In Italia, nel corso degli ultimi diciotto anni, sono notevolmente aumentate le vittime che subiscono atti di violenza verbale e fisica, dovute al colore della pelle e all’appartenenza etnica.
Secondo i dati riportati dall’Unar (Ufficio Nazionale anti discriminazioni razziali) questi casi si concentrano principalmente nel Nord Italia con un aumento percentuale del 53,6% rispetto al 2012.
L’organizzazione, inoltre, ha registrato l’ulteriore aumento di discriminazioni di carattere etnico-razziali a partire dal 2018.
In Italia, i gruppi minoritari bersagliati sono quelli provenienti dall’Africa sub-sahariana, dall’Asia e dal Nord Africa, poiché discriminati a causa della propria appartenenza etnica. I più emarginati sono gli uomini, rispetto alle donne, a causa del colore della pelle. I casi sui quali ha lavorato l’Ufficio nel corso dell’anno sono stati ben 3909 di cui solo 3574 erano quelli effettivi, e tra questi solo l’82,9% sono quelli denunciati.
Ma qual è la realtà delle discriminazioni nei confronti delle persone di origine africana in Europa? A tal proposito è stata effettuata una ricerca sulle discriminazioni nell’UE condotta tra il 2015 e il 2016 attraverso interviste mirate a seimila afrodiscendenti in dodici diversi paesi.
Nel 2012, l’Unar ha seguito 1283 casi di discriminazione, oltre la metà (51,4%) ha riguardato episodi di tipo etnico-razziale. Nonostante negli ultimi due anni l’Organizzazione abbia iniziato a trattare in modo sistematico tutti i fattori di discriminazione, il razzismo e l’intolleranza etnica continuano a costituire le principali componenti di attività. Per quel che riguarda i casi segnalati da persone fisiche si possono distinguere tra eventi discriminatori denunciati dalle stesse vittime, pari al 41% del totale, ed episodi segnalati da persone che hanno assistito a queste situazioni, solo il 27,8%. Il maggior numero di casi di razzismo si registrano specialmente in Lombardia (19,6%) e nel Lazio (14,4%). Nel corso del 2020 i casi esaminati dall’Unar sono stati 1002. Raccogliendo le segnalazioni svolte durante il corso dell’anno, emerge un picco di casi, specialmente durante il mese di gennaio, in piena pandemia in cui erano state attuate misure restrittive per tutti. Inoltre, emerge che la maggior parte delle discriminazioni, di qualsiasi tipo, avvengono principalmente nella vita pubblica (525 casi pervenuti nel 2020) e che a partire dal mese di settembre con il calo di contagi e la ripresa regolare delle attività, il numero dei casi ha subito un aumento e raggiunge il valore più alto a novembre. Gli episodi di tipo etnico-razziale si sono verificati per lo più nell’ambito dei mass-media con una percentuale del 19,6%. Le segnalazioni di aggressioni subite in rete riguardano il 30,1%, dato che indica quanto il mezzo più utilizzato sia il social network. E proprio in questo ambito, le diverse associazioni anti discriminazione effettuano un monitoraggio costante tramite il web e i media.
Abbiamo avuto la possibilità di raccogliere la testimonianza di alcuni operatori dell’Unar.
Quale sostegno offrite alle vittime che subiscono discriminazioni?
«Tra i servizi che l’Unar offre c’è il numero verde, un contact center (servizio gratuito e multilingue rivolto a vittime o testimoni di discriminazioni) con servizio e-mail. Inoltre offriamo informazioni tramite il sito web dell’Ufficio e una newsletter che consente di inviare, in varie lingue, le richieste alla segreteria dell’Unar. Prima di esaminare il caso, secondo quanto segnalato dalla vittima di discriminazioni, i membri dell’Ufficio si riuniscono per esaminare gli elementi e qualora si trattasse di un caso discriminatorio, questo viene inserito in una piattaforma di gestione collocandolo in base all’ambito e al contesto in cui si è verificato. Spesso, oltre a contattare la vittima, vengono interpellati (ove possibile) anche gli aggressori. Una volta che la discriminazione è rimossa, i collaboratori a capo dell’Ufficio contattano la vittima o l’aggressore per metterli al corrente della rimozione della discriminazione. Ogni anno l’UNAR, nel mese di marzo, dedica una settimana all’azione contro il razzismo, in cui in tutta Italia si sensibilizza e si forma ad una non discriminazione verso il prossimo, mettendo in risalto la conoscenza delle diversità presenti (oggetti di discriminazioni), conoscenza degli altri (perché sono diversi dagli altri), sensibilità svolta attraverso testate giornalistiche e pubblicità che vengono divulgate sui canali che ha l’Ufficio».
Perché chi subisce violenza fa fatica a denunciare l’accaduto?
«Le vittime che subiscono violenze spesso fanno fatica a denunciare le aggressioni perchè hanno paura. E proprio per questo l’Ufficio mette a disposizione degli interlocutori preparati professionalmente che abbiano capacità di ascolto nella lingua d’origine della vittima, poiché per una vittima spesso è difficile dirlo, e dirlo poi in una lingua che non è la propria, non è affatto semplice».
Avete un episodio significativo che vi ha segnato?
«I bandi riguardanti l’edilizia residenziale pubblica, ovvero le cosiddette case popolari, sono sempre aperti e modificati di anno in anno. La persona straniera deve dimostrare di non possedere proprietà all’estero per poter usufruire dell’assegnazione della casa popolare. Un problema ricorrente, presso l’Ufficio Unar, è quello dell’accesso di uno straniero, che viene privato dalle rispettive agenzie solo per il colore della pelle e per altri requisiti. Spesso queste discriminazioni avvengono tramite la pubblicazione di post o affissioni di cartelli in cui viene dichiarato il divieto di accesso per le sole persone straniere. Le vittime segnalano tali discriminazioni tramite l’invio di messaggi presso il portale dell’Ufficio. Un caso particolare poi, segnalato ed esaminato dall’Ufficio riguarda una giovane romena di nome Nisrin, studentessa 24 enne di etnia rom, in cerca di una nuova casa in cui vivere, il cui affitto le è stato negato perchè straniera e di origine rom».
In base ai dati raccolti, è evidente quanto il fenomeno della discriminazione razziale sia presente nella nostra società. Le semplici informazioni non possono bastare ad arginare questi comportamenti, perciò occorre formare informando, perchè i cittadini inizino a comprendere che siamo tutti uguali e non esistono distinzioni.
Siamo ancora lontani da raggiungere tali obiettivi? Bisogna dare spessore all’accoglienza e lavorare sulla convinzione che la differenza sia una ricchezza.