14 Dic 2020

Calcio. L’abisso dopo Berlino (2006)

Da troppo tempo la nazionale porta a casa risultati deludenti. Verrà un altro anno come il 2006?

“È finita, il cielo è azzurro sopra Berlino”: sono le parole del noto cronista calcistico italiano Marco Civoli, dopo il rigore realizzato da Fabio Grosso, nella finale dei mondiali di calcio a Berlino il 9 luglio 2006, che condanna la Francia di Zidane e regala all’Italia la quarta stella sulla divisa azzurra dopo le edizioni 1934, 1938, 1982. E dopo? Il nulla, forse poco più. 

La spedizione in Germania di Marcello Lippi allora contava diversi fuoriclasse, che sono riusciti a fare squadra, come Cannavaro, il capitano poi pallone d’oro; Buffon, uno dei portieri più forti della storia del calcio; Totti, idolo indiscusso dell’ASRoma; Del Piero, bandiera della Juventus; Pirlo, Gattuso, Zambrotta, Inzaghi, Nesta, De Rossi e ottimi giocatori come Perrotta, Camoranesi, Materazzi, Gilardino. Dopo il mondiale tedesco l’incantesimo si spezza, le motivazioni non sono più le stesse e mano a mano gli eroi di Berlino vengono sostituiti da nuovi talenti emergenti, con risultati modesti.

 

Un campanello d’allarme fu la rovinosa sconfitta per 3 – 1 nella replica della finale di Berlino, in amichevole contro i francesi qualche mese dopo, ma non solo. Dopo il mondiale 2006 la panchina viene affidata a Roberto Donadoni, vecchia gloria del Milan di Arrigo Sacchi da giocatore, e il passaggio di consegne tra senatori e nuove leve è graduale, ma i risultati non convincono. L’anno dopo, con la vittoria della Champions League del Milan di Ancelotti, si spera che gli azzurri militanti nel club rossonero siano galvanizzati e pieni di motivazioni, ma è solo una sensazione. I risultati sono modesti e l’europeo 2008 è alle porte. Usciamo ai rigori contro la Spagna ed è solo l’inizio della crisi.

La panchina torna nelle mani di Lippi, obiettivo mondiali 2010. È cambiata mezza squadra, si sono affermati nuovi talenti come Antonio Di Natale e Fabio Quagliarella: non stiamo parlando di fuoriclasse ma di buoni giocatori.

 

Prima dell’appuntamento in Sudafrica, in Italia l’Inter del portoghese Mourinho vince la Champions League, ma senza giocatori italiani nella rosa. L’esito del mondiale è disastroso, l’Italia esce dalla fase a gironi e l’avventura di Lippi sulla panchina azzurra finisce nuovamente e definitivamente. In seguito, si succedono allenatori in gamba come Cesare Prandelli, commissario tecnico dal 2010 al 2014, Antonio Conte, commissario nel periodo 2014 – 2016, Giampiero Ventura 2016 – 2018 e Roberto Mancini dal 2018 ad oggi. I risultati sono impietosi. Una finale europea persa malamente (2012), un’altra uscita ai gironi ai mondiali (2014) e, nel 2017, il culmine. Ventura fallisce la qualificazione ai mondiali 2018. Era da tempo immemore che l’Italia non saltava la partecipazione alla competizione più importante.

Solo dopo questo fallimento pluridecennale l’Italia di Roberto Mancini sembra aver ritrovato un’identità accettabile, ma dovranno parlare i risultati. La sfida è difficile, ma le motivazioni sono importanti. Non è rimasto nessuno della spedizione 2006, ma gli azzurri sono affamati e vogliono vincere. Aspettiamo un nuovo 2006.

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