Vigolo Vattaro (Trento). Letta vicino a un segnale di
parcheggio per disabili: «Invece di
prenderti il mio posto perché non ti prendi il mio handicap?». La scritta è
a stampa, non a mano: segno di forza, come se venisse da un’autorità, e di
premeditazione, come se non fosse fatta a caldo, dopo un torto ricevuto, ma a
mente fredda.
Più di tutto colpisce il tono: minaccioso, per mettere
soggezione. Un difendersi attaccando per primi. Un pugno preventivo, sferrato a
chiunque passi, anche a chi non s’è mai sognato di occupare quello spazio con
la propria auto.
Il messaggio, senza firma, è di quelli inviati da uomo
della folla a uomo della folla, per l’impossibilità di un incontro. Lasciato lì,
nella speranza che l’altro intenda e si comporti di conseguenza.
In Italia, si sa, un messaggio in forma di divieto sarebbe
trasgredito in quanto tale. Ma esistono forme vagamente ironiche: «Che ne pensi di chiudere la porta quando
entri?» (all’ingresso di una birreria, in Via degli Specchi, a Roma). E forme
decisamente spiritose: «We are against
war and tourist menu» (all’ingresso di un ristorante, in Trastevere). Dove l’ironia
è nell’accostamento di una cosa gigantesca a una piccola, per un gigantesco no ad
entrambe. Senza bisogno di motivazioni, però efficace.