07 Set 2023

“Il confine verde”: la frontiera europea dimenticata

Agnieszka Holland racconta il dramma vissuto dai migranti al confine tra Polonia e Bielorussia. Un’opera molto forte, potenzialmente da Leone d’oro, che critica fortemente le politiche d’immigrazione dell’UE

La trama riprende la reale situazione della crisi di profughi che accade da anni al confine tra Polonia e Bielorussia. Numerosi migranti provenienti da Siria, Afganistan, Medio Oriente e dai Paesi dell’Africa arrivano con degli aerei nel paese bielorusso, per poi sperare di trovare un rifugio nell’Unione Europea. Questo enorme flusso è dovuto alla propaganda del dittatore bielorusso Lukashenko, che allo scopo di mettere in crisi l’Europa, attira i profughi promettendo loro un semplice raggiungimento della Polonia, che in realtà risulta poi impossibile. Infatti il governo polacco in carica, di estrema destra, respinge tutti i rifugiati che superano il confine, rispedendoli al mittente convinti che siano un’arma di matrice terroristica usata dalla Russia. In questo continuo limbo si creano delle situazioni disumane nei pochi chilometri di confine, con i migranti che vengono abbandonati senza acqua, cibo e assistenza medica fino a morire.

 

Il film decide di raccontare questo contesto tragico attraverso un coinvolgimento a 360 gradi di tutte le persone che calpestano il confine verde, o per far rispettare la legge o per aiutare i rifugiati. La storia è divisa in 4 capitoli, con molti personaggi che finiscono per intrecciarsi durante lo svolgersi della vicenda. I protagonisti che vengono portati alla luce dello spettatore sono: una famiglia siriana in fuga dall’Isis, un soldato polacco in crisi esistenziale per le sue azioni disumane che è costretto a fare al confine, un gruppo di giovani attivisti intenti a fornire un aiuto ai migranti pur di finire loro stessi in carcere, e infine Julia, una infelice psicologa ferita dalla propria vita che sente l’impulso di aiutare i rifugiati e si unisce agli attivisti.

 

La regista Agnieszka Holland pone il focus sui drammi vissuti quotidianamente dai migranti, con scene molto forti e crude, dipingendo situazioni disumane che colpiscono coinvolgendolo direttamente lo spettatore. Un esempio è l’episodio del bambino annegato in una palude, o dei soldati che lanciano una donna incinta da un furgone su un filo spinato come se fosse un bagaglio scomodo e senza valore; simboli di un’umanità privata di ciò che la contraddistingue: l’umanità. Nei primi minuti di film si vede la ripresa a colori della foresta del confine vista dall’alto, poi la regista sceglie di utilizzare per il resto della pellicola il bianco e nero per accentuare al massimo la drammaticità.

 

Un altro scopo primario della Holland è quello di criticare le politiche di gestione dell’immigrazione dell’Unione Europea, e di sottolineare come quest’ultima sia venuta a mancare in questo territorio. In tal senso, alla fine del film vi è un breve epilogo dove viene mostrata la situazione al confine polacco-ucraino dopo lo scoppio del conflitto con la Russia nel 2022, offrendo una riflessione allo spettatore sulla gestione di entrambe le crisi. Quella di Agnieszka Holland, è una critica aperta all’UE: “L’Europa sta perdendo le proprie convinzioni, ed è preoccupata di uscire dalla sua comfort zone”.

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