Domenica 24 marzo centinaia di persone si sono radunate nel cortile della palestra popolare Valerio Verbano in via delle Isole Curzulane per assistere al primo appuntamento di Me ‘mpiccio! Storie e immagini di Roma, una serie di incontri culturali organizzati dall’associazione del III Municipio Grande come una città.
Ospite speciale dell’incontro il noto attore italiano Alessandro Borghi. «Guardate cosa sta succedendo, adesso mi metto a piangere», queste le sue parole, sorpreso dal gran numero di persone presente all’evento. A guidare l’incontro il critico cinematografico Mario Sesti e l’assessore alla Cultura del III Municipio Christian Raimo. Un’iniziativa alla quale hanno partecipato soprattutto giovani, che sono intervenuti attivamente rivolgendo numerose domande all’attore nella seconda parte dell’incontro.
Coinvolgere un pubblico unito dalla passione per il cinema e accomunato dal desiderio di essere sé stessi. Questo era lo scopo dell’evento e proprio da qui è partita la conversazione tra Alessandro Borghi e Mario Sesti, dalla storia travagliata di un ragazzo, Stefano Cucchi, che negli ultimi mesi ha smosso molte coscienze. Sulla mia pelle è il film diretto da Alessio Cremonini che ricostruisce gli ultimi sette giorni di vita del giovane, morto il 22 ottobre 2009 in circostanze sospette dopo un arresto, nel quale Alessandro veste proprio i panni del protagonista. Si tratta di un film sulla solitudine e sull’attesa disillusa, che non giustifica nè accusa, semplicemente vuole raccontare la storia di Stefano. Il successo è stato immediato, tanto che lo scorso 20 marzo è stato proiettato anche al Parlamento Europeo di Bruxelles.
«Una conquista, qualcosa di incredibile» ha detto l’attore, ancora incredulo. «Il film su Stefano è stato un regalo, qualcosa che non capita spesso agli attori in questo Paese. È stata una necessità di raccontare una storia. Ad un certo punto era diventato impossibile pensare di non fare questo film». Durante l’intervista Alessandro ha raccontato alcune delle difficoltà che sono emerse nel corso della preparazione al personaggio.
Riuscire a calarsi in un personaggio come Stefano, nella sua mente, era una delle preoccupazioni maggiori per l’attore. Ciò che lo ha aiutato è stato senza dubbio il dover perdere peso. «Quando sono arrivato sul set avevo perso 20 chili. Quel tipo di dimagrimento non ha niente a che fare con il fisico. È soprattutto una cosa mentale, perché per dimagrire devi rinunciare completamente alla vita sociale, alle feste, alle uscite con gli amici. Avviene una chiusura che ti fa arrivare sul set con la consapevolezza di dover raccontare un dramma mettendo in scena una sofferenza che tu in primis stai già provando. È questa cosa, che agisce su di te, ad aiutarti. Arrivavo sul set completamente svuotato e quella debolezza che sarei dovuto andare a ricercare invece me la sono trovata addosso nel bisogno che avevo di portare la verità in quella storia».
Qualche mese prima di iniziare le riprese Alessandro ha incontrato anche la famiglia Cucchi. È stata un’esperienza molto forte. «Per me la cosa importante era che il film piacesse ai genitori di Stefano e Ilaria. Il padre di Stefano somiglia molto al mio, hanno lo stesso modo di relazionarsi con i figli, lo stesso amore nei confronti delle persone che li circondano. Non riesco nemmeno a immaginare le sofferenze che lui e la moglie hanno dovuto provare. La sorella Ilaria è una donna incredibile; ha maturato negli anni un carattere dritto e deciso. Quando ha visto il film per la prima volta mi ha chiamato. Ero molto teso. Volevo sapere cosa ne pensasse. Mi ha detto che ero identico a suo fratello in tutto, dalla voce ai movimenti. Ho pianto per giorni dopo quella telefonata».
