Va crescendo nella società la consapevolezza della progressiva distruzione dell’ambiente e la richiesta di azioni forte per ridurla. A livello mondiale si nota che dei diciassette obiettivi dell’Agenda 2030, sei (SDGs 7, 11, 12, 13, 14 e 15) toccano questa questione ambientale. Un chiaro segno della sua importanza. La Chiesa cattolica, chiamata a portare il Vangelo della liberazione, a difendere i poveri e i fragili a chiedere giustizia, non è in disparte. È continuamente coinvolta in questo dibattito e si impegna attivamente. Se ieri si parlava spesso di “sacerdoti operai”, che lavoravano nelle fabbriche in piena solidarietà con gli operai, per “mangiare con il sudore della loro fronte”, oggi si parla di più di “preti ecologisti”, cioè preti impegnati nella lotta contro l’inquinamento, tanto che questa tematica è fondamentale per la sopravvivenza della creatura intera. In Italia, molti si stanno facendo coinvolgere.
Mario Lancisi, giornalista di professione e scrittore, ha preso il suo bastone da pellegrino, taccuino e penna e ha viaggiato in tutta Italia (dal Sud al Nord) per incontrare quelli che ha chiamato “Preti verdi” (ed. Terrasanta, 2021), quei sacerdoti che hanno dedicato la loro vita sacerdotale alla causa dell’ambiente e alla difesa dell’umanità.
L’autore si concentra su dieci sacerdoti, che si sono fatti portavoce dei senza voce, dei deboli. E questo viaggio lo ha portato dalla Sicilia alla Lombardia, cioè in tutta Italia. Sono dieci sacerdoti, dieci voci che parlano lo stesso linguaggio: NO all’inquinamento dell’ambiente! E si chiamano:
- Don Palmiro Prisutto, parrocco di Augusta: siamo in Sicilia, precisamente in una piccola città della regione chiamata Augusta, che con altre tre città è stata ribattezzata «il “quadrilatero della morte” per il numero impressionante di tumori maligni». Don Palmiro Prisutto, consapevole del crescente numero di vittime di cancro in questa città, ha deciso di prendere l’iniziativa nella lotta contro «l’inquinamento prodotto dal più grande polo petrolchimico d’Europa». Il sacerdote ha dovuto amaramente constatare, che non c’è una sola famiglia in questa città che non abbia almeno un malato di cancro. Peggio ancora, quelli che sono morti di cancro non avevano ancora raggiunto l’età della pensione. Questa battaglia va avanti da 40 anni. La sua lotta la fa chiamare il “prete anti-cancro”.
- Don Giuseppe Trifirò, parrocco di Archi: nel giugno 2020 il prete, per denunciare la distruzione dell’ambiente nella sua città, manda una lettera «a governanti, amministratori, cittadini e giornalisti per denunciare le troppe vittime, i troppi morti della Valle del Mela». La valle del Mela «è considerata la zona più inquinata della Sicilia per la presenza di centrali termoelettriche e raffinerie». Per concretizzare il suo impegno nella protezione dell’ambiente, è stato creato il CTA (Comitato per la Tutela dell’Ambiente), la cui funzione principale era quella di sensibilizzare l’opinione pubblica attraverso i media, organizzare convegni divulgativi, pedalate ecologiche, assemblee e volantinaggio. Queste azioni coinvolgono molte persone, tra cui medici e politici. Anche lui ha dedicato 40 anni della sua vita alla lotta contro l’inquinamento.
- Don Nicola Preziuso, membro della Congregazione dei Giussepini di Murialdo e parroco di Gesù Divin Lavoratore a Taranto: è stato coinvolto per 40 anni nella lotta contro la distruzione dell’ambiente nel quartiere Tamburi di Taranto, dove si trova l’ex Italsider, la grande azienda dell’acciaio con tutti i suoi annosi problemi, legati anche qui alla conflittuale contrapposizione tra inquinamento e posti di lavoro. Questo prete si distingue per tre azioni concrete intraprese. Primo: la realizzazione del CEM (Centro Educativo Murialdo), come lotta alla disoccupazione in termini di auto-imprenditorialità. Secondo: l’impegno di fitorimedio con la piantumazione di pioppi come gesto concreto di salvaguardia del Creato. Terzo: la creazione di uno studio medico per la prevenzione del tumore ai polmoni. «Sono piccoli semi che sono stati ben piantati nel territorio tarantino, e sono da considerarsi una speranza per tutto il Sud», dice padre Preziuso.
- Don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, al confine tra Napoli e Caserta, dove gli abitanti muoiono di cancro con una percentuale del 47% maggiore che in tutti gli altri territori italiani. Qui, nella Terra dei fuochi, le industrie del Nord, con la complicità della camorra, hanno sversato per anni i loro rifiuti nocivi, che poi vengono regolarmente bruciati diffondendo nell’aria sostanze tossiche letali. Zona un tempo apprezzata per l’agricoltura di qualità, oggi la Terra dei fuochi avvelena frutta, verdura e gli allevamenti di bestiame.
