Le
reti sociali sono un importante strumento di
relazione, tanto che papa Benedetto XVI ha dedicato ad esse il
messaggio in occasione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni
Sociali del 2013, intitolato “Reti
sociali: porte di verità e di fede; nuovi spazi di
evangelizzazione”.
Ora il tema è rilanciato da un volume che proprio a quel messaggio
si ispira: “Reti sociali: porte di verità e di fede; nuovi spazi
di evangelizzazione. Percorsi di comunicazione” (ed Las 2014). Ne
parliamo con Cosimo Alvati, docente della facoltà di Scienze della
Comunicazione dell’Università Pontificia Salesiana, che lo ha curato
insieme a Fabio Pasqualetti.
A
quale bisogno vuole rispondere questo messaggio di Benedetto XVI?
«Il
santo padre ha definito i social network come una “nuova
agora”,
cioè una piazza pubblica e aperta, in cui le persone condividono
idee, informazioni, opinioni, e dove inoltre, possono prendere vita
nuove relazioni e forme di comunità. È una nuova risorsa, una
opportunità a beneficio dell’evangelizzazione. Quindi più che la
risposta ad un bisogno, questo messaggio è una provocazione, nel
senso intellettuale del termine, lanciata ai credenti, ma soprattutto
ai sacerdoti e ai religiosi. Il papa vuole invitarli a riflettere ed
a capire la necessità di trovare un nuovo modello per
l’evangelizzazione rispetto al mondo di oggi».
Su
quali aspetti, soprattutto, il papa insiste?
«Al
centro di questo messaggio c’è la persona umana e la sua dignità.
Questo è il punto decisivo del messaggio. Leggiamo che “la cultura
dei social network e i cambiamenti nelle forme e negli stili della
comunicazione, pongono sfide impegnative a coloro che vogliono
parlare di verità e di valori.” Per questo, dice il Papa, “i
social media hanno bisogno dell’impegno di tutti coloro che sono
consapevoli del valore del dialogo, del dibattito ragionato,
dell’argomentazione logica, di persone che cercano di coltivare
forme di discorso e di espressione che fanno appello alle più nobili
espirazioni di chi è coinvolto nel processo comunicativo”. Quindi,
i social network sfidano i credenti che desiderano condividere il
messaggio di Gesù ed i valori della dignità umana. In breve, il
Papa attira l’attenzione dei fedeli su questa nuova risorsa, che li
aiuta ad essere più presenti e attivi. Non bisogna averne paura: non
è un pericolo, è una piattaforma comunicativa che si offre come una
risorsa pastorale».
La
comunicazione sui social network, però, avviene pur sempre
attraverso uno schermo.
«La
rete è come una porta, cioè un’opportunità, una possibilità di
contatto, un mezzo per entrare in relazione. Non è un fine in sé.
Bisogna evitare di cadere nel rischio di creare una sorta di Chiesa
Virtuale una comunità irreale. La finalità deve essere sempre
l’incontro reale, concreto, fisico. Sappiamo che la fede nasce da
un rapporto tra persone. È così che può nascere il desiderio
dell’Assoluto, la curiosità di scoprire Gesù. Per questo,
l’annuncio della Buona Novella fatto attraverso l’incontro e
tramite una autentica vita, una buona testimonianza di vita, è molto
importante. Quindi, non possiamo affidare solo alla rete il compito
della comunicazione della fede. La fede richiede un contatto diretto
tramite l’ascolto, l’incontro perosnale e l’accompagnamento
spirituale».
Da
un lato ci sono Paesi poveri che non hanno accesso a Internet e
dall’altro, accanto ai “nativi digitali”, ci sono i “tardivi”
e gli “eretici” digitali. Quale è la pertinenza di questo
messaggio di fronte a queste categorie dii fedeli?
«Effettivamente
c’è il rischio permanente del “digital
divide”.
Ci sono Paesi poveri che non hanno accesso né all’acqua né
all’elettricità, quindi possiamo immaginare neanche ad internet: è
una questione di necessità e bisogni fondamentali. È evidente che
coloro che non hanno accesso alla rete non possono essere raggiunti tramite internet. Abbiamo detto che
la rete deve essere una ulteriore risorsa
per
arrivare al contatto diretto. Quindi, resta l’importanza della
pastorale tradizionale, quella dei quartieri, delle famiglie, dei
gruppi e movimenti, che rimane e rimarrà attuale. L’evangelizzazione
della rete non è esclusiva, è una “nuova” opportunità, un
mezzo di più a disposizione, ma senza dimenticare la relazione
diretta con le persone».