Sulla mia pelle abbraccia molti temi, nasconde in sè vari messaggi. «È un film sull’abbandono», dice l’attore. «Mentre i genitori fuori cercano invano di vedere il figlio, dall’altra parte c’è il punto di vista di Stefano che era sicuro di essere stato abbandonato. Questo è un film che vuole cancellare ogni forma di giudizio e di violenza nei confronti di chi è diverso, è un film sulla necessità dell’incontro e della comprensione tra persone».
L’attore poi ha lasciato spazio alle domande del pubblico, che non si è lasciato pregare. Con estrema simpatia ha raccontato aneddoti e prime esperienze sul set fino ad arrivare ai film di questi ultimi mesi. «Non avevo mai pensato di fare l’attore. Studiavo Economia e volevo diventare un pugile professionista. La prima esperienza sul set grazie a quello che tutt’oggi è il mio agente. Mi ha incontrarto per strada e mi ha chiesto se volessi fare un provino. Oggi dopo 13 anni sono qui che ne parlo con voi».
Come un fratello maggiore, ha offerto numerosi consigli a tutti i ragazzi che gli hanno chiesto cosa voglia dire intraprendere la carriera di attore: «Consiglio a tutti di studiare recitazione a prescindere. Ti apre la mente e ti costringe ad avere a che fare con te stesso. Quando Sollima mi ha chiesto di fare il film Suburra, ho capito che recitare sarebbe stata la mia strada».
Buona parte del suo intervento Alessandro lo ha dedicato al rapporto quasi filiale con Claudio Caligari, regista scomparso nel 2015, per il quale ha interpretato Vittorio in Non essere cattivo. «Senza alcun dubbio il più grande incontro della mia vita», lo ha definito l’attore, «mi ha insegnato delle cose meravigliose e che fare cinema significa sentire il bisogno di raccontare qualcosa».
Alessandro Borghi ha parlato di sentimenti fondamentali come l’amicizia, raccontandoli attraverso il rapporto con registi e artisti come Luca Marinelli e Valerio Mastrandrea. «L’amicizia è una dimensione meravigliosa di scambio. Sono affascinato da tutto ciò che va oltre la mia razionalità e che riguarda le persone. Tutte le più belle collaborazioni sono partite da un’amicizia, come per Tommaso Paradiso dei Thegiornalisti e Giuliano dei Negramaro. L’ultima per il video della canzone Lunedì del mio amico Salmo (Maurizio Pisciottu). Lavorare insieme mi ha fatto scoprire che non è solo un fenomeno in quello che fa, ma anche in quello che non fa vedere. Recita, canta, suona tutti gli strumenti, scrive, è un artista nel vero senso della parola. Mi piace pensare di essere amico di persone che hanno diverse passioni che poi si possono incontrare per creare questi capolavori».
Al termine dell’incontro, Alessandro ha rivelato al pubblico il sogno che vuole realizzare nei prossimi mesi. «Voglio aprire una palestra per tutti. Dopo aver lavorato cinque anni ininterrottamente e dopo aver conosciuto persone che fanno qualcosa di veramente interessante, ho voglia di provare a fare qualcosa anche io, come stanno facendo questi ragazzi qua», rivolto agli organizzatori dell’evento.
Grande come una città è un’associazione impegnata ad aprire spazi pubblici di confronto su temi di interesse comune come la sostenibilità, l’accoglienza e l’educazione, per permettere ai cittadini di dare il proprio contributo alla crescita e al miglioramento della città. Il progetto dell’attore si sposa perfettamente con le idee di questa associazione. «La mia più grande fortuna sono state le persone. L’esperienza e lo stare a contatto con la gente ti forma tantissimo, ti dà la possibilità di conoscere la vita in tutti i suoi aspetti e molto spesso tutto questo torna utile sul set. Nutro una grande fiducia negli esseri umani e nelle nuove generazioni. Sapere che quello che faccio ogni giorno può essere un motivo per unire le persone come è successo oggi, mi rende tanto felice». Queste le parole di Alessandro che ha concluso l’incontro ringraziando tutti per il loro affetto e supporto.