- Don Marco Ricci, di Ercolano, che alle pendici del Vesuvio denuncia la presenza di discariche di rifiuti dannosi, tra pinete, campagne, vigne e case. Su questi materiali pericolosi e distruttivi è un susseguirsi di roghi, che inquinano l’aria in maniera insopportabile. Don Marco Ricci ha ricevuto il “Premio Luisa Minazzi”, promosso da Legambiente e dal mensile La Nuova Ecologia e viene chiamato il “parrocco anti-biocidio della Chiesa del Sacro Cuore di Gesù”
- Don Michele Olivieri, parroco di Battipaglia, che da anni si sta battendo contro i roghi che avvelenano l’aria del paese campano e bruciano le sue istanze di futuro. «Abbiamo fatto sentire la nostra voce, denunciando, senza esitazioni, le azioni ingiustificabili che mettono in ginocchio un intero territorio». Si fa il portavoce del No all’inferno dei rifiuti bruciati, sì al “paradiso” di una terra felix capace di ritornare alla sua originaria vocazione: l’agricoltura.
- Don Guidalberto Bormolini, fondatore del villaggio intitolato alla Laudato si’ realizzato dalla comunità dei “Ricostruttori nella preghiera”, un villaggio «ecologico-cristiano», come piace dire Don Guidalberto. In questo progetto, il sacerdote affronta a livello teorico la difesa del Creato in un’ottica di armonia tra uomini, animali e piante. Nella sua idea di Ricostruzione c’è sempre anche un’attenzione al rapporto dell’uomo con la natura e gli animali. Lui è convito che la via spirituale all’economia è quella giusta perché solo si rispetta nel Creato la centralità della natura e della persona.
- Don Albino Bizzotto, fondatore del movimento “Beati i costruttori di pace”, che da anni affronta il grande tema della cementificazione del Veneto con le grandi opere, dal Mose (la diga finalizzata alla difesa di Venezia dall’acqua alta) all’autostrada. Dalla pace all’ambiente con al centro gli ultimi, i più poveri. Questo il passaggio che compie don Albino negli anni Duemila può apparire un salto illogico, un cambio di passo, e invece è la stessa partita: la difesa del creato, sul filo della Laudato si’, dipende strettamente dalla lotta per la giustizia e la pace. Ecco i tre pilastri del pensiero di don Bizzotto: pace, difesa del Creato, giustizia sociale.
- Don Gabriele Scalmana, incaricato della diocesi di Brescia per la salvaguardia del Creato, una funzione nuova per tutta la Chiesa italiana. Si è impegnato nella battaglia contro il più grande termovalorizzatore d’Italia. Gli studi sulla natura e sulla biologia convincono don Gabriele che la vita è una. «Occorre quindi salvaguardare tutti i “distretti” della natura, per la salute di tutti: ci si salva o ci si perde insieme». Questi studi l’hanno aiutato ad impegnarsi di più per il bene delle persone, ma strettamente collegate all’ambiente.
- Don Bernardo Zanella, parroco di Casale Monferrato, dove in media ogni anno muoiono cinquanta persone per mesotelioma, il tumore provocato dall’amianto prodotto dall’Eternit, azienda chiusa nel 1986, ma i cui effetti sulla salute degli ex lavoratori e degli abitanti si avverte ancora oggi. La battaglia che ha portato in tribunale Eternit è partita dal coraggio e dalla lungimiranza di don Bernardo Zanella, che ha lavorato dal 1974 al 1977 nell’azienda di Casale.
Come dice Mario Lancisi (l’autore del libro), «la molla che spinge questi preti all’impegno ambientalistico non è solo evangelica, astratta o culturale, ma concreta. E si chiama, cancro, morte». Si tratta quindi di un impegno concreto che questi sacerdoti prendono, perché è in gioco la vita di esseri umani.
Testimonianze che indicano con chiarezza che la vita spirituale non è in contrasto con gli impegni sociali: al contrario, vi trova il suo senso, perché la spiritualità è vuota di senso, se non si fa carne. Chi li chiama “preti verdi”, chi “preti rossi”: loro si ritengono solo sacerdoti di Dio. Sono convinti di una sola cosa: «Non basta essere ricchi per diventare felici, ma occorre il rispetto reciproco e dell’ambiente, altrimenti ci indeboliamo tutti!». E questo richiede che tutti si impegnino in questa nobile lotta.
Sono tutti consapevoli che c’è ancora molta strada da fare, che la battaglia continua. Ecco perché dicono tutti: «non ci fermeremo!».