Vittorio Gassman diceva: «recitare non è molto diverso da una malattia mentale: un attore non fa altro che ripartire la propria persona con altre. È una specie di schizofrenia». E in effetti la carriera di Anna Marchesini potremmo definirla una “schizofrenia femminile” che l’ha portata ad interpretare centinaia di personaggi con una versatilità ineguagliabile.
Non solo “I promessi sposi”. Per quasi quindici anni i compagni di strada di Anna sono stati Tullio Solenghi e Massimo Lopez insieme ai quali costituisce il celebre “Trio”. Ma nel 1998, quattro anni dopo lo scioglimento del gruppo, la Marchesini calca l’Olimpico di Vicenza con un monologo teatrale tutto suo, “Parlano da sole”, in cui interpreta la sua celebre carrellata di personaggi femminili. Divertita, sul palco, le chiamava “femminacce” e amava recitarle perché ognuna di esse raccontava una parte di sé. Dalla signora Flora, casalinga umbra e pettegola del quartiere, fino al tocco surreale e naif della mitica Carlo, signorina “cecata” più che mai. E ancora la squattrinata “cameriera secca dei signori Montagnè” in cui Anna era protagonista di una recitazione macchinosa, simbolo delle attrici “cagne” di ogni epoca.
Le donne di Anna. Una femminilità comica ma mai grossolana, come Merope Generosa, l’insegnante di educazione sessuale che nel racconto di disastrose esperienze con gli uomini trascinava il pubblico nei doppisensi più ammiccanti. O ancora le telegiornaliste divise tra il lavoro pressante di redazione e le relazioni amorose e familiari. Le donne di Anna, da quelle felici a quelle più tristi e malinconiche, hanno sempre voluto riscattarsi, non scendendo mai a compromessi con le altre (due) parti maschili. I personaggi della Marchesini riescono a far sorridere tutti, persino i giovanissimi alunni dell’accademia di Belle Arti di Roma che nel 2008 ospita la reunion dei tre comici. Parodie che riescono a convincere anche i membri dell’Ente dello Spettacolo che nel 1990 voleva censurare alcune scene Rai de “I promessi sposi” accusate di attentare la sacralità del romanzo di Manzoni.
L’ironia sulla morte. Anna fa sorridere anche quando parla della morte e di quella sua idea di essere cremata e riposta in una delle aule dell’Accademia Silvio D’Amico. «Ho già adocchiato una vetrinetta in sala riunioni» racconta in un’intervista «con un piccolo cofanetto verde di porcellana. Ritengo sia l’ideale per contenere le mie ceneri. È un’aspirazione che piano piano troverò il coraggio di far uscire alla luce. […] E se poi l’accademia trasloca? E se durante il trasloco il cofanetto verde si rompe? No, eh! Essere spazzata via dall’Accademia no mai più!»
Quel “vulcano di comicità”, così come la descrivevano molti suoi colleghi, oggi si è spento ma tutti i suoi personaggi continueranno a vivere e a farci sorridere. Interpretando la regina madre d’Inghilterra, in uno dei celebri sketch del Trio, la Marchesini ironizzava: «I funerali me fanno veni na fame!».