
In un recente articolo apparso su “Internazionale”, il sociologo polacco Sławomir Sierakowski ha scritto che «il 28 febbraio passerà alla storia come un momento nero nella storia degli Stati Uniti e del mondo». Sierakowski si riferisce all’incontro tra Donald Trump e Volodymyr Zelenskyj.
Il pubblico ha assistito incredulo all’evento, vedendo sgretolarsi un’idea degli Stati Uniti (che spesso chiamiamo, con una sineddoche, America) consolidata nell’immaginario, che li rappresenta come il baluardo a difesa della giustizia, della libertà e della democrazia nel mondo.
Dopo quel fatto ci si chiede: come si è arrivati a questo punto? quanto era ed è veritiera quell’immagine dell’America? Rispondere vuol dire aprire una discussione lunga e articolata. Qui si vuole semplicemente stimolare la riflessione per ulteriori approfondimenti e dibattiti e il richiamo alla storia può essere d’aiuto.
Nascita di una democrazia?
Gli Stati Uniti nascono alla fine del Settecento dalla rivolta contro la madrepatria delle 13 colonie britanniche situate lungo la costa Est dell’America settentrionale. A conclusione della guerra contro la Gran Bretagna, quei territori diventano una nazione indipendente la cui forma politica è quella repubblicana, nella quale la sovranità appartiene al popolo, ossia i governati hanno il diritto di scegliersi i governanti. Ma chi sono i cittadini nella neonata nazione americana ovvero chi ha il diritto di partecipare davvero alla vita politica e chi ne è invece escluso? Non fanno parte della nazione le donne, i nativi americani e i neri. Quindi, un cospicuo numero di persone è escluso dalla cittadinanza, che è appannaggio della parte maschile e bianca. Si può parlare di vera democrazia in questo caso?
La lotta per i diritti
Le discriminazioni hanno attraversato la storia americana fino a oggi. Negli USA le donne ottengono il diritto di voto nel 1920 (anche se le battaglie per l’emancipazione dureranno ben oltre quella data). Gli afroamericani, invece, avevano visto l’abolizione della schiavitù nel 1865, ma a questo evento non corrisponde la fine della discriminazione. Il regime di segregazione razziale (apartheid) in vigore negli stati del Sud viene mantenuto fino agli anni ’60 del Novecento e ancora oggi in molte aree degli Stati Uniti la mentalità retrograda e razzista, retaggio del passato, è ancora molto diffusa.
Quello dei nativi è un altro capitolo dolente nella storia americana. Nei loro confronti, infatti, i discendenti dei colonizzatori europei hanno intrapreso una ostinata azione di sterminio e sradicamento. Oggi gli indiani sono una sparuta minoranza, relegata nelle riserve. “Olocausto Americano”, dello storico David. E. Stannard, è un’opera che fornisce un resoconto ampio e chiaro in materia, trattando degli effetti nefasti sulle popolazioni indigene nordamericane (e di tutto il continente) seguite all’incontro-scontro con gli europei. Oggi, coloro che vedono nella cosiddetta scoperta dell’America il principio della tragedia dei nativi americani celebrano l’Indigenous Peoples’ Day invece del Columbus Day.
Un excursus nella storia americana dovrebbe anche includere il concetto di “isolazionismo”, per cui gli Stati Uniti (almeno fino alle due guerre mondiali) si erano prefissi di non immischiarsi nelle vicende fuori del continente americano, in particolare in Europa, verso la quale nutrivano un sentimento di diffidenza che datava proprio a partire dalla rivoluzione di fine Settecento, di cui si è detto; oppure dovrebbe raccontare i conflitti lunghi e devastanti che hanno visto protagonisti gli Stati Uniti in varie parti del mondo e in diversi momenti della storia recente, dalla guerra di Corea a quella in Vietnam fino all’Afghanistan. Ma è importante non dimenticare la Guerra Civile (1861-1865), esplosione delle profonde differenze e contraddizioni politiche, sociali ed economiche del Paese.
Segnali dal presente
Visto che il presente dell’America è Trump, la storia ci porta, in quel confine mobile che la confonde con la cronaca, a ricordare l’assalto dei suoi supporters a Capitol Hill il 6 gennaio 2021: chi erano (e sono) costoro? E cosa hanno a che fare con la storia americana? Non era la prima volta che a Washington, nei luoghi del potere, si verificavano manifestazioni violente di protesta, ma in questo caso vi sono molti elementi che destano preoccupazione, proprio perché legati ai lati oscuri dell’America. Un articolo molto interessante di Sandro Modeo, apparso sul “Corriere della sera” all’indomani dei fatti di Capitol Hill, ne ripercorre aspetti tanto rilevanti quanto inquietanti. I sostenitori più accaniti di Trump appartengono a una galassia suprematista e razzista (erede, tra l’altro, degli schiavisti bianchi), neonazista e antisemita (filone che vede in Henry Ford, padre dell’industria automobilistica statunitense, uno degli esempi più noti), nazionalista, anticomunista, complottista ecc. che non è apparsa dall’oggi al domani, ma che si è sedimentata nel tempo e non è mai sparita dal milieu sociale americano. Anzi, oggi ha raggiunto le posizioni apicali del potere.
Dopo la seconda guerra mondiale e in piena Guerra Fredda, l’irruzione massiccia dei prodotti americani in Europa occidentale (non da ultimi, i film) ha alimentato l’immagine degli Stati Uniti come simbolo di libertà, democrazia, prosperità economica. Questa è solo una parte della storia. Nelle opere storiografiche, ma anche nella letteratura americana (ad es. Philip Roth) o nei resoconti giornalistici (es. Tiziano Terzani), si possono toccare quelle contraddizioni, anche violente, dell’America contemporanea che vengono dal passato, dalla fondazione stessa degli Stati Uniti.
Che cosa aspettarci? È difficile fare previsioni, ma fortunatamente la storia americana ha visto tanti intellettuali e attivisti (da John Dewey e Jane Addams a Martin Luther King, fino a Noam Chomsky e Paul Auster) che si sono impegnati per dare un’anima a quell’ideale di democrazia che, in fondo, dev’essere un impegno per tutti e non solo degli americani