Stare zitti e sorvolare. Non è il caso di rinvangare vecchi ricordi. «Troncare, sopire …» (citazione letteraria…). Avete mai sentito questi richiami? Sì, vero? In poche parole: perché di questi tempi si fanno sempre più marcati i richiami ai fatti storici della nostra Repubblica che sono macchie nere, fatti mai chiariti, tormenti storici dolorosi che se li si evoca suscitano angosce e divisioni? Stragi, assassinii legati al rapporto tra presunti mandanti e politici, colpi di stato tentati, episodi clamorosi. Si parla di “complottismo”, d’incapacità di guardare oltre, di dimenticare le fasi nere della storia per sottolineare quelle differenze che non ricuciono gli strappi. E, invece, di crescere, la Nazione si deprime. Ecco, qui la condanna appare esplicita. Così, alla fine, sembra che chi tace… acconsenta. Non è proprio così, ma ci si capisce.
Perché sulla memoria, tradita o rinfrescata, mortificata o ravvivata, si costruiscono le storie raccontate e tramandate, di popoli e nazioni. E la nostra, sebbene a rischio e spesso mistificata, va sulla stessa strada.
Per capire meglio, due episodi, un fatto apparentemente banale, e un altro che, almeno potenzialmente, potrebbe essere più serio, e duraturo, ma che rischia di passare sotto silenzio.
Il primo ha già avuto un’eco sufficiente. Gi aspiranti giornalisti, a inizio ottobre, hanno avuto sottomano, per prepararsi all’esame, un manuale che nell’elenco dei tragici fatti dei terribili anni del terrorismo in Italia, mette insieme diversi episodi, e attribuisce persino la famosa strage di Bologna del 2 agosto (1980) che fece 85 morti e più di 200 feriti, alle Brigate Rosse, nonostante 4 processi abbiano dichiarato più volte la matrice neofascista (della quale non si fa alcun cenno), a fondamento provato dell’idea criminale. Chiaramente, chi studia per diventare cronista della storia non bada a questi strafalcioni culturali. Eppure questa ignobile cancellazione (sperando solo che sia superficialità…), lascia il segno. Aggravata poi da recenti fatti, di cui non parliamo …
Ma questo, ripeto, può essere un fatto piccolo e di non rilevante peso.
Quello più nascosto, ma forse più incisivo, potrebbe essere (in concreto lo si vedrà con i decreti attuativi, come di ogni norma di legge), il disegno di legge (A.S. 1038) approvato dal Senato il 2 ottobre 2024, che parla di eventi molto diffusi nel nostro Paese: le “manifestazioni di rievocazione storica”, chi non le ha mai viste? Quelle in costume antico, armi, cavalli, dame e cavalieri, e così via. E inoltre, delega il Governo «per l’adozione di norme per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale». Si attende la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
E questo è un punto importante. Il comma 1, in particolare, «prevede che il Governo è delegato ad adottare, entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore del progetto di legge in esame, uno o più decreti legislativi recanti la disciplina del patrimonio culturale immateriale, in conformità alle disposizioni della Convenzione UNESCO per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, adottata a Parigi il 17 ottobre 2003, ratificata ai sensi della legge 27 settembre 2007, n. 167, per assicurare una più efficace salvaguardia di detto patrimonio garantendo la più ampia partecipazione delle comunità praticanti nonché al fine di promuovere la trasmissione delle conoscenze relative al patrimonio nei confronti delle più giovani generazioni».
Sono 19 principi, tutti molto belli, che qui non si possono riassumere (si veda il testo). Sono di certo (soprattutto quando si parla di giovani), occasioni importanti per fare passare e sedimentare valori che fanno comunità, che creano tradizioni e cementano alleanze presenti e future. Ne cito qui solo uno, perché a mio avviso racchiude tutte le belle parole che il Ministero deve portare avanti per tenersi in piena linea con quanto dichiarato dal provvedimento. È il punto c), criterio direttivo, tra gli altri, deve essere: «preservare e trasmettere le memorie di comunità, gruppi e individui quali espressioni della specificità e della pluralità delle identità culturali e promuovere lo sviluppo della cultura in un contesto di libertà, eguaglianza, partecipazione, coesione sociale e rispetto reciproco fra le persone e fra i popoli». Quindi specificità, pluralismo, eguaglianza, partecipazione e coesione. Parole chiare, vero?
E poi il comma 5 che, come accade tante volte, dà sangue e braccia alle buone idee. Eccolo: «l’istituzione di un elenco nazionale del patrimonio culturale immateriale, di un elenco nazionale del patrimonio culturale immateriale a salvaguardia urgente e di un elenco di buone pratiche per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale attraverso il censimento, la catalogazione e l’inventariazione a livello nazionale del patrimonio culturale immateriale è autorizzata la spesa di 400.000 euro per l’anno 2024 e di 50.000 euro annui a decorrere dall’anno 2025».
Forse per qualcuno saranno pochi soldi, spiccioli, a salvaguardia di un patrimonio immenso come quello che c’è in Italia. Ma intanto ci sono, e vanno tenuti d’occhio perché l’amministrazione sia gestita da persone e con criteri e strutture corrette. E poi, ci sia consentito scriverlo, che le fondamenta di una Costituzione nata sui sogni e sulle speranze di tanti giovani libertari e antifascisti, non sia impudentemente dimenticata e tradita.