Il 21 marzo è la giornata mondiale dedicata alla Poesia, un genere che si trova a competere con gli altri e viene sempre meno apprezzato e considerato. La poesia richiede al lettore qualcosa in più, andare oltre il testo, superare il tradizionale modo di guardare le persone, gli oggetti e il Mondo.
È una sfida ardua e rischiosa che però Achille Monteforte (classe 1992) ha accettato senza timore, pubblicando la sua prima raccolta di poesie, disegni e fotografie interamente realizzati da lui, “Umani” (Edizioni Altrimedia”), con un tocco artistico inequivocabile. «Ho scritto la mia poesia a 13 anni, intitolata “Falena” e quando ho scoperto la scrittura non è cambiata la mia vita, bensì è cominciata la mia vita». Le sue poesie sono state definite un connubio tra elementi dark e romantici, aggressività, potenza e impatto da un lato e liberazione, romanticismo dall’altro. «La poesia è dita tra capelli puliti, cartilagine da perforare con parole gonfie di peccato. Non può esistere un mondo senza poesia, perché sarebbe senza parola, senza pensiero, senza lingua e senza saliva. Per me la scrittura è bulimia dell’anima, è il mio sfogo nevrotico che mi aiuta a rimettere in ordine le idee e solo così riacquisisco l’equilibrio perso».
Le parole di Achille Monteforte arrivano dritte al cuore e fanno riflettere, scavano nell’interiorità e, in qualche modo, ha già vinto: intorno a lui vi sono decine di giovani che, con estrema attenzione, lo ascoltano, senza mai ditrarsi. Perché allora la poesia fa fatica ad affermarsi? Secondo lui ha «a che fare con la parte più nascosta della pancia: bisogna essere molto attenti e precisi per riconoscerla, farla tua, masticarla, digerirla, sputarla e poi ingoiarla di nuovo. La poesia è un pacifico amante della verità e la verità non è sempre accettata benevolmente». Infatti Monteforte, proprio come gli artisti, tende a perdere l’equilibrio, è contraddittorio, si definisce «la doppia faccia della medaglia». È consapevole, d’altro canto, di avere più coraggio e curiosità rispetto agli altri, nel fare dei suoi occhi e della sua lingua, attraverso la scrittura, il veicolo con cui far uscire i pensieri e le riflessioni intime e nascoste. «La poesia è lo squarcio nella quercia, è il veicolo più reale e concreto che puoi adoperare per squarciare la tua vita e vederci dentro quello che sei diventato».
La novità si rivela nella scelta del titolo, “Umani”, come ci spiega. «”Umani” è un paradosso, come possono degli animali, delle cose e degli angeli essere paragonati a delle persone in carne ed ossa? Eppure io non ci vedo alcuna differenza. Il Mondo che racconto è un mondo fatto di angeli maledetti che non sanno dove andare, è fatto di bestie feroci che hanno perso la strada di casa, di oggetti inanimati che hanno gli occhi e la bocca. Questo mondo altro, ultraterreno, sotterraneo, lontano, è così vivido da essere uguale identico a quello in cui vivi ogni giorno, lo riesci a toccare perché riconosci te e chi ti sta intorno. Stai guardando te stesso nel riflesso delle pagine». Durante la presentazione del libro, il poeta confessa di «categorizzare le persone in “animale”, “artefatto” e “angelo”». L’animale è violento e tende ad autodistruggersi, l’artefatto è una persona che si è completamente spersonalizzata tanto da divenire oggetto e l’angelo è un deus ex machina che può salvare o finire di distruggere un individuo.
Achille Monteforte dimostra, con le sue parole, di avere una sensibilità particolare nell’approcciarsi a determinate situazioni, alterna il sorriso con la serietà, dimostrato dalla frase «quando moriranno le api, moriranno gli esseri umani». L’affermazione che inizialmente fa sorridere racchiude, in realtà, un significato molto più profondo, il quale è anche una delle tante sfumature dei sentimenti che emergono dalle sue poesie. La sua raccolta è permeata da un legame fortissimo tra natura e umano: tra gli umani non esiste solamente l’uomo, ma tutti gli esseri viventi, come gli insetti. Non a caso li ha tatuati sul braccio e la sua prima poesia è intitolata “Falena”. «Gli insetti sono discriminati e incompresi, ma sono forti e hanno una corazza lucente». Insetti, angeli, umani, oggetti.
Le poesie sono quindi frutto di illusione? A questa domanda il poeta si sofferma un po’ di più e poi risponde brillantemente: «le mie poesie non sono illusioni, ma sono io che mi creo l’illusione di questa realtà. L’unica cosa di cui sono sicuro è che voglio vivere l’arte per affrontare i momenti più tristi della vita».