A chi non è mai capitato di ascoltare qualcuno che ha stravolto la propria visione su argomenti – ingiustamente – considerati scontati? Sentire quella determinata frase che ha permesso di guardare una qualsiasi tematica con occhi completamente nuovi!
Che cosa sono gli Stati Generali della Natalità
Sono queste le impressioni di Tiberio, giovane salesiano che lo scorso 11 maggio ha partecipato alla III edizione degli Stati Generali della Natalità, all’Auditorium della Conciliazione di Roma. Il giovane educatore aveva scelto di partecipare all’evento per avere l’opportunità di ascoltare dal vivo Alessandro D’Avenia, celebre insegnante e scrittore di cui Tiberio è appassionato lettore. Eppure, non si aspettava di rimanere così felicemente colpito dall’evento, che egli stesso ha definito costruttivo, aggiungendo che «non ce ne sono simili sul panorama italiano».
Ispirati nel titolo dalla storia francese, gli Stati Generali della Natalità (SGdN) cercano ogni anno di coinvolgere e convocare rappresentanti di tutti gli ambiti tematici che ruotano attorno al tema della natalità: dalla politica alle aziende, passando per la Chiesa e, soprattutto, le scuole. A partire dalla consapevolezza del forte calo di natalità in Italia, l’obiettivo che gli SGdN si pongono è duplice: da una parte sensibilizzare le giovani generazioni alla tematica, dall’altra far sì che le istituzioni possano favorire politiche concrete per mettere i giovani nelle condizioni tali da potersi costruire un futuro. «Ho percepito una forte speranza che fa da sfondo all’evento, da cui emerge il desiderio di ogni giovane di poter crescere, di fare qualcosa di grande per il proprio futuro», sottolinea Tiberio.
L’importanza dell’educazione
L’intervento di Alessandro D’Avenia partiva dal presupposto che la natalità non fosse un problema legato al calo delle nascite, ma più che altro al clima di una società che considera l’uomo un essere fondamentalmente individualista. Ha evidenziato che “se io non mi penso in relazione con qualcun altro, non posso nascere ogni giorno”, e continuato il suo discorso parlando dell’adolescenza, il periodo di nascita per eccellenza. D’Avenia ha sottolineato come in questo periodo storico si tenda a incorrere in una dicotomia tra cervello e corpo, e considerare l’educando come un “contenitore da riempire”. «Ciò che mi porto a casa è sicuramente l’attenzione a non restare indifferente in prima persona, e cercare come educatore di accompagnare i ragazzi verso una certa maturazione anche su questi temi», ci racconta Tiberio.
Il giovane salesiano, a partire dalla sua esperienza agli SGdN, si fa portavoce di tutti gli educatori nell’affermare che oggi «c’è il rischio di vivere senza alzare il volto dal proprio piccolo giardinetto, per cui i ragazzi trovano difficile guardare al di là del loro gruppo di amici». Per la costruzione di strategie educative legate alla “natalità”, Tiberio condivide l’importanza di non imporre orizzonti troppo utopistici. È fondamentale agire in primis sulle agenzie educative che si abitano, avendo il «coraggio di parlare insieme di tematiche sociali e politiche che coinvolgono in prima persona i giovani, cercando di attenzionare le piccole cose che si potrebbero già fare oggi». Inoltre, «l’apporto culturale, la non-ignoranza su certe tematiche è quanto di più grande un educatore possa donare ad un ragazzo».
«Per me la natalità è la capacità di far scaturire dal cuore di ogni ragazzo la voglia di rinascere quando si sbaglia. Nel momento in cui un ragazzo pensa alla propria vita come un fallimento, è lì che bisogna far affiorare il desiderio di nascita, un desiderio di vita».