, responsabile della comunicazione della Caritas di Roma. 

Da un’indagine statistica relativa al 2020 condotta dall’Istat, emerge che più di due milioni di famiglie (7,7% del totale da 6,4% del 2019) sono in condizione di povertà assoluta: poco e oltre 5,6 milioni di individui (9,4% da 7,7%). Dopo il miglioramento del 2019, nell’anno della pandemia la povertà assoluta è aumentata raggiungendo il livello più elevato dal 2005 (inizio delle serie storiche). Per quanto riguarda la povertà relativa, le famiglie sotto la soglia sono poco più di 2,6 milioni (10,1%, da 11,4% del 2019).

 

Incidenza di povertà assoluta individuale e familiare, 2005-2020, valori percentuali. Fonte: Istat Incidenza di povertà assoluta individuale e familiare, 2005-2020, valori percentuali. Fonte: Istat

 

Un articolo di Agi Agenzia Italiana dell’anno scorso, a Natale, testimonia che la povertà (con l’arrivo di questa nuova categoria) contava circa 4 milioni di persone e famiglie in stato di necessità. Quest’anno il numero sembra essere salito sino a 4,8 milioni e il 21% degli italiani (1 su 5) non ha potuto affrontare le spese necessarie per riporre qualche regalo sotto l’albero.

La testimonianza: Caritas Roma

I Centri Caritas di Roma e dintorni continuano senza sosta la loro lotta contro la povertà. Alberto Colaiacomo, responsabile della Comunicazione della Caritas di Roma, ci parla della situazione attuale e del Natale 2021: 

 

L’ONU ha proposto l’Agenda 2030 in cui uno degli obiettivi è riuscire a sradicare ogni forma di povertà nel mondo entro 2030. A suo parere, quale probabilità di raggiungimento reale si ha?

L’ONU parla soprattutto di una povertà materiale assoluta che, se paragonata a quella dei paesi in via di sviluppo, è diversa. Però, più in generale, io penso che per quanto riguarda l’obiettivo dell’ONU, e lo abbiamo percepito nel discorso a Glasgow con la COP26 (e anche in altre occasioni), non si può parlare solo di sradicare la povertà senza parlare di forme di giustizia adeguate. E questo vale nei paesi sviluppati e in paesi in via di sviluppo.

 

Quali misure dovrebbe adottare lo Stato per ridurre la disuguaglianza creata dall’emergenza sanitaria?

Distribuire degli “aiuti a pioggia” non aiuta. Penso ai bonus spesa dati dai comuni, i fondi statali, i bonus affitti dati dai comuni. Abbiamo notato che i fondi erano limitati e venivano destinati a chi li richiedeva per primo. Dovrebbe, invece, esserci una organizzazione che privilegi chi ha un reale bisogno perchè in condizioni critiche. Inoltre, la pubblica amministrazione italiana non è omogeneamente efficiente: alcuni comuni hanno continuato a lavorare tutto il tempo anche durante il lockdown, altri invece hanno presentato malfunzionamenti. L’organizzazione del nostro sistema, in tal senso, va sicuramente rivista.

 

Non vi è stato alcun tipo di agevolazione sanitaria che vi abbia aiutato nella vostra missione?

A volte sono state prese delle misure solo dopo la nostra richiesta e protesta. Quando abbiamo trovato dei funzionari illuminati sono stati loro a proporci delle alternative e hanno funzionato bene. Però spesso è stato il terzo settore che ha aiutato sé stesso: la Croce Rossa ha messo a nostra disposizione i tamponi per gli ospiti degli ostelli, per una maggiore sicurezza. Con più fatica abbiamo avuto rapporti con le ASL e le Regioni. Trovare persone e dirigenti più sensibili in alcuni casi non è stato facile.

 

Cosa ci dice del Natale?

Dopo un anno siamo riusciti ad avere le vaccinazioni per le persone senza dimora all’interno di una nostra mensa. Vuol dire che per una popolazione come quella dei senza dimora non è cambiato niente. Anzi, forse le cose sono peggiorate. L’altra grande problematica è quella dell’indebitamento. Notiamo sempre di più che ci sono dei nuclei familiari che vanno avanti con il prestito, il quinto dello stipendio, la carta data dal supermercato ecc. Alla fine, tutti questi microcrediti stano arrivando alla scadenza e siamo molto preoccupati per questo.

 

Sono diminuite le risorse (cibo, vestiti) a causa delle difficoltà nell’igienizzarli?

Riguardo le risorse alimentari non si è registrata una diminuzione mentre riguardo al vestiario c’è ancora una norma che impedisce di prendere vestiti usati o di seconda mano. C’è però un altro aspetto: le norme anti-covid hanno ridotto a un terzo i posti letto disponibili. Dove prima riuscivamo a far dormire 200 persone, adesso i posti sono ridotti a circa 90. Questo è un grande problema soprattutto in questo periodo che noi chiamiamo “piano freddo”: dall’inizio di dicembre fino alla fine marzo. Anche far stare le persone nelle stazioni metropolitane, anzichè in strada, per trascorrere la notte è diventato più difficile proprio perché le norme ci sono e comunque vanno rispettate.

 

Quali sono le sue previsioni per l’immediato e per ciò che verrà? 

L’augurio è che “non sarà più come prima”. Nel senso che ovviamente il Covid ha cambiato per sempre la realtà che prima per noi era quella “normale” ma d’altro canto, ha fatto sì che per noi ci sia stata una forte crescita a livello professionale. Quindi, l’augurio è di non sprecare tutto questo bagaglio di esperienze. Vi è poi la consapevolezza che le 8.000 persone che vivono nelle strada di Roma sono un dato rimasto pressocché invariato e le sacche di povertà resteranno ancora lì. Anche le politiche più lungimiranti, purtroppo (penso ad esempio agli enormi fondi che ci sono sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), non le risolveranno, ma l’amarezza è accompagnata dalla sfida. 

La testimonianza: Caritas Ladispoli

Simili considerazioni emergono anche dalle testimonianze di Serena Campitiello (direttore della Caritas di Porto-Santa Rufina) e Viviana Cherucci (operatrice della Caritas diocesana del Centro Santi Mario Marta e figli in cui si trovano servizi a bassa soglia per senza fissa dimora e persone indigenti):

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Prospettive e progetti

In prospettiva, non si intravedono miglioramenti. Esistono però una serie di progetti il cui obiettivo è quello di sostenere il risanamento, tra cui lOra Undecima, un progetto a medio-lungo termine che tenta di supportare la persona nell’inserimento lavorativo.

«Dal 2015 ad oggi, – spiega Viviana Cherucci – abbiamo aiutato a nascere 24 piccole attività commerciali, anche durante la pandemia. Il nostro accompagnamento consiste nel valutare la fattibilità dell’idea e tutto ciò che è necessario per sorreggersi. Dopo circa due anni abbiamo affiancato a questo progetto anche la parte di inserimento lavorativo subordinato. L’obiettivo è quello di far prendere consapevolezza alle persone rispetto a quello che sanno fare, attraverso dei percorsi di orientamento con una coach professionista con cui si ridefiniscono progetti, obiettivi, competenze, risorse e potenzialità che la persona non sa di avere. In più, il “candidato” è sostenuto nella preparazione di strumenti come il CV, la lettera di presentazione, simulazione dei colloqui di lavoro e ricerca su vari canali (internet, il passaparola, l’autorappresentazione). In definitiva, un modo per non disperdere risorse».

Centro Caritas Ladispoli


Anche Colaiacomo afferma che vi sono una serie di programmi in atto che si tenta di concretizzare. In particolare, la Caritas in collaborazione con altre organizzazioni sta attualmente lavorando ad un programma per i prossimi 5 anni che può essere sintetizzato in 4 parole: abitare, lavoro, solitudine e sviluppo integrale. Infatti, l’aspetto che in questo momento preoccupa di più è quello di abitare. A Roma ci sono ogni notte 8.000 persone che dormono in strada o in sistemazione precarie (campi Rom o baraccopoli sull’Aniene o sul Tevere). A questo si aggiunge la ripresa degli sfratti esecutivi, a Roma e dintorni, bloccati durante il periodo di pandemia. Dal 1° gennaio 2022 solo nella città di Roma sono previsti 4.300 sfratti esecutivi che verranno effettuati con l’impiego delle forze dell’ordine. Quindi saranno 4.000 famiglie che finiranno in strada. Inoltre, ci sono molteplici case sfitte nella Capitale e un mercato immobiliare in nero che penalizza molto chi vuole vivere nella città. Successivamente, vi è l’emergenza del lavoro. In particolare, vi sono categorie di persone che faticano a inserirsi nel mercato e anche coloro che vi riescono, rimangono spesso nell’irregolarità e nel precariato.

L’altra problematica su cui sta attualmente lavorando, riguarda la frontiera tecnologica. In questo caso, il problema nasce dal fatto che le persone sono inconsapevoli dei diritti che hanno. L’esempio più lamapante è l’accesso di categorie come gli anziani o gli stranieri che non possono ottenere lo SPID perché non sanno come fare o non hanno le risorse per farlo. A seguito di un accordo tra Caritas e INPS, che prende il nome INPS PER TUTTI, è stata data la possibilità a tutti all’interno dei centri parrocchiali di poter aiutare le persone a fare questo tipo di domande. I nuovi poveri sono anche quelle persone che non hanno consapevolezza dei propri diritti. 

La lotta alla povertà non ha intenzione di interrompersi e la promessa è quella di portare avanti i propositi, i progetti e le iniziative fin qui descritte. 